La Bielorussia ha avviato negoziati con la Nato che vertono sulla sua partecipazione a esercitazioni militari congiunte per il mantenimento della pace. “Per quanto riguarda le manovre congiunte con la Nato, non si tratta di preparazione, ma del processo di negoziazione”, ha affermato alla Tass il dipartimento della Difesa di Minsk.
Una scelta obbligata?
I rapporti tra Minks e Bruxelles risalgono, com’è logico, ai primi anni dal termine della Guerra Fredda: la Bielorussia, infatti, ha aderito al programma Nato Partnership for Peace nel gennaio 1995, mentre, dal 1998, è operativa una missione permanente bielorussa presso la sede dell’Alleanza Atlantica che comprende due rappresentanti del ministero della Difesa.
Erano altri anni. Nel 1998 la Russia era vicina anche ad entrare nella Nato e si era stabilito il Nato-Russia Permanent joint Council. Nel 1999 la Polonia (insieme ad Ungheria e Repubblica Ceca) entra ufficialmente nell’Alleanza dopo un iter durato anni; nel 2004 tocca ai Paesi Baltici e così la questione geografica ritorna ad essere un fattore strategico per Minsk che si trova con più di 1200 chilometri di confine condiviso con Paesi appartenenti alla Nato.
Proprio questa espansione ad est dell’Alleanza Atlantica è stato il fattore scatenante dell’incrinatura dei rapporti tra l’Occidente e la Russia, e al tempo stesso la debolezza di Mosca davanti a questa avanzata ha causato la sfiducia di Minsk e di altri Stati che facevano parte della Confederazione degli Stati Indipendenti, che avrebbe dovuto garantire la “sfera di influenza russa” ma che presto si sbriciolò: l’attuale situazione dell’Ucraina, e anche la questione delle Georgia – sempre più in orbita Nato – sono lì a dimostrarlo.
“La repubblica di Bielorussia è interessata a mantenere e sviluppare un dialogo con la Nato. Ciò è naturale, dato che l’alleanza è un attore politico di livello mondiale”, ha osservato il ministero della Difesa di Minsk aggiungendo che “dobbiamo mantenere questo dialogo, almeno per alleviare le tensioni e garantire la trasparenza dei processi che si svolgono oggi nel quadro della militarizzazione della regione europea”.
Anche a Minsk sono quindi preoccupati per quanto sta avvenendo nell’Europa dell’Est ed in particolare nella regione del Baltico, nuovo “confine caldo” tra Occidente e Oriente, tra Nato e Russia, che vede il confronto quasi quotidiano tra le rispettive Forze Armate nei cieli e nei mari.
Se aggiungiamo che i rapporti tra Bielorussia e Russia non siano stati propriamente idilliaci nel corso di questi anni, anzi, hanno dimostrato una certa malcelata “insofferenza” di Minsk verso le politiche accentranti del Cremlino. Al netto delle esercitazioni congiunte che vengono effettuate periodicamente con Mosca, come Enduring Brotherhood, Slavic Brotherhood o la ben più grande Zapad (che in russo significa “Occidente”), la Bielorussia continua ad avere un forte sentimento indipendentista che spesso cozza con la volontà russa di ricondurla in seno alla “madre patria slava”.
Si ricorda, ad esempio, le prese di posizione del leader bielorusso Lukashenko in favore di Kiev dello scorso dicembre proprio davanti alla stampa russa accusata, in quell’occasione, di essere faziosa perché dipinge, secondo lui a torto, i dirigenti ucraini come nemici; sempre Lukashenko non esitò ad accusare Mosca di mirare ad annettere la Bielorussia usando le forniture di petrolio e gas, finora vitali per il Paese, come strumento di ricatto. E precisando, ad ogni buon conto, che per Minsk “la sovranità è sacra”.
Un rapporto di amore e odio quindi, quello tra le due capitali, sebbene risulti naturale che la Bielorussia, per questioni storiche, culturali e soprattutto strategiche, sia legata a doppio filo alle sorti della Russia, e viceversa.
