«Durante il mio recente viaggio in Medio Oriente ho ribadito il fatto che non è più possibile finanziare l’ideologia radicale. I leader hanno indicato il Qatar». Questo il tweet del presidente statunitense Donald Trump rispetto alla decisione di Bahrein, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Maldive e Libia di sospendere i rapporti diplomatici con Doha, accusata di «finanziare il terrorismo».La strategia di Trump è quella di sposare la visione saudita del Medio Oriente, appoggiata da Israele: da un lato, dunque, l’obiettivo è quello di isolare il Qatar, rivale dell’Arabia Saudita per l’egemonia nel Golfo Persico nonché sponsor dell’organizzazione transnazionale della Fratellanza Musulmana e dell’Islam Politico; dall’altro quello di mettere sullo stesso piano la lotta contro il Califfato a quella nei confronti della Repubblica Islamica dell’Iran e della sua influenza nella regione, nonostante Tehran sia in prima linea su più fronti nel combattere il terrorismo islamista e il radicalismo jihadista, come i recenti attentati dimostrano. A complicare l’isolamento saudita del Qatar c’è però un dato oggettivo che preoccupa la diplomazia statunitense, a dispetto delle dichiarazioni entusiastiche del presidente Trump: la presenza militare Usa nell’Emirato.La più grande base Usa nel Medio Oriente è in QatarCome riporta Abc News, nel corso di una conferenza stampa svoltasi lunedì a Sydney, in Australia, il Segretario di Stato americano Rex Tillerson e il Segretario alla Difesa James Mattis hanno assunto una posizione decisamente più cauta e prudente rispetto a quella di Donald Trump. «Penso che quello a cui stiamo assistendo sia il frutto di malumori che persistono da qualche tempo e sono arrivati a un livello tale che alcuni Paesi hanno deciso di agire – ha affermato Tillerson – Noi certamente cerchiamo di incoraggiare le parti a sedersi attorno a un tavolo insieme e ad affrontare le divergenze».A sud-ovest di Doha, infatti, ha sede una delle più grandi basi militari Usa di tutto il Medio Oriente, Al Udeid, anche conosciuta come Abu Nakhlah Airport, in cui lavorano oltre 11 mila militari americani e della coalizione occidentale e dove stanziano più di 100 caccia da guerra. Secondo l’Air Force, ad Al Udeid ogni 10 minuti un aereo americano atterra. La base ospita il quartier generale del commando centrale dell’aeronautica degli Stati Uniti, la divisione no. 83 della Air Force britannica e la 379esima divisione aerea Usa, oltre a essere la sede dell’aeronautica militare dell’Emirato del Qatar. In una nota, l’aeronautica statunitense ha confermato di non aver interrotto le missioni «a sostegno delle operazioni in corso in tutta la regione».Il Pentagono contro TrumpIn una dichiarazione ufficiale riportata dall’agenzia di stampa Reuters, il Pentagono ha rinnovato il proprio apprezzamento per «il duraturo impegno per la sicurezza regionale» messo in campo da Doha e per ospitare l’importante base aerea statunitense. Nella giornata di lunedì, i funzionari governativi di Washington hanno ribadito la volontà di ricucire lo strappo e di calmare le acque tra Qatar e Arabia Saudita, affermando che il piccolo stato del Golfo è troppo importante per gli interessi militari e diplomatici degli Stati Uniti per essere isolato.La difesa del portavoce della Casa Bianca«Gli Stati Uniti stanno discutendo con tutte le parti in Medio Oriente al fine di risolvere i problemi e ripristinare la cooperazione» – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer. «Gli Stati Uniti vogliono che la crisi venga risolta il prima possibile, in linea con i principi che il presidente Trump si è prefissato allo scopo di sconfiggere il terrorismo e l’estremismo». La posta in gioco è altissima e il tentativo delle agenzie governative Usa, al momento, è quello di mitigare le tensioni fra i Paesi del Golfo. Attorno alla base di Al Udeid gravitano troppi interessi strategici e militari.
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