L’arte è storia, cultura, per certi versi eternità. Nell’arte si leggono le radici sociali, culturali, religiose dei popoli e delle nazioni: in Italia questo lo sappiamo bene e, forse, lo stiamo dimenticando, abituati come siamo da Nord a Sud a una densità di opere d’arte, tesori e ricchezze senza paragoni nel resto del mondo. Non è retorica: lo testimoniano i 54 siti italiani inseriti nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Accanto a questo dato di fatto, vi sono in ogni caso diverse problematiche. Problematiche di tutela e valorizzazione, certo, ma anche di rispetto dei diritti di proprietà sulle opere d’arte. E per l’Italia risulta, in particolare, difficoltoso avere accesso alla restituzione delle centinaia di opere d’arte, dipinti, statue e sculture soprattutto, che sono stati sottratti al Paese nel contesto delle diverse invasioni subite nel passato e, in particolare, ai tempi della calata di Napoleone a inizio XIX secolo e dell’occupazione tedesca tra il 1943 e il 1945.
Il direttore tedesco degli Uffizi accusa la Germania
Proprio un tedesco, il direttore degli Uffizi Erkie Schmidt, ha sollevato questo tema. Dimostrando un senso di rispetto per l’universalità della cultura italiana che è encomiabile, infatti, Schmidt ha lanciato a inizio anno un appello “affinché possa essere finalmente restituito alle Gallerie degli Uffizi di Firenze il celebre ‘Vaso di Fiori’ del pittore olandese Jan van Huysum, rubato da soldati nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e, attualmente, nella disponibilità di una famiglia tedesca che, dopo tutto questo tempo, non l’ha ancora reso al museo, nonostante le numerose richieste da parte dello Stato italiano”.
Come segnala Tpi, il dipinto di cui parla Schmidt “è il capolavoro di Jan van Huysum (Amsterdam 1682-1749), pittore di nature morte. Il quadro appartiene alla collezione di Palazzo Pitti, a Firenze, fin dal 1824. Per un secolo è stato appeso nella sala dei Putti, fino al 1940, quando la reggia fu evacuata. Il dipinto fu portato nella villa medicea di Poggio a Caiano. Nel 1943 fu spostato nella villa fiorentina Bossi Pucci. In quell’anno i soldati tedeschi lo trasferirono a Castel Giovio, in provincia di Bolzano, dove fu trafugato e portato in Germania. Da lì in poi se ne persero le tracce, fino al 1991”.
Da Napoleone a Hitler, una razzia senza precedenti
Sono stati pochi gli studiosi che in Italia hanno affrontato un tema importante per la tutela dell’arte italiana e per la conservazione di un patrimonio messo duramente alla prova dalle brame franco-tedesche. Tra questi si segnalano Salvatore Giannella, con “Operazione salvataggio”, e Alessandro Marzo Magno con il libro “Missione Grande Bellezza“.
Dall’analisi di Giannella risulta come siano oltre 1.600 le opere d’arte mancanti dal solo biennio 1943-1945, mentre, come scrive Antonio Socci, “il libro di Marzo Magno dovrebbe essere letto in tutte le scuole. Infatti questa vicenda fa anche riflettere su come, nel corso dei secoli, francesi e tedeschi (con Napoleone gli uni e con Hitler gli altri) hanno concepito l’unificazione del continente: come una loro conquista, per sottomettere gli altri popoli europei. L’Italia è sempre stata considerata terra di conquista ed essendo uno scrigno unico al mondo di bellezza, è stato trattato come un santuario da saccheggiare. Colpisce però il silenzio di gran parte della cultura italiana e della politica su questa vicenda”, forse imbarazzante in un contesto di dominante retorica di “solidarietà” europea. E il fatto che sia stato proprio un tedesco a rompere gli indugi in favore dell’arte italiana è indicativo.
Le mosse di Bonisoli
Ultimamente a livello istituzionale qualcosa si sta muovendo. Il Ministro dei Beni Artistici e Culturali Alberto Bonisoli, infatti, ha convocato nella giornata del 9 gennaio scorso ha convocato la riunione del comitato istituzionale sulle opere trafugate alla presenza di un pezzo da novanta della diplomazia italiana, il Segretario generale del Ministero degli Esteri, Elisabetta Belloni, con cui è in corso un percorso di contatto continuo per la restituzione del “Vaso di fiori” e per la risoluzione di altri casi come quello del famoso “Atleta di Lisippo” conservato al Getty di New York, che la Cassazione ha riconosciuto essere di proprietà italiana.
Italia e Francia litigano su Leonardo
Ma non solo: il governo intende avviare una politica di ampia mappatura dei prestiti di opere d’arte italiane accordate ad altri Paesi, partendo dall’autore per eccellenza della nostra pittura, Leonardo da Vinci. Il 2019 segna il cinquecentesimo anniversario della morte di Leonardo e, di recente, è nato un contenzioso sul prestito di alcune opere del genio toscano a dei musei francesi per delle iniziative organizzate sin dal 2017.
Ora, l’iniziativa è stata messa in discussione dal sottosegretario del Mibac, la leghista Lucia Borgonzoli: “Quando si parla di opere legate a possibili scambi”, ha dichiarato la Borgonzoli in una nota, “si intendono alcuni disegni, o quadri di terzi, non di Leonardo, previo un accordo che chiarisca cosa arriverà in Italia per Raffaello 2020. Per quanto riguarda i disegni, non certo l’Uomo vitruviano o l’Autoritratto che, come tutti dovrebbero sapere, oltre a rientrare in progetti dei rispettivi musei, hanno un periodo limitato di esposizione e, per aspetti di tutela, per anni non possono più essere esposti”.
“La priorità per questo governo è diametralmente opposta alla politica portata avanti da quello precedente: ricordare Leonardo da ogni punto di vista e non limitarsi esclusivamente al Leonardo inventore”, sottolinea il sottosegretario. Bonisoli ha provato a gettare acqua sul fuoco auspicando, davanti all’Aise, “un accordo il più ampio possibile”. In questo contesto, Fratelli d’Italia ha proposto una “preferenza nazionale” in Commissione Cultura alla Camera, capace di fornire corsie preferenziali ai musei italiani che richiedono opere d’arte di artisti nazionali.
La polemica è ben lungi dallo spegnersi. Ma il contesto generale ci porta a ricordare come, in fondo, anche l’arte sia politica. Quando scendono in campo principi come le radici e le identità di un Paese, che geni come Leonardo personificano in maniera assoluta, ciò risulta quasi inevitabile.