Il caso Apple ha scoperchiato un vaso di Pandora. Cina e Stati Uniti sono legate da un’economia interconnessa. Ogni scossone che colpisce il cuore di una delle due superpotenze ha ricadute anche sull’altra. Non sembra volerlo capire Donald Trump, che sta portando avanti una pericolosa guerra dei dazi che potrebbe presto sfuggirgli di mano provocando il caos a livello globale.

La vendetta cinese affonda Apple

L’escalation commerciale tra Pechino e Washington è un danno da evitare a tutti i costi: quanto accaduto ad Apple è lì a dimostrarlo. Se un piccolo sassolino gettato nel mare ha provocato uno tsunami, figuriamoci cosa potrà accadere quando e se una delle due amministrazioni deciderà di andarci giù davvero pesante. I mercati e le banche restano con il fiato sospeso e attendono di capire ulteriori sviluppi. Quel che è certo è che Apple è letteralmente precipitata a Wall Street. La Mela è stata colpita dalla rinominatavendetta cinese, è affondata in borsa e ha di fatto affondato le borse. In poche ore Apple ha perso più del 10% della sua capitalizzazione, che tradotto in soldoni significa oltre 400 miliardi di dollari.





Gli Usa lanciano l’allarme

Dagli Stati Uniti il consigliere economico di Trump, Kevin Hassett, lancia l’allarme: ci sono altre società che si trovano o potrebbero presto trovarsi nella stessa situazione di Apple. Senza un accordo con la Cina l’economia statunitense – e di riflesso quella globale – rischia lo shock. Nel lungo periodo la frenata cinese provocherà seri danni anche all’economia americana. Apple è soltanto un esempio di qualcosa che potrebbe estendersi su larga scala. Dazi americani e controdazi di Pechino; calo delle esportazioni cinesi e conseguente crisi delle aziende americane. Alla fine ci rimetteranno tutti.

La dinamica della morte

La dinamica che ha gettato Apple all’inferno è complessa e coinvolge la Cina. Gli Stati Uniti hanno intrapreso una guerra dei dazi per limitare l’ascesa del Dragone. La mossa della Casa Bianca ha provocato la pronta risposta di Pechino. E fin qui siamo alla legge dell’azione che genera una reazione. Il passo successivo riguarda il mercato interno cinese che sta subendo un contraccolpo. La Cina continua sì a crescere, ma la locomotiva di Xi Jinping rallenta appesantita dai dazi. Le esportazioni sono in calo, così come la produzione e le spese dei consumatori. Sempre più cinesi sono costretti a tagliare spese inutili, tra cui gli Iphone. Perché acquistare uno smartphone americano da 900 dollari e non uno cinese da 300? E così anche gli Stati Uniti subiscono il contraccolpo. 

Le contromosse di Pechino

La locomotiva Cina frena e Pechino è subito corsa ai ripari. La Banca Centrale cinese ha immesso 116 miliardi di dollari di liquidità nel sistema bancario tagliando l’1% del tasso di riserva obbligatoria (quello che le banche locali devono detenere presso la stessa Banca Centrale). Si tratta del quinto taglio, che arriva dopo i quattro già effettuati nel corso del 2018. Sono poi previste riduzioni fiscali per le società locali, molte delle quali a secco di commesse per la caduta delle esportazioni. La borsa di Shanghai, inoltre, si è classificata come la peggiore al mondo del 2018 in materia di perdite. Insieme alla borsa di Shenzen, ha infatti bruciato 2400 miliardi di dollari, con l’indice composito che ha perso il 25%. La causa? La solita, inutile, guerra dei dazi.

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