La Cina è ancora stordita dalla decisione di Donald Trump di aumentare dal 10 al 25% i dazi su 200 miliardi di prodotti made in China. E così Pechino, colpito a freddo, organizza la sua controffensiva in condizione di svantaggio psicologico. Xi Jinping dispone di alcune cartucce da sparare contro Washington, ma gli artigli del Dragone non sono più affilati come qualche mese fa.

Una bomba a orologeria

Trump è un fiume in piena perché ha già dato il via libera al procedimento per tassare del 25% altri 300 miliardi di beni cinesi. Nel nuovo pacchetto di merci sanzionate dagli Stati Uniti questa volta rientrano anche smartphone, giocattoli e Pc; tre fra i prodotti più esportati da Pechino oltre Oceano. L’iter legale partirà domani e Xi Jinping ha circa un mese di tempo per disinnescare una bomba a orologeria letale per la Cina.

Cosa farà adesso la Cina?

Pechino era sicuro che sarebbe saltato fuori un accordo che ponesse fine alla guerra commerciale con gli Stati Uniti. Così, per il momento, non è stato. Trump, al di là degli effetti economici che avranno i dazi, è stato bravo a mettere pressione sulla Cina. Le uniche contromosse di Xi Jinping sono la sospensione degli acquisti di prodotti agricoli americani e l’innalzamento di muri burocratici nei confronti delle aziende a stelle e strisce operanti oltre la Muraglia. Troppo poco.

Xi Jinping a corto di armi

La reazione cinese risulta molto spuntata se paragonata alla mannaia di Trump. Ecco perché la Cina ha già ipotizzato un nuovo round di negoziati e le condizioni fondamentali per giungere alla fumata bianca. Tutti i dazi imposti da Trump dovranno sparire e i due Paesi dovranno trovare un’intesa bilanciata e conveniente per entrambi. Washington sta di fatto trattando Xi Jinping come Kim Jong Un; la Casa Bianca è cioè disposta a fare concessioni al leader cinese per gradi. Un comportamento simile lederebbe la dignità del gigante asiatico e ridimensionerebbe le sue pretese.

Il Pil cinese rischia di perdere un punto

Intanto c’è un dato che la Cina non dovrebbe sottovalutare. Secondo gli analisti di Barclays le nuove tariffe americane avrebbero un serio effetto sull’economia cinese. In particolare la crescita di Pechino rallenterebbe e passerebbe dal 6,6% a circa il 6,1%. Un valore sempre al di sopra dell’obiettivo minimo fissato dal governo del 6%, ma con il rischio di bruciare in un anno un punto del Pil.

Il tempo è scaduto

Gli Stati Uniti vogliono di fatto modificare l’economia cinese. Da molti anni la Cina auspica graduali riforme, ma agli occhi degli americani fin qui Pechino ha sempre fatto buon visto a cattivo gioco. Per anni Washington ha nicchiato ma il tempo adesso è scaduto. Trump sa che di questo passo il suo Paese in economia verrebbe scavalcato dai cinesi. Ecco il vero significato dei dazi: un avvertimento per far capire alla Cina che è arrivata l’ora di cambiare. Xi non può però apparire un debole pronto ad accontentare le richieste dei suoi avversari. Da qui il braccio di ferro con Trump. Ma quanto durerà ancora la situazione di stallo?