Islamabad e Pechino sempre più vicine: la luna di miele tra questi due paesi, mai interrotta dal 1951 e cioè da quando il governo pakistano è stato tra i primi a riconoscere la Cina di Mao quale interlocutore (a discapito invece da quella di Taiwan e dei nazionalisti sconfitti pochi anni prima), adesso appare sempre più marcata e pronta a far decollare ulteriormente le relazioni tra le due nazioni asiatiche. Prima la costruzione del porto di Gwdar, vitale per implementare la strategia della cosiddetta ‘nuova via della seta’, poi il progetto della ferrovia ad alta velocità tra la nuova struttura portuale e la regione cinese dello Xinjiang, passando per la scelta di Islamabad di commercializzare in Yuan con la Cina al posto dell’utilizzo del Dollaro, annuncio quest’ultimo dato all’indomani della mossa del governo USA di cancellare aiuti militari per più di un miliardo di Dollari accusando il Pakistan di connivenza con il terrorismo. Adesso però, il legame con Pechino per il governo pakistano sembra assumere proporzioni sempre più grandi: da giorni infatti, si è iniziato a parlare della costruzione di una base militare cinese proprio a Gwdar.

L’importanza per la Cina di aver un hub militare in Pakistan

Quando già sul finire dello scorso decennio sono trapelate le prime indiscrezioni circa la costruzione di un grande porto nel sud del Pakistan, ben si comprendevano le intenzioni cinesi in questa parte del continente asiatico: Pechino, in particolare, sfruttando le sempre ottime relazioni con Islamabad, ha visto nelle coste pakistane l’opportunità ghiotta di creare una propria aria di influenza capace, soprattutto, di accogliere importanti infrastrutture volte a dar manforte alla propria strategia commerciale. Gwdar, in tal senso, si è prestata molto bene a questo obiettivo: è vicina al confine iraniano, non è lontana dalla acque del Golfo Persico e dalle coste della penisola arabica e, inoltre, la sua posizione la pone come terminal ideale della futura ferrovia che scenderà dallo Xinjiang; un porto da queste parti dunque, per la Cina ha voluto significare la creazione un vero e proprio hub in grado di andare oltre la sua importanza commerciale.

Non è quindi un caso se è proprio vicino a questo nuovo porto che, nel giro di pochi anni, potrebbe sorgere la nuova base militare cinese, che per Pechino sarebbe la seconda all’estero; i vertici del colosso asiatico hanno bisogno di maggiori infrastrutture commerciali e militari in questa zona del pianeta, da cui transitano gran parte delle merci cinesi destinate all’Europa: la decisione del governo cinese, appare perfettamente in linea con la politica del presidente Xi Jinping, il quale ha da sempre coniugato strategia commerciale e militare e che vede, nella nuova via della Seta, la strada in grado di governare non solo lo sviluppo del suo paese ma, soprattutto, anche quello della via cinese alla globalizzazione. La rivelazione del piano di Pechino per impiantare a Gwdar la sua nuova base militare, è arrivata ad inizio anno dal quotidiano South China Morning Post, da sempre molto attento alle strategie militari del proprio paese.

Secondo le fonti a cui fa riferimento la testata sopra citata, la necessità di costruire una base vera e propria a Gwdar nasce dall’impossibilità di sfruttare il porto, progettato e costruito dagli stessi cinesi, come sede per i mezzi militari: “Le navi da guerra hanno bisogno di determinati servizi – si legge sul SCMP – Che il porto di Gwdar non può fornire essendosi trasformato in una struttura meramente commerciale”. Come detto, per la Cina la nuova base potrebbe costituire un elemento importante sotto il profilo della sicurezza per le tante navi commerciali che transitano dalle acque dell’Oceano Indiano, ma il tutto potrebbe avere anche risvolti politici: Pechino assisterebbe alla definitiva virata filo cinese di Islamabad e, soprattutto, porterebbe in dote una nuova infrastruttura militare nel confronto con gli USA per l’influenza sull’area.

Per Pechino è la seconda base militare all’estero

La base militare in Pakistan non sarà la prima per la Cina al di fuori dei propri confini nazionali; già dallo scorso mese di luglio infatti, è attiva una base a Gibuti, piccolo Stato affacciato sul Mar Rosso non a caso soprannominato ‘la caserma d’Africa’, visto che al suo interno oltre ai militari della madrepatria francese sono stanziati anche americani, inglesi, giapponesi, olandesi, spagnoli e vi è, tra le altre cose, anche un contingente italiano di trecento uomini che opera all’interno della nostra base dedicata all’ufficiale Amedeo Guillet. La posizione di Gibuti e del suo porto è strategica ed ha attratto numerose potenze straniere, le quali da qui intendono controllare il corno d’Africa ed operare contro la pirateria presente nelle acque del Mar Rosso; lo stesso governo di Pechino, nell’attivare la sua prima base militare all’estero, ha fatto più volte riferimento alla necessità di avere in zona un importante supporto per la sua flotta impegnata nella difesa di uno dei più importanti corridoi commerciali del pianeta.

L’installazione a Gibuti della prima base militare cinese, ha già fatto non poco scalpore: in pochi, anche all’interno delle cancellerie occidentali, si aspettavano una Cina già pronta ad avere delle basi fuori dai propri confini; per tal motivo, il clamore che potrebbe suscitare l’eventuale prossima apertura di una nuova base, per giunta all’interno di un territorio (quale quello pakistano) che dopo l’11 settembre è stato considerato quasi come un ‘giardino di casa’ degli USA, sarebbe ancora più importante e si tradurrebbe, da un punto di vista politico, in una nuova dimostrazione di come la Cina sia pronta a recitare ruoli sempre più importanti nelle aree più calde del pianeta.

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