La Cina ha attivato i radar ed è piombata sull’Iraq. Meglio ancora si potrebbe dire che Pechino è interessata a estendere la propria influenza nell’intera regione, e per questo ha vagliato l’ipotesi di investire anche nel Kurdistan iracheno. Secondo quanto riportato dall’emittente Kurdistan 24, durante l’ultimo incontro tra il premier locale, il curdo Masrour Barzani, e il console cinese, Ni Ruchi, entrambe le parti avrebbero discusso su come approfondire le relazioni bilaterali tra la regione autonoma del Kurdistan e la Cina, con un occhio di riguardo per economia e investimenti. Ni è stato chiaro: i cinesi hanno “grande interesse”, tanto che il Dragone è pronto a sguinzagliare le compagnie di Stato per farle investire in massa. Dal punto di vista culturale, l’Università di Pechino ha aperto un dipartimento di lingua curda mentre l’Università di Salahuddin ha inaugurato un centro di lingua cinese. È il segnale che la Cina intende fare sul serio.
Pechino punta sul Kurdistan
Pechino ha aperto il suo consolato generale a Erbil nel dicembre 2014, proprio nel periodo in cui lo Stato Islamico stava avanzando nel nord dell’Iraq. Da allora le relazioni si sono rafforzate notevolmente; la scorsa settimana il premier del governo federale iracheno, Adel Abdul Mahdi era in Cina, dove ha firmato otto accordi economici. Perché l’ex Impero di Mezzo è interessato all’Iraq? Questo Paese fornisce al governo cinese una buona dose di petrolio, circa il 25% del totale dell’export di idrocarburi iracheno, ed importa grandi quantità di merci cinesi, sia direttamente che indirettamente. Grazie al canale di contatto attivato, l’Iraq ha avuto accesso a nuove tecnologie; le stesse che in un secondo momento hanno reso Bagdad il quarto maggiore produttore ed esportatore di greggio al mondo, nonché il secondo all’interno dell’Opec.
L’Iraq e la Nuova Via della Seta
L’Iraq ha dichiarato che aderirà alla Nuova Via della Seta, e non poteva essere altrimenti vista la posizione geografica strategica del Paese, proprio in mezzo al reticolato infrastrutturale che dovrebbe collegare l’Asia all’Europa e al Medio Oriente. A proposito di infrastrutture, il segretario generale del Consiglio dei ministri iracheno, Hamid al Ghazi, ha firmato un memorandum d’intesa con la China State Construction Engineering (Cscec) per riorganizzare l’aeroporto internazionale di Nassiriya. D’altronde l’invasione statunitense del 2003, la conseguente deposizione di Saddam Hussein, il terrorismo e i conflitti civili hanno devastato completamente un Paese che lentamente sta cercando di voltare pagina. Nel 2018, il commercio Cina-Iraq ha superato la quota di 30 miliardi di dollari, facendo registrare un + 10% rispetto all’anno precedente. Se Bagdad prima era nel limbo, sospeso tra Medio Oriente e terra di nessuno, oggi per il governo iracheno la Cina rappresenta una vera e propria ancora di salvataggio. L’Iraq è pronto a dare il suo contributo all’Asia e alla Nuova Via della Seta. Allo stesso tempo la Cina sa bene quali critiche le saranno rivolte, fra cui quella secondo la quale Pechino investirebbe in Stati poveri per tenerli sotto scacco della trappola del debito. Ma d’altronde tutto ha un prezzo.