Oggi, mentre a Vladivostok si apre l’importante forum sull’Estremo Oriente che vedrà la partecipazione di Vladimir Putin, Shinzo Abe e Xi Jinping, la Siberia sarà interessata da un altro, importante avvenimento: l’inizio della mastodontica esercitazione congiunta tra le forze armate di Russia, Cina e Mongolia.
Nome in codice Vostok (“Oriente”), l’esercitazione, come ricordato da Davide Bartoccini, coinvolgerà 300mila soldati, mille tra aerei e elicotteri e 36mila mezzi corazzati e leggeri, risultando la più grande degli ultimi 37 anni. La partecipazione della Esercito Popolare di Liberazione (Epl) a manovre che, come segnala Asia Times, comporteranno la simulazione di un conflitto di larga scala è significativa e segna un passo in avanti nella cooperazione bilaterale tra Mosca e Pechino.
In ogni caso, al di là della convergenza tattica e della necessità di opporre un fronte comune alla pressione economica e politica esercitata negli ultimi tempi dagli Stati Uniti contro entrambe le potenze, è necessario riflettere su un dato di primaria importanza: Russia e Cina, che dal trattato del 2008 sulla definizione dei confini hanno avviato un graduale avvicinamento accelerato dopo la chiusura dell’Occidente a Mosca, possono trasformarsi in alleati permanenti? Gli avvenimenti degli ultimi anni farebbero pensare a una risposta positiva, ma ci sono alcuni elementi di incertezza.
Perché la Cina partecipa a Vostok
Per avviare l’analisi, è necessario premettere come la Cina di Xi Jinping abbia due ragioni importanti di natura pragmatica per mostrarsi al fianco della Russia nelle manovre in Siberia. La prima, come detto, è la sfida diretta posta a Mosca e Pechino da Washington che esige un’azione congiunta.
La seconda, come spiega Giorgio Cuscito su Limes, è legata alla necessità di Pechino di accrescere l’esperienza delle sue Forze armate. “L’ultima volta che l’Epl ha combattuto una guerra è stato negli anni Settanta contro il Vietnam. In linea con la riforma militare in corso, la Cina vuole colmare le sue lacune per essere pronta ai potenziali conflitti del futuro (a cominciare da quelli con gli Usa) e tutelare i suoi crescenti interessi lontano dai confini nazionali. Per queste ragioni, negli ultimi anni l’Epl ha intensificato la sua presenza in operazioni di peacekeeping e in esercitazioni in patria e all’estero. Tra queste ultime rientrano quella antiterrorismo della Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco) di due settimane fa e prima ancora gli International army games 2018, entrambi realizzati in Russia”.
Le geopolitiche confliggenti di Mosca e Pechino
Vostok non nasconde il fatto che la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping abbiano ancora molta strada da fare prima che una partnership fondata su un solido asse economico, su una convergenza diplomatica su diversi temi e sulla volontà di riassettare gli equilibri delle principali istituzioni sovranazionali si sviluppi in alleanza effettiva. Anche piani di integrazione ambiziosi come la “Nuova Via della Seta” non possono cancellare le lezioni della storia, che parlano di una latente rivalità sino-russa che ha attraversato il XIX e il XX secolo, e i dettami della geopolitica.
Pomo della discordia per eccellenza è la Siberia stessa: cassaforte economica della Russia, l’enorme regione euroasiatica è oggigiorno profondamente integrata nella catena del valore cinese, e Pechino può sfruttare sul lungo termine la fame di manodopera dell’Oriente russo e le profonde disparità demografiche per modificare, de facto prima ancora che de iure, i reali equilibri di sovranità in una regione da secoli parte integrante della Russia.
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La Cina, inoltre, intende consolidare la sua presenza in regioni dove la Russia ha forti interessi, come l’Asia Centrale e l’Artico. “La prima, tradizionalmente sotto l’influenza di Mosca e fulcro della fragile Unione economica euroasiatica) è già snodo delle Nuove vie della seta cinesi e importante fonte di approvvigionamento energetico per Pechino”, sottolinea Cuscito. “La seconda potrebbe esserlo in futuro, quando lo scioglimento dei ghiacci renderà più agevole il passaggio di navi cargo attraverso il Polo Nord e faciliterà lo sfruttamento delle risorse energetiche e ittiche”.
Il confine tra Cina e Russia rimane presidiato
Indicativo della condizione di fondo dei rapporti sino-russi è il fatto che entrambe le nazioni si siano ben guardate dallo smantellare i dispositivi militari posti a protezione del rispettivo confine, segnato dal lungo corso delle gelide acque del fiume Amur.
Sebbene Cina e Russia non si percepiscano più vicendevolmente come minacce, il numero di truppe e dispositivi schierati ai confini è variato poco dagli anni Sessanta, quando l’Unione Sovietica e la Cina maoista si scontrarono in diverse contese di confine.
Dopo aver dislocato ai confini con la Cina delle brigate missilistiche nel luglio 2017 la Russia ha di recente replicato schierando la sua quarta unità di questo tipo nello scorso mese di giugno, armato con missili Iskander-M a corto raggio, potenziali vettori per testate nucleari. A questa mossa la Cina ha tacitamente reagito, come riporta National Intrest, schierando ai confini delle unità del missile balistico intercontinentale Dongfeng-41.
Mentre rafforzano una sincera cooperazione bilaterale di breve periodo, Mosca e Pechino non cessano di premunirsi per rischi futuri: al di là della partnership economica, dei progetti infrastrutturali, delle esercitazioni congiunte la Russia e la Cina devono ancora capire come, sul lungo termine, potranno definire la controparte. Le alleanze basate sulla sfiducia, nella storia, non hanno mai portato fortuna ai contraenti: e questa cosa Vladimir Putin e Xi Jinping dovranno tenerla bene in considerazione.