La sfida per il dominio dei mari fra Cina e Stati Uniti si arricchisce di un nuovo terreno di scontro: Panama. Il piccolo Stato dell’America centrale, da sempre visto come un satellite degli Stati Uniti e snodo fondamentale del commercio marittimo controllato da Washington, è entrato nel giro di affari di Pechino che tramite la società China Harbour Engineering Company (Chec) investirà milioni di dollari nell’attività portuale del Paese. Una notizia che riveste un ruolo non secondario nella comprensione dello sviluppo della geopolitica cinese, dal momento che fino a pochi anni fa gli Usa avevano boicottato le imprese cinesi che volevano investire nel canale e avevano imposto ai precedenti governi panamensi di evitare ogni tipo di rapporto commerciale con le aziende cinesi che non fosse esclusivamente legato al passaggio dei cargo attraverso il canale.

Nonostante questo blocco da parte degli Stati Uniti, i rapporti tra Pechino e Panama non sono mai stati interrotti del tutto. Pechino non poteva e non può fare a meno di Panama per via della funzione dello stretto che evita ai cargo di circumnavigare l’America latina. Un motivo già di per sé valido, a prescindere dalla sfida agli Stati Uniti, per intessere con Panama solidi rapporti politici ed economici. Panama dal canto suo ha iniziato a comprendere nel tempo che dipendere dalla politica Usa senza avere un proprio margine di autonomia, rischiava di limitare gli investimenti stranieri ma soprattutto le possibilità di sviluppo e di guadagno che la Cina offre in questi anni di stagnazione. La convergenza di interessi ha dunque portato un riavvicinamento politico fra i due Stati suggellato a giugno di quest’anno con l’apertura della prima ambasciata i Panama a Pechino. Un episodio fondamentale che si collega alla decisione del governo panamense di rompere i rapporti diplomatici con Taiwan e all’arrivo, in quello stesso periodo, di una delegazione del commercio estero cinese nello Stato dell’America centrale. In quell’occasione, il governo panamense affermò che era necessario trovare una via comune per attrarre gli investimenti cinesi e per riuscire ad aprire l’industria panamense al mercato cinese. E così è stato.

L’investimento con cui sono iniziati ufficialmente i rapporti economici fra Cina e Panama è rappresentato da un contratto di 165 milioni di dollari per la costruzione di un porto per le navi da crociera sulla costa pacifica del territorio panamense. Il progetto vede la partecipazione di un consorzio composto dalla China Harbour Engineering Company e dalla società belga Jan de Nul. Con la costruzione di questo porto, le autorità panamensi vogliono fare in modo che le navi da crociera attracchino direttamente a Panama City, in modo da arrivare nel 2019 alla cifra di tre milioni di turisti l’anno. Per Panama significa in sostanza diventare uno Stato di sosta e non più soltanto un passaggio obbligato senza che il turismo incida sull’economia del Paese.

Secondo quanto riporta El economista, il governo panamense prevede che gli investimenti cinesi non si fermeranno qui. La volontà del governo è quella di attrarre capitali da Pechino per tutti i principali progetti infrastrutturali dello Stato, come porti e centrali elettriche, un quarto ponte sul Canale e la terza linea della metropolitana della capitale. E la Cina non può che essere contenta di questa convergenza di interessi. La China Harbour Engineering Company, filiale della China Communications Construction Company, è già attiva nelle Americhe con investimenti per sette miliardi di dollari e conosce perfettamente il mercato americano. Ma oltre all’inserimento nel mercato, quello che conta è che le industrie cinesi siano arrivate a colpire la sfera d’influenza americana proprio nel punto nevralgico del commercio mondiale e americano: Panama. Riuscire in questo momento a investire a Panama significa sfidare apertamente Washington nel suo cortile di casa e un messaggio a tutto il continente americano: Pechino sta arrivando anche al di là del Pacifico.