Mercoledì scorso a Pechino è cominciato il diciannovesimo congresso del Partito Comunista Cinese (CPC) ed il Presidente Xi Jinping, davanti ad una folla di delegati, ha stabilito le linee guida per la Cina del futuro.
Il Paese sta affrontando un periodo di radicali cambiamenti di lungo periodo ed il Presidente Xi nel suo discorso ha rivelato il piano in due fasi per rendere la Cina “un grande e moderno Paese socialista” entro la metà del 21° secolo.
Il progetto si articola su 14 punti fondamentali che prevedono, tra le altre cose, di assicurare la leadership del Partito e di promuovere la costruzione di una comunità con un futuro condiviso con quello di tutta l’umanità.
Le due fasi del progetto “Nuova Era” hanno delle date di scadenza ben precise: nella prima fase il CPC dovrebbe realizzare la modernizzazione del socialismo di stampo cinese dal 2020 al 2035, fattore propedeutico alla realizzazione della Cina come “grande e moderno Paese socialista prospero, forte, democratico, culturalmente avanzato, armonioso e bellissimo” nei successivi 15 anni.
In questo periodo la Cina dovrà dare impulso all’economia guardando a quella “reale” e ponendo l’accento sulla transizione da un tipo di economia a rapida crescita ad una di “alta qualità”. Questa nuova enfasi dovrà, ovviamente, incentrarsi sul capitalismo di Stato, che rinforzandosi dovrà permettere alle imprese cinesi di diventare competitive a livello globale. Anche per questo la nuova politica cinese prevede nuove aperture di mercato agli investitori esteri garantendone al contempo i legittimi diritti ed interessi; diventerà pertanto sempre più aperta rispetto al presente.
Per quanto riguarda le Forze Armate, si legge nel discorso di Xi Jinping che la meccanizzazione dell’Esercito sarà completata entro il 2020 e che la modernizzazione completa di tutte le componenti delle FFAA sarà ultimata entro il 2035 permettendo così al PLA (People Liberation Army) di diventare un esercito di livello mondiale (va inteso al pari di quello americano o russo) entro la metà del 21° secolo.
Questi sono solo alcuni dei passaggi salienti del discorso del Presidente Xi, che però non rappresentano, a ben vedere, nulla di nuovo rispetto a quanto già detto in occasione dell’apertura del diciottesimo congresso del CPC, a novembre del 2012.
Se andiamo a leggere infatti quanto detto in quella occasione ci accorgiamo che la “Nuova Era” della Cina era già stata ampiamente preconizzata dal leader cinese: oltre all’enfasi data alla necessità di tenere alta la “gloriosa bandiera del socialismo con caratteristiche cinesi” eredità dei suoi illustri predecessori, Xi Jinping fissò in quella occasione dei nuovi obiettivi per la nazione.
Questi sono la realizzazione di una società moderatamente prospera in ogni suo aspetto entro il centenario della fondazione del CPC (2020) e far diventare la Cina un Paese socialista moderno, prospero, democratico, civilizzato e armonioso entro il centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese (2049), perché solo così, si legge, “potremo assicurare un futuro meraviglioso al popolo e alla nazione cinesi”.
I punti principali riguardano una crescita economica sostenuta e sana, il raddoppiamento del Pil e delle entrate pro capite, sia ne i centri urbani sia in quelli rurali, rispetto ai dati del 2010; l’estensione della democrazia del popolo (fattore chiave su cui torneremo più avanti), il rafforzamento del soft power culturale, l’innalzamento degli standard di vita del popolo e progressi sostanziali nella costruzione di una società ecologica e sostenibile.
