Come riportava La Repubblica non più tardi di un paio di settimane fa, in Italia hanno superato quota 200 i comuni che bloccano le antenne 5G , creando problemi allo sviluppo di una rete proprio nelle zone dove ce ne sarebbe più bisogno. Motivate da preoccupazioni sanitarie più volte smentite dalle massime autorità scientifiche, a cominciare dall’Organizzazione mondiale della sanità e dal’Istituto superiore della Sanità, tali ordinanze sono concentrate soprattutto proprio in quei piccoli comuni più bisognosi di banda ultra larga. Ma mentre nel nostro Paese assistiamo a questo dibattito paradossale – ulteriormente aggravato dalle fake news sui possibili legami fra il coronavirus e il 5G – in Cina si guarda già oltre e si pensa al 6G per scopi militari.
Ora la Cina pensa al 6G per i suoi militari
Il quotidiano britannico Express spiega che il ministero cinese della Scienza e della Tecnologia sta lavorando a una rete Internet 6G a latenza prossima allo zero, che verrebbe prima resa disponibile per l’esercito, e successivamente per la popolazione. All’inizio di aprile, la rivista ufficiale dell’Esercito popolare di liberazione pubblicava un articolo nel quale sottolineava l’ampio vantaggio tecnologico di impiegare il 6G in ambito militare rispetto al 5G. Come riporta The National Interest, l’articolo sottolineava che “se la tecnologia 6G venisse introdotta nell’esercito”, questa avrebbe sicuramente “un impatto notevole sulle pratiche militari, come la formazione di guerra, lo sviluppo di attrezzature e le comunicazioni sul campo di battaglia. Promuovere l’applicazione graduale del 6G nell’esercito potrebbe essere uno dei principali obiettivi delle forze armate cinesi per adattarsi ai nuovi cambiamenti militari in futuro”.
La rivista americana nota che gli analisti statunitensi concordano sul fatto che il 6G potrebbe fornire a Pechino un modo per “scavalcare” e dunque superare la tecnologia americana. La domanda è: quando questa tecnologia potrebbe effettivamente essere impiegata per applicazioni militari. “Se gli sforzi di ricerca e sviluppo della Cina avessero successo, le forze armate avrebbero accesso a reti a latenza zero che forniscono enormi volumi di dati in tempo reale”, sottolinea Charles King di Pund-IT. “In combinazione con funzioni AI avanzate, il 6G potrebbe essere un punto di svolta per i processi militari. Ciò, a sua volta, potrebbe offrire enormi vantaggi dentro e fuori dal campo di battaglia”.
La Cina al lavoro sul 6G: ma non è la sola
Come riporta Wired, Pechino ha creato due gruppi di lavoro sul 6G. Il primo gruppo è composto dai dirigenti dei ministeri del settore e sarà responsabile del supporto del secondo gruppo che, composto da 37 esperti provenienti da università, istituti di ricerca e società tecnologiche, avrà il compito di progettare il piano d’azione per la creazione delle reti 6G. Sulle valutazioni raccolte dai tecnici del ministero cinese, il 6G potrebbe raggiungere velocità nell’ordine di 1 TeraByte (Tb) al secondo, ovvero circa 8mila volte più veloce del 5G. Secondo Mahyar Shirvanimoghaddam, professore dell’università di Sydney, la connessione 6G potrebbe aprire nuovi orizzonti e “offrire nuove prospettive in termini di interfacce cervello-computer” e di conseguenza consentire di “utilizzare i dispositivi attraverso il nostro cervello”. L’uso del 6G in ambito militare potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione hi-tech.
A dirla tutta, come spiega il South China Morning Post, la Cina non è l’unica nazione al mondo che sta “studiando” il 6G. L’Università di Oulu in Finlandia ha stanziato 250 milioni di euro nell’aprile 2018 per il primo programma al mondo dedicato alla ricerca del 6G, secondo un comunicato sul sito web dell’università. E il Giappone ad oggi ha stanziato circa due miliardi di euro, a dimostrazione che se si parla di tecnologia di sesta generazione, l’Asia sembra avere già un passo nel futuro.