Immaginate i due Paesi più popolosi al mondo, quasi 1,4 miliardi di abitanti il primo, circa 1,5 il secondo, unirsi in una solida alleanza. Prenderebbe forma un colosso demografico che, da solo, potrebbe contare su un mercato interno formato da 3 miliardi di persone, su un’economia in continua ascesa e su un peso geopolitico di primaria importanza. Piccolo particolare: il nostro gigante ipotetico diventerebbe una valida alternativa commerciale a Stati Uniti e Unione europea e, con ogni probabilità, sarebbe da essi considerato una minaccia economica. Siamo nel mondo delle ipotesi, ma questo è ciò che potrebbe accadere nel caso in cui Cina e India dovessero seppelire le rispettive asce di guerra e imbastire un serio dialogo per la pace.
Pechino ha mosso i primi passi, o meglio, ha spedito il ministro degli Esteri, Wang Yi, a fare un tour oltre la Muraglia. La tappa principale è stata Nuova Delhi, dove per la prima dal 2019 è atterrato un funzionario cinese. Qui Wang ha incontrato il suo omologo, Subrahmanyam Jaishankar, e il consigliere per la Sicurezza Nazionale indiano, Ajit Doval.
La realizzazione di “Cindia“, tuttavia, è una strada ancora molto in salita, in primis a causa dello stallo militare lungo la linea di controllo effettivo in Ladakh, nella zona di confine contesa tra i due Paesi. La situazione potrebbe però sbloccarsi, o quanto meno ammorbidirsi, così da consentire a Pechino e Nuova Delhi di architettare un futuro diverso dall’attuale presente caratterizzato dalla reciproca diffidenza.
La diplomazia cinese
Analizzando gli effetti geopolitici provocati dalla guerra in Ucraina, la Cina si è subito mossa per prevenire eventuali contraccolpi (qui abbiamo ricostruito la strategia cinese). Il tentativo di riallacciare i rapporti con Nuova Delhi – o meglio, di rimetterli sulla buona strada – sembrerebbe essere un chiaro segnale da parte di Pechino di voler alleggerire la pressione che Washington sta mettendo sull’India. Già, perché il governo indiano, proprio come quello cinese, non ha condannato Vladimir Putin e non appare intenzionata ad orchestrare alcuna crociata contro la Russia.
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Gli Stati Uniti stanno quindi lavorando nel tentativo di convincere il loro alleato asiatico (fino a prova contraria l’India è un membro del Quad) per convincere Narendra Modi ad imboccare la via occidentale. Ma la Cina ha deciso di fare altrettanto, solo che il Dragone può mettere sul tavolo argomentazioni più interessanti rispetto a Wahington. Innanzitutto, i cinesi possono intavolare un dialogo con la controparte indiana nel tentativo di risolvere definitivamente le dispute di confine, e questo è un tema molto caro ad entrambi i Paesi asiatici. Dopo di che, c’è da affrontare il discorso relativo alle possibili occasioni economiche e commerciali derivanti da una ipotetica partnership (che si preannunciano piuttosto ghiotte).
“Cindia”: da speranza a competitor?
Il ministro Wang ha subito chiarito che sì, le questioni inerenti ai confini devono essere risolte ma che queste non devono in alcun modo influenzare le relazioni bilaterali tra Cina e India. Più facile a dirsi che a farsi, ma un tentativo, forse, potrebbe comunque essere fatto. Non si spiega, altrimenti, la parsimonia con la quale Pechino ha spiegato che no, i cinesi non ambiscono ad un’Asia multipolare e che nel continente asiatico c’è e deve esserci spazio anche per l’India.
Appare quindi piuttosto evidente come il Dragone stia monitorando con attenzione le mosse del vicino indiano, che potrebbe allontanarsi dagli Stati Uniti per unirsi al club formato da Russia e Cina. In fondo, Nuova Delhi è l’unico membro del Quad a non aver condannato Mosca e dipende dal Cremlino per la fornitura di petrolio e armi.
Per questo Modi potrebbe realmente fare un piccolo pensiero al disegno immaginato da Pechino. Dal canto suo, la Cina centerebbe due importanti obiettivi: indebolire il Quad, che i cinesi considerano una sorta di “mini Nato“, e gettare le basi per Cindia. Il colosso che avrebbe dovuto rappresentare un importante partner dell’Occidente e che, in un futuro non troppo lontano, potrebbe invece rappresentare una sua alternativa.