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Il dibattito televisivo svoltosi ieri tra i leader politici dei principali partiti spagnoli potrebbe avere importanti ricadute sull’esito delle consultazioni legislative anticipate che avranno luogo il 10 novembre. Pablo Casado, del Partito Popolare (centro-destra), Santiago Abascal, di Vox (destra radicale), Pedro Sanchez, premier uscente e membro del Partito Socialista, Albert Rivera, a capo di Ciudadanos (liberali) e Pablo Iglesias, del movimento radicale di sinistra Podemos si sono affrontati, a tratti duramente, nel tentativo di convincere i cittadini a schierarsi dalla loro parte. I sondaggi elettorali, infatti, certificano che almeno un terzo degli elettori sono ancora indecisi su chi votare e questo bacino elettorale potrebbe rivelarsi decisivo nell’influenzare gli esiti delle elezioni. Nessun partito, al momento, dovrebbe ottenere la maggioranza dei seggi: i Socialisti, secondo gli istituti demoscopici, oscillano tra il 27 ed il 28.5 dei suffragi, seguono i Popolari stimati tra il 20 ed il 22 per cento ed i radicali di Vox, tra il 12 ed il 14 per cento dei suffragi. Podemos, sempre per i sondaggisti, non dovrebbe superare il 12-13 per cento dei voti mentre la forchetta di consensi di Ciudadanos è compresa tra l’8 ed il 10 per cento.

I temi del dibattito

La gestione del separatismo in Catalogna è stata il tema dominante del confronto televisivo: Casado ha accusato Sanchez di essere stato troppo morbido nell’approccio adottato nei confronti di Barcellona mentre Abascal ha definito la situazione catalana come un colpo di stato permamente ed ha criticato tanto i Popolari quanto i Socialisti per essere corresponsabili di quanto sta accadendo nella regione. Pedro Sanchez ha risposto, in maniera multiforme, agli assalti dei rivali politici promettendo di criminalizzare gli atti che portano all’organizzazione di referendum illegali (un provvedimento introdotto in passato dalle amministrazioni conservatrici e poi abrogato dai Socialisti), stigmatizzando l’atteggiamento del governo Rajoy che nel 2017, a suo dire, permise all’ex presidente catalano Carles Puigdemont di fuggire all’estero e annunciando che l’apologia di fascismo diverrà presto un reato e che la fondazione Francisco Franco verrà chiusa. Lo spostamento a destra di Sanchez è stato criticato da Iglesias che ha difeso il concetto di Spagna plurinazionale ed ha invitato il premier uscente a non cercare di competere con una destra ignorante ed agressiva, a rimanere nel blocco di sinistra ed a cercare il dialogo con i separatisti. Il tutti contro tutti ha prodotto scontri anche tra Casado e Rivera, con il primo che ha invitato il leader di Ciudadanos a non dargli lezioni su come si combatte la corruzione ed il secondo ha invece espresso preoccupazione per lo stato di diritto in Catalogna.

Le prospettive

Il bipartitismo spagnolo è ormai un lontano ricordo e gli schieramenti politici dovranno, necessariamente, scendere a compromessi per formare un esecutivo che sia di coalizione o di minoranza con supporto esterno. Le consultazioni svoltesi nell’aprile 2019 hanno generato un Parlamento bloccato, senza maggioranze ed in cui il tentativo di Pedro Sanchez di governare si è scontrato con l’opposizione degli altri movimenti. Qualora i partiti di centro-destra riescano ad ottenere la maggioranza dei seggi è probabile che una qualche sorta di accordo, più probabilmente un patto tra Popolari e Ciudadanos con l’appoggio esterno di Vox, possa concretizzarsi. I Socialisti, invece, preferirebbero guidare il Paese in solitudine e l’eventualità di coalizzarsi con Podemos non è particolarmente gradita: sembra inoltre probabile che i due movimenti dovrebbero comunque contare sul supporto dei partiti regionali per governare. Un’ipotesi, quest’ultima, resa più complicata dalla grave crisi in Catalogna che rischia di sparigliare sempre di più le carte in tavola. Re Felipe VI, in visita con la famiglia nella regione, è stato accolto da una protesta, seppur di piccole dimensioni, all’interno della quale alcuni dimostranti hanno bruciato le sue foto e gli hanno intimato di andarsene. Uno sviluppo preoccupante, quest’ultimo, che rischia di far degenerare ulteriormente la situazione.

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