La Turchia continua nelle provocazioni a largo di Cipro, dove nell’area destinata alle operazioni di Eni e Total sta operando da giorni la nave Yavuz, e l’Europa adesso potrebbe correre ai ripari. E l’uso del condizionale non è casuale: il vecchio continente dovrebbe a breve lanciare nuove sanzioni contro Ankara, ma non è detto che lo faccia. E non è detto, soprattutto, che le misure possano in qualche modo scoraggiare Erdogan dai suoi propositi volti a rivendicare parte degli idrocarburi ciprioti. A pesare, sulle scelta di Bruxelles, sono i timori della Germania.
Il perché delle (possibili) sanzioni
La questione, come già spiegato su InsideOver, va avanti da diversi mesi e ruota attorno alla posizione della Turchia in merito la querelle sugli idrocarburi scoperto dinnanzi le coste cipriote. Secondo Ankara, anche la Repubblica turca stanziata nella parte settentrionale di Cipro, riconosciuta solo dal paese anatolico, ha diritto a partecipare allo sfruttamento delle risorse energetiche. Una posizione inconciliabile sia con quella del governo cipriota riconosciuto dall’Onu ed interno all’Ue, sia con il diritto internazionale. Infatti, soltanto la Repubblica di Cipro può amministrare e gestire i giacimenti attorno l’isola. I bandi emanati pochi anni fa, hanno visto peraltro l’italiana Eni e la francese Total recitare la parte degli attori protagonisti. Entrambe le società infatti, si sono aggiudicate diversi diritti di esplorazione e sfruttamento in alcuni lotti individuati dal governo di Nicosia.
Già questa estate sia Cipro che la Grecia avevano fatto pressioni all’Ue affinché si potesse intervenire contro la Turchia, la quale dall’inizio del 2019 aveva inviato quattro navi nell’area rivendicata dalla Repubblica turca di Cipro. Sono scattate alcune sanzioni, che però da Ankara hanno giudicato “non meritevoli di interesse”. Un modo per dire che le prime misure dell’Ue non avrebbero comportato un dietrofront della Turchia. La questione è tornata centrale dallo scorso 18 gennaio quando, come detto prima, la nave Yavuz si è posizionata in uno specchio d’acqua dove in realtà dovrebbero operare mezzi dell’Eni e della Total. A questo punto da Bruxelles è emersa la volontà dei ministri degli esteri dell’Ue di introdurre nuove sanzioni. Così come emerso su Repubblica, entro questa settimana dovrebbe arrivare l’accordo definitivo dei 27 paesi dell’Unione Europea per avviare nuove misure contro la Turchia.
Una bozza sarebbe già in discussione, il via libera dovrebbe arrivare entro venerdì e le nuove sanzioni scattare ufficialmente entro due settimane. Ma c’è incertezza sulla loro consistenza e soprattutto sulla loro reale applicazione.
La “prudenza” della Germania
Molte dunque le incognite, nonostante un primo potenziale accordo interno all’Ue. Non dovrebbero infatti essere colpiti personaggi politici responsabili delle decisioni di inviare le navi turche a largo di Cipro. Né tanto meno dovrebbero essere prese di mira le aziende che in questi giorni stanno lavorando nel tratto di mare interessato. Le sanzioni, al contrario, dovrebbero colpire soltanto singole persone fisiche responsabili delle società operanti vicino le coste cipriote. Dunque, la risposta europea si presenta già deficitaria: agli occhi di Ankara, le sanzioni potrebbero apparire blande e “timide”. Proprio come questa estate, difficilmente il governo turco si mostrerà intenzionato ad arretrare dalle proprie rivendicazioni per via delle nuove misure europee.
E poi, come detto ad inizio articolo, non è detto che le sanzioni vengano definitivamente approvate per via dello stop che potrebbe arrivare da Berlino. Angela Merkel, alle prese con una sempre più persistente crisi di popolarità, teme una contro ritorsione da parte del presidente turco Erdogan. Quest’ultimo non ha mai fatto mistero di voler riaprire le frontiere e permettere a 3.5 milioni di profughi siriani di percorrere nuovamente la rotta balcanica. La Germania ha sempre preso sul serio le minacce giunte negli ultimi mesi da Ankara, il cui governo dal 2016 riceve tre miliardi di Euro all’anno dall’Europa per tenere dentro il proprio territorio i migranti siriani. Proprio tra il 2015 ed il 2016, l’afflusso di migliaia di profughi verso l’est Europa e la Germania ha creato grattacapi politici ad Angela Merkel che hanno poi portato Bruxelles a stringere il patto sopra descritto con la Turchia.
Il vecchio continente dunque, su pressione tedesca potrebbe reagire in modo timido oppure astenersi dal prendere nuove misure contro Ankara e sottostare a quello che è sempre apparso un vero e proprio ricatto di Erdogan. E le navi turche a largo di Cipro dunque, potrebbero continuare ad operare indisturbate. A discapito di Nicosia, ma anche dell’Italia e della Francia.