Il socialismo cinese è il risultato di una pratica di lungo periodo che ha portato al capitalismo di Stato, quindi ad una sintesi cinese tra le esigenze del Partito, del popolo e del mercato globale. Il suo compito centrale è infatti lo sviluppo economico ma si propone di implementare le crescita anche in altri campi quali quello politico, culturale, sociale ed ambientale. Il suo corpus teorico, come sostenuto dal Presidente Xi in quell’occasione, resta però sempre il marxismo ma con un adattamento alle condizioni della Cina tenendo ben presente quelli che sono definiti come i “quattro principi cardinali” del socialismo cinese: la perseveranza nel socialismo, nella dittatura democratica del popolo, nella guida del Partito, nel marxismo-leninismo e nel pensiero di Mao Zedong. Xi Jinping è stato ben chiaro in quella particolare occasione, e lo ha ribadito anche mercoledì scorso: il marxismo-leninismo ed il pensiero di Mao non devono essere assolutamente abbandonati; però si deve focalizzare l’attenzione sui problemi concreti legati alla modernizzazione e alle politiche di riforma e apertura, avviando nuove pratiche e nuovi sviluppi. All’interno del corpus teorico del CPC troviamo anche la teoria delle Tre Rappresentanze, anch’essa ribadita in occasione dell’apertura del diciannovesimo congresso: il Partito deve rappresentare sempre le esigenze di sviluppo delle forze di produzione più avanzate, l’orientamento della cultura più avanzata e gli interessi fondamentali della maggioranza del popolo cinese. Ovviamente questo si esplica attraverso il concetto di Sviluppo Scientifico, che, come teorizzato da Hu Jintao, deve dare priorità allo sviluppo e mettere al centro le persone: condizioni fondamentali per soddisfare i criteri di completezza equilibrio e sostenibilità.
A ben vedere Xi Jinping anche in quella occasione si rifece a piene mani al piano strategico dei “Tre Passi” della modernizzazione che vide la luce nel 1987 durante il tredicesimo congresso. In quell’occasione si fissarono gli obiettivi dei 3 stadi necessari alla modernizzazione e sopravvivenza del socialismo cinese e della stessa Cina: raddoppiare il Pil entro la fine degli anni ’80 del XX secolo rispetto al 1980, raddoppiare la crescita del valore totale della produzione entro la fine del XX secolo e creare una condizione di benessere generale per il popolo, infine alzare il Pil procapite al livello delle nazioni moderatamente sviluppate in modo da assicurare al popolo una vita prospera e completare il processo di modernizzazione entro la metà del XXI secolo.
Certamente un programma ambizioso e non facile, anche perché sta incontrando resistenze interne e problemi non del tutto inaspettati.
Un problema strutturale, come ammesso dallo stesso Xi Jinping, è quello dello sviluppo sbilanciato e inadeguato a fronte della richiesta del popolo di condizioni di vita sempre migliori. Non si tratta solamente di condizioni economiche o culturali, che vengono soddisfatte parzialmente ma progressivamente da parte dello Stato, bensì anche di desiderio di maggior democrazia, giustizia, sicurezza e migliori condizioni ambientali.
In materia di democrazia il presidente Xi è stato ben chiaro di recente: auspica una maggior collaborazione tra il CPC ed i partiti non comunisti per raggiungere “il sogno cinese” di un ringiovanimento nazionale. In particolare sollecita i membri di partiti non comunisti, le figure chiave della All China Federation of Industry and Commerce, e chi non è affiliato a nessun partito di dare la propria opinione ed il proprio contributo alle scelte del Paese: “per raggiungere la meta dobbiamo fare largo uso della democrazia nei processi di scelta” queste sono state le esatte parole del leader.
Un secondo e forse ben più grave ostacolo verso la realizzazione del progetto di rinnovamento cinese è dato dalla corruzione interna. Già nel 2012 Xi ammetteva che “alcuni membri e funzionari del Partito hanno agito impropriamente come conseguenza di una fede esitante o confusa” e nel suo discorso sottolineava la necessità impellente di “elevare la capacità di resistere alla corruzione e scongiurarne il rischio” promuovendo l’integrità politica con la costruzione di una “cultura dell’onestà” all’interno del Partito. Pertanto in quell’occasione fu predisposta una campagna per l’educazione alla linea di massa che si basa sulla concretezza e onestà nei confronti del popolo. Però, evidentemente, in questi 5 anni non si sono fatti molti passi avanti sebbene Xi abbia fatto delle vere e proprie epurazioni (e quindi procurandosi molti nemici) all’interno delle gerarchie del Partito (circa 280 alti rappresentati) e delle FFAA. Il Presidente ha infatti ribadito lo scorso mercoledì che “Per i prossimi 5 anni il CPC continuerà nei propri sforzi contro la corruzione incentivando le misure preventive anti-corruzione”.
Chissà se Xi Jinping riuscirà a vedere compiuto il suo ambizioso progetto, vero è che dovrà fare i conti anche con resistenze esterne alla Cina, ma questo è un altro capitolo.