L’alleanza formale tra Corea del Nord e Cina è stata messa alla prova più volte negli ultimi anni. Da un lato Pechino si è più volte dichiarata infastidita dall’avventurismo atomico del regime di Pyongyang, ha aderito alle sanzioni internazionali contro il regime dei Kim e ha evitato la rottura con questo per mere ragioni di carattere geopolitico. Dall’altro, la Corea del Nord ha individuato nella Cina, quasi quanto negli Stati Uniti, una potenziale minaccia esterna da cui i principi della Juche imponevano un’adeguata difesa attraverso lo sviluppo dell’arma atomica.
In ogni caso, il raffreddamento delle tensioni attorno al 38° parallelo, negli ultimi mesi, ha visto il governo di Xi Jinping attivo nel facilitare il reinserimento di Kim Jong-un e del suo regime nel consesso internazionale e sostenere l’azione distensiva a cui ha dato il via il Presidente sudcoreano Moon Jae-in. I tre incontri tra Kim e Xi a marzo, maggio e giugno sono stati la più importante manifestazione di un dialogo rafforzato anche dal viaggio del ministro degli Esteri cinese Wang Yi a Pyongyang e che ora potrebbe concretizzarsi anche sul piano economico.
La Cina apprezza la svolta economica della Corea del Nord
Pyongyang dal canto suo ha puntato ad attrarre l’interesse cinese mirando a rilanciare una relazione che, per quanto intaccata dalle sanzioni, rimane fondamentale per la Corea del Nord. In questo contesto, nell’aprile scorso Kim Jong-un ha annunciato che l’avvio della denuclearizzazione e la progressiva rimozione delle sanzioni potrebbero coincidere con l’avvio di una serie di riforme economiche interne volte a rafforzare l’ordinamento socialista del Paese. Come ricordato da Hankyoreh, Kim punta a rafforzare entro la fine dell’attuale piano quinquennale (2020) le zone di sviluppo al confine con la Cina e a favorire l’integrazione con la vicina superpotenza.
Musica per le orecchie di Pechino, che da anni aspettava un atteggiamento più collaborativo da parte di un Paese divenuto marginale nelle sue relazioni economiche stante il notevole sviluppo della dialettica con Seul, concretizzatasi grazie all’ottimo feeling personale tra Xi e Moon in una serie di accordi economici tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. La Cina punta a integrare la Corea del Nord in uno scenario economico di ampio respiro e tutto punta in una direzione ben precisa: quella della “Nuova Via della Seta”.
La Corea del Nord sulle rotte della “Nuova Via della Seta”
La Belt and Road Initiative (Bri) potrebbe consentire a Pyongyang di rientrare nei circuiti economici internazionali e alla Cina di garantire una maggiore integrazione alle sue povere regioni nord-orientali, come Liaoning, Jilin e Heilongjiang, un tempo centri pulsanti dell’industria pesante e ora vere e proprie versioni cinesi della Rust Belt americana.
Anny Boc ha segnalato su The Diplomat che la Corea del Nord potrebbe contribuire alla connettività euroasiatica permettendo alla Cina di estendere in tutta la penisola, includendo nell’iniziativa anche Seul, le sue strategie infrastrutturali basate su tre progetti la cui realizzazione dipende “dalla presenza di un ambiente stabile e pacifico”: il China-Mongolia-Russia Economic Corridor (CMREC), la nuova regione di sviluppo industriale nel Liaoning e la Changchun-Jilin-Tumen Pilot Area. L’idea dell’analista è che la resilienza tra i nuovi collegamenti stradali e ferroviari e i poli industriali in via di realizzazione sui due lati del fiume Yalu sarebbe incentivata dall’accesso facilitato agli strategici porti della Corea del Nord, vere e proprie finestre sul Pacifico.
La connessione con la Cina può cambiare il futuro della Corea del Nord
Per il regime di Kim è vitale uno sviluppo in senso “cinese” di un regime che non potrà continuare a giocare per sempre la carta dell’assedio internazionale e del riarmo atomico per rafforzare la tenuta del fronte interno. Alla Corea del Nord serve progresso economico, e l’integrazione nella Bri potrebbe essere una scelta vincente.
A pensarla così è anche uno dei maggiori studiosi delle nuove rotte commerciali planetarie, Parag Khanna, che nel suo saggio fondamentale Connectography ha analizzato il caso nordcoreano: “I vasti corsi d’acqua della Corea del Nord potrebbero diventare una risorsa idrica fondamentale per elettrificare il Paese e vendere energia al Sud e alla Cina. Le sue varietà vegetali – soia, riso, mais, patate – verrebbero acquistate dal private equity agroalimentare per cavalcare la prossima ondata del business planetario del cibo. Choson Exchange”, principale Ong operante nel Paese, “sta formando migliaia di giovani professionisti nell’imprenditoria”.
Per Pyongyang, dunque, la “Nuova Via della Seta” aprirebbe prospettive importanti. Il destino del Paese non passa necessariamente per il nucleare: con l’atomica Kim Jong-un ha ottenuto l’assicurazione sulla vita per il suo regime, con un serio progresso economico e l’apertura al mondo potrebbe ribaltare le prospettive per il suo popolo, tra i più isolati e poveri della Terra. E non è detto che così facendo metterebbe a repentaglio il primo risultato, anzi: potrebbe ottenere la legittimazione definitiva al potere.