Secondo un nuovo reportage del Washington Post, la Cina sta iniziando a muoversi con un’espansione in Medio Oriente. Il reporter Gerry Shih è andato in Tajikistan, un Paese nel cuore dell’Asia che confina con Afghanistan, Cina, Uzbekistan e Kyrgyzstan. Qui Shih ha documentato con prove di prima mano l’insediamento delle truppe cinesi nella regione.
Le mosse espansioniste della Cina non dovrebbero sorprendere dopo che essa ha asserito il proprio dominio sul Mare Cinese del Sud con più basi militari e si è addirittura aperta una strada verso l’Africa finanziando grandi progetti di infrastrutture in tutto il continente. La base militare in Tajikistan è diversa, tuttavia, dai passati tentativi della Cina. Infatti questa è solo la seconda base che essa ha creato in territorio straniero, dopo l’apertura della base di supporto in Gibuti. Fino all’espansione in Gibuti, i Cinesi erano più inclini ad allargare la propria influenza tramite in senso finanziario, con occasionali incursioni della marina militare nel Mare Cinese del Sud.
Sembra però che l’Esercito di Liberazione Popolare (Pla) ora faccia parte del pacchetto economico che la Cina offre ai suoi aspiranti partner. Anche se la leadership cinese ha più volte affermato che la base in Gibuti sarebbe stata destinata ad attività non militari, ulteriori analisi hanno rivelato l’esistenza di imponenti fortificazioni.
Il Gibuti ha costituito per la Cina la perfetta copertura per espandere il suo raggio militare senza dare nell’occhio: molti Paesi di tutto il mondo hanno basi militari nel Corno d’Africa, per assicurare il tranquillo svolgersi dei commerci e degli affari. Nella scelta di questa location per la sua prima base oltreoceano, il governo cinese ha incontrato poca resistenza. In cambio della terra e dei permessi per gli avamposti militari, il Gibuti ha ricevuto un miliardo di dollari, che ha utilizzato per progetti infrastrutturali come la linea ferroviaria Etiopia-Gibuti. Ora che la Cina ha un punto d’appoggio sull’Oceano Indiano, essa può adattarsi e imparare in vista dell’apertura di più basi sul continente.
Quando Shih ha viaggiato in Tajikistan, l’ha trovato ricoperto di denaro cinese, proprio come il Gibuti: centrali elettriche, ospedali, strade e linee ferroviarie, anche scuole. Più della metà del debito estero del Tajikistan ora è posseduto dalla banca di stato cinese. Ha anche incontrato i soldati del Pla, e uno gli ha detto di essere stato assegnato lì per qualche anno.
Il governo cinese è rimasto in silenzio riguardo alla questione, rifiutandosi di fare commenti sulle truppe stanziate nel Paese. Il ministro degli Esteri del Tajikistan, tuttavia, ha dichiarato che non c’è “nessuna base militare della Repubblica Popolare Cinese sul territorio della Repubblica del Tajikistan,” e nemmeno “alcun tipo di accordo” per costruirne una. Ma ora ci sono prove inconfutabili dell’esistenza di questo avamposto cinese, grazie al lavoro sul campo di Shah. La domanda quindi ora è: che cosa c’è in Tajikistan che interessa la Cina?
Non è tanto il Tajikistan ad interessare la Cina, ma piuttosto il suo vicino, l’Afghanistan. L’area del Tajikistan dove è collocato l’avamposto confina con il Corridoio di Wakhan. Questa stretta valle in Afghanistan ha funzionato da rotta commerciale per millenni, collegando la Cina al Medio Oriente. Dal lato cinese, il Passo di Wakhjir costituisce l’unico punto di passaggio tra l’Afghanistan e la provincia di Xinjiang. Sul lato occidentale, il Passo di Borghil Pass connette l’Afghanistan con il Pakistan.
