La battaglia per il controllo della Siria e principalmente per la parte nord del Paese non si gioca solo sul terreno di battaglia, ma anche all’interno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il 20 dicembre la Cina e la Russia hanno posto il veto sul rinnovo della Risoluzione 2165, adottata per consentire alle agenzie umanitarie di entrare in Siria attraverso quattro corridoi aperti al confine con Turchia, Iraq e Giordania. La posizione assunta dai due membri permanenti del Consiglio ha messo in pericolo la tenuta della Risoluzione, che scadrà il 10 gennaio, dando inizio a una battaglia diplomatica tra i veri protagonisti della guerra in Siria: Turchia, Russia e Stati Uniti. Ma il tempo questa volta scarseggia.
Gli obiettivi di Russia e Turchia
La Risoluzione 2165 è stata adottata dalle Nazioni Unite nel 2014 per aggirare il blocco imposto dal governo siriano agli aiuti umanitari diretti verso i territori che non erano più sotto il diretto controllo del presidente Bashar al Assad. Grazie a questa Risoluzione, le Ong sono riuscite a fornire aiuto ai milioni di siriani che vivevano nelle aree maggiormente interessate dalla guerra e in cui il Governo non riusciva più ad arrivare. Adesso però la situazione rischia di cambiare: la Risoluzione scade infatti il 10 gennaio 2020, ma questa volta il suo rinnovo non sarà semplice come in passato. La Russia, maggior alleato del presidente siriano, vorrebbe la chiusura dei corridoi che passano per Iraq e Giordania, lasciando invece aperti i due che si trovano al confine con la Turchia.
L’obiettivo russo è isolare ancora di più i curdi che ancora resistono nel nord est della Siria e ostacolare ulteriormente la permanenza delle truppe statunitensi in quella stessa area. La chiusura del corridoio Yaroubiuyeh (in Iraq) infliggerebbe un duri colpo al Rojava in termini di vie di approvvigionamento, con grossi danni soprattutto per la popolazione locale e per i profughi interni che hanno cercato rifugio nell’area a seguito dell’ultima offensiva turca. Da Yaroubiuyeh passano infatti gli aiuti diretti verso il campo di Al-Hol, in cui risiedono ancora più di 60 mila persone, e alla zona che va da Deir Ezzor a Manbij. La chiusura della frontiera con l’’raq inoltre sarebbe una brutta notizia anche per gli Stati Uniti, che dopo il dietrofront del presidente Trump hanno deciso di mantenere parte delle truppe in territorio curdo per difendere i pozzi di petrolio presenti nell’area.
Come se ciò non bastasse, la Turchia ha avanzato la proposta di aprire un terzo corridoio lungo il proprio confine che colleghi il Paese anatolico con la parte del nord est siriano, passato di recente sotto il suo controllo. In questo modo Ankara mira a rafforzare la proprio presenza nell’area, anche in vista della realizzazione del piano di ricollocamento dei profughi ideato da Erdogan. La chiusura di Yaroubiyeh e la creazione di un nuovo corridoio a Tel Abyad sarebbero una vittoria per la Turchia, ma anche per la Russia e Assad. Il presidente siriano ha ormai riconquistato buona parte della Siria e insieme al suo alleato Putin mira adesso a riprendere il controllo del Rojava, motivo per cui avrebbe tutto l’interesse a vedere chiuso il corridoio iracheno.
Allo stato attuale le negoziazioni all’interno del Consiglio di Sicurezza sono ancora aperte e difficilmente si concluderanno il 10 gennaio con un rigetto totale della Risoluzione 2165. La chiusura di tutti e quattro i corridoi attualmente esistenti non sarebbe vantaggiosa per nessuna delle parti coinvolte e rischierebbe di inasprire i rapporti tra la Russia e la Turchia, che ha tutto l’interesse nel preservare intatto l’accesso al territorio siriano sotto il suo controllo diretto e indiretto. Quale che sia la decisione finale del Consiglio, a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i civili siriani.