La russofobia passa velocemente dalla dimensione politica alla società civile. Con un rapido passaggio di testimone la stretta, ormai non solo più diplomatica, dell’occidente contro il mondo russo tout court si fa sempre più aggressiva.

Quando la russofobia sconfina nella società civile

Ma cos’è la russofobia? Da vocabolario, la fobia è un sostantivo atto a indicare una paura angosciosa per lo più immotivata e quindi a carattere patologico. Così rientrano in questa definizione alcune accuse che finora non hanno prodotto alcun esito concreto, come il Russiagate e l’uccisione con gas nervino di Skripal.

Nonostante l’assenza di prove, questo sentimento è riuscito però a raggiungere la società civile. Prendiamo per esempio l’organizzazione non governativa Avaaz. Si tratta di un’organizzazione americana fondata nel 2007 a New York. Da allora l’ong è cresciuta a dismisura divenendo celebre per alcune delle sue campagne di sensibilizzazione.

Dal cambiamento climatico, ai diritti umani, sono molti i temi affrontati da Avaaz. Una crescita esponenziale che ha portato lo stesso quotidiano britannico The Guardian a dichiarare: “Avaaz ha solo 5 anni, ma è cresciuta rapidamente fino a diventare la più grande e più potente rete attivista online del globo”. Come si evince anche dalla presentazione del sito ufficiale l’organizzazione mira a rafforzare il peso dell’opinione pubblica su grandi tematiche che interessano il singolo cittadino. Ma non solo.

Sempre sul sito Avaaz dichiara, apertis verbis: “Il nostro modello finanziato dai membri ci rende indipendenti e responsabili”. Sembrerebbe  dunque un modello virtuoso e professionale, premiato dal successo, che dovrebbe essere impermeabile a messaggi basati su “angoscia irrazionale e patologica”.

“Opporsi a crimini contro l’umanità perpetrati dalla Russia”

E invece non è così. L’ong americana ha infatti appena lanciato (lo scorso 14 marzo) una campagna dal titolo “Fermate questo inferno”. Un messaggio forte cui fa da cornice l’immagine di una bambina in lacrime. Un amo invitante per gli internauti che incuriositi vorranno così approfondire il contenuto del messaggio.

Ed eccolo svelato: “Da tutto il mondo vi chiediamo con forza di opporvi ai crimini contro l’umanità che la Russia sta perpetrando in Siria: non andate a giocare i Mondiali in Russia. Onorare il regime russo ai mondiali vorrebbe dire condonare questa violenza, e nessun Paese, squadra o giocatore dovrebbe farlo. Ci appelliamo a voi perché lo sport sia strumento di pace, non propaganda di guerra. Da sette anni la Siria è l’inferno in Terra. Il presidente Bashar al Assad continua lo sterminio della sua gente con spietata freddezza: assedia le città per impedire ai civili di scappare, blocca l’ingresso di cibo e medicine e poi bombarda le famiglie intrappolate, anche con armi chimiche. Sono già morte 400mila persone e ora è il turno di Ghouta orientale”.

Dopo aver letto queste poche ma eloquenti righe ecco che risulta più chiaro come sia calzante in questo caso la parola “russofobia”. Fobia irrazionale, perché non permette all’ong di usare la Ragione per analizzare tematiche complesse.

Fobia irrazionale per dare contro a Putin

Utilizzare l’espressione “crimini contro l’umanità” richiama infatti ad uno specifico concetto del diritto internazionale (presente attualmente nello Statuto della Corte Penale Internazionale) che dovrebbe d’altra parte ricondurre ad un colpevole internazionalmente riconosciuto. Ma non è il caso della Russia che, almeno secondo il diritto internazionale, risulta agire nella piena legalità in Siria, considerata l’autorizzazione ricevuta da Damasco. Legalità d’azione che invece non è rispettata da altri Stati come Turchia e Stati Uniti presenti in Siria senza autorizzazione alcuno.

Per “crimini contro l’umanità” Avaaz si riferisce forse ai bombardamenti russi su Aleppo, certo massicci, certo dannosi per la popolazione civile. Curioso è però che non venga fatto  riferimento alcuno ai bombardamenti altrettanto efferati della coalizione a guida americana sula città di Raqqa.  Una serie di “piccoli” particolari che Avaaz omette di inserire nel lancio della sua campagna. I tratti che caratterizzano l’irrazionalità di questo sentimento fobico saltano ancora all’occhio quando l’Ong attribuisce ai soli Assad e Putin l’intera responsabilità del conflitto siriano. In questo caso la cecità analitica prodotta dalla fobia è ancor più evidente, visto che ha portato Avaaz a non giudicare, almeno legalmente responsabili del massacro siriano, anche i jihadisti legati ad Al Qaeda e allo Stato islamico.

I mondiali unica occasione di dialogo

Ecco che infine il messaggio russofobico si completa con l’invito a non partecipare ai Mondiali di calcio. In questo caso la russofobia si manifesta in tutta la sua chiarezza, per cui uno “strumento di pace”, come la stessa Avaaz definisce i mondiali, deve trasformarsi in espediente aggressivo contro uno Stato sovrano. Le fobie sono però dei virus che senza ostacoli rischiano di diffondersi a macchia d’olio. Ed ecco che la campagna russofobica ha già sfondato il muro delle 600mila firme, rischiando così di ostacolare una manifestazione che potrebbe davvero essere “strumento di pace” in un momento in cui le tensioni tra l’occidente e la Russia rischiano di trascendere la via diplomatica.