Attraverso il Corridoio di Wakhan, La Cina è in grado costruire sulle basi di un’antica rotta commerciale e di riadattarla per la Belt and Road Initiative del Presidente Xi Jinping. Questo progetto economico richiede una forte cooperazione a livello regionale con le rotte commerciali aperte. È più facile costruire partnership tra i governi dell’Asia e del Medio Oriente che garantire la sicurezza dei percorsi commerciali. Poiché gli Usa continuano a ridimensionare le proprie operazioni in Afghanistan, è rimasto un vuoto di potere. L’attività terroristica è già penetrata attraverso il confine orientale della Cina. Stabilendo una base militare vicino al corridoio di Wakhan e all’Afghanistan, I Cinesi hanno introdotto una nuova presenza militare nella regione. Quindi la missione sembra essere duplice: mettere in sicurezza le rotte commerciali e difendere i confini.
I recenti colloqui di pace tra i Talebani e l’amministrazione Trump si sono dimostrati fruttuosi e, con la pace forse in vista, la Cina è desiderosa di prendersi la sua fetta di torta. L’Afghanistan è ricco di minerali e ha una collocazione strategica, il che lo rende un partner adatto per la Nuova via della seta. Finora ciò era stato tuttavia impedito dall’instabilità politica. Ora il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha annunciato che l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai creerà un “contratto collettivo” per aiutare i colloqui di pace.
Senza dubbio l’improvviso interesse della Cina per la regione è egoistico, e mira prima di tutto a rendere la Cina la potenza mondiale dominante, sopra agli Usa e alla Russia. Questo può avere delle implicazioni per le relazioni della Cina sia con gli Stati Uniti che con il Medio Oriente. Una prossima volta che gli Usa decidessero di invadere la regione, dovranno considerare quale sarà l’impatto di tale azione sui suoi legami economici con l’Asia. Una volta costruito nella regione, la Cina non sarà così ansiosa di riaccogliervi gli Usa.
C’è anche da chiedersi se la Russia permetterà alla Cina di prendere residenza in un ex stato sovietico. Il Tajikistan faceva infatti parte dell’Uzbekistan. Dopo un meeting del 2017 con dei ricercatori russi, il Development Research Center della Cina sembrava aver determinato i limiti appropriati e pareva attenersi a quelle linee guida non scritte. Mentre entrambi i governi negano l’esistenza di soldati cinesi nell’area, il gigante asiatico sembra muoversi con cautela. I metodi cinesi sono per lo più orientati all’economia, dopo tutto.
Il futuro della Cina nella regione, e in particolare in Afghanistan, dipende dai colloqui di pace con i Talebani. Se dovessero avere successo non c’è dubbio che il flusso di denaro derivante dallo sviluppo si riverserebbero lungo il Corridoio di Wakhan, e potrebbero trasformare la regione. A questo punto rimarrebbe solo da capire se la popolazione sarà disposta o meno ad accettare l’aiuto della Cina. La regione è prevalentemente islamica, e anche il Tajikistan è musulmano al 96%. Questo fatto va contro le politiche ufficiali anti-religiose del Partito Comunista Cinese.
Il governo ha di recente affrontato delle critiche al trattamento riservato ai musulmani uiguri. Quasi un milione di loro è infatti detenuto in quello che il governo chiama “scuola professionale.” Ma alcuni rapporti interni ritraggono un quadro diverso: condizioni di vita misere, indottrinamento comunista forzato, e abusi fisici e psicologici.
Per una nazione così avversa alla religione, soprattutto all’islam, la regione rappresenterà una sfida unica: riuscire a gestire l’autonomia religiosa dei suoi stati ospiti. Con i governi che si vendono alla Cina anche per i servizi più basilari, come acqua corrente ed energia, è ragionevole chiedersi cosa accadrà una volta che la Cina deciderà di affermare il proprio controllo politico, cosa che, alla fin fine, è il vero obiettivo di Pechino.