Minsk rassicura Mosca
Coscienti forse del fatto che Mosca ritenga Minsk fondamentale per la propria sicurezza, al ministero della Difesa bielorusso hanno cercato di tranquillizzare il Cremlino per questa “doccia fredda” di fine anno.
Il ministero bielorusso ha infatti sottolineato che nella costruzione del dialogo e della cooperazione militare con la Nato e gli stati membri dell’Alleanza, a Minsk si procede coscienti del fatto che “la Federazione Russa è un alleato strategico della Repubblica di Bielorussia e la Repubblica di Bielorussia è un membro della Csto e della Csi”.
La Csto (Collective Security Treaty Organization), l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (in russo Organizatsiya Dogovora o Kollektivnoy Bezopasnosti) è un’alleanza difensiva creata il 15 maggio 1992 da sei nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti. Da queste ne sono usciti la Georgia, l’Azerbaigian e l’Uzbekistan mentre si sta valutando l’ingresso dell’Iran mentre Afghanistan e Serbia hanno lo status di osservatori.
Il ministero della Difesa considera poi “un’esagerazione affermare che la cooperazione con la Nato in campo militare è condotta ad alto livello” e che “non esiste un dialogo regolare tra i rappresentanti della leadership militare dello Stato e i funzionari competenti della componente militare dell’alleanza”.
Tali parole vanno proprio lette come una rassicurazione a Mosca che, dopo aver perso l’Ucraina ormai nell’orbita dell’Occidente e sempre più vicina a entrare nella Nato, non può permettersi che anche la Bielorussia intraprenda la stessa strada: la strategia russa, sin dai tempi degli Zar, è quella di difendere i propri confini occidentali, dai quali sono sempre giunte le invasioni, allontanandoli – quindi espandendoli – dal cuore industriale, culturale e demografico della Russia rappresentato dal bassopiano Sarmatico.
Perdere anche la Bielorussia significherebbe esporre la Russia a una grave insicurezza di tipo esistenziale, e al Cremlino non sono disposti nemmeno a immaginare una simile eventualità.
Rapporti con l’Italia?
Il ministero ha osservato che la Bielorussia è pronta a sviluppare la cooperazione con l’Alleanza nell’ottica della politica estera “multi-vettore” dello Stato che ha come finalità mantenere relazioni amichevoli e di buon vicinato con i partner stranieri, come abbiamo già visto. C’è però dell’altro.
Minsk ha precisato che “nel contesto della preparazione allo schieramento di un’unità di mantenimento della pace nel contingente italiano nella missione della forza interinale delle Nazioni Unite in Libano, la possibilità di condurre una missione congiunta è davvero studiata coi rappresentanti delle Forze Armate della Repubblica italiana”. “In questo caso, stiamo parlando di migliorare la coerenza delle unità operative per mantenere la pace e la sicurezza internazionali”, ha spiegato il ministero della Difesa, in quanto un piccolo contingente di soldati bielorussi risulta già presente in seno alla forza di pace della missione Unifil che conta circa 10mila soldati provenienti da 37 Paesi del mondo.
Al momento le parole di Minsk non trovano nessuna conferma da parte italiana, ma non ci stupirebbe affatto se la Bielorussia guardasse al nostro Paese come ad un possibile interlocutore preferenziale tra i membri della Nato: almeno ufficiosamente, e solamente a livello del “sentire politico” di alcuni partiti che potrebbero tornare a diventare di governo, sono stati espressi sentimenti di “apertura” verso la Russia, che però, è bene sottolinearlo, non hanno mai portato a effettive decisioni di politica estera in tal senso, né nel consesso dell’Ue, né in quello ben più essenziale ed importante, anche per il caso in questione, della Nato.
Partecipando alle attività del programma Partnership for Peace in settori quali la risposta alle emergenze naturali e alle crisi militari, l’antiterrorismo e la tratta di esseri umani, la protezione delle frontiere e la ricerca scientifica, “la Repubblica di Bielorussia è interessata allo sviluppo di capacità pertinenti, mirate a contrastare nuove sfide e minacce alla sicurezza internazionale ” è stato affermato dal ministro della Difesa, e questo sottolinea proprio la sensazione di insicurezza di Minsk nel mutato quadro politico internazionale dell’Europa dell’Est.