In Algeria è tempo di tornare al voto. Lo si fa a distanza di circa 18 mesi dall’ultima volta, quando gli elettori hanno scelto Abdelmadjid Tebboune quale nuovo presidente dopo l’era Bouteflika. Adesso gli algerini sono chiamati a scegliere i membri del nuovo parlamento. In comune con le ultime votazioni c’è il fatto che il Paese non ha mai cessato di vivere nel bel mezzo delle manifestazioni coordinate dal movimento Hirak. Si tratta dei moti di protesta sorti nel febbraio 2019 contro l’ipotesi della ricandidatura di Bouteflika e che ancora oggi stanno andando avanti, soprattutto tra le fasce più giovani della società civile. Le elezioni legislative del prossimo 13 giugno appaiono quindi molto delicate, tanto per il presente quanto per il futuro del Paese nordafricano.

La possibile avanzata islamista

Le prossime consultazioni saranno caratterizzate da almeno due importanti novità. In primis, è la prima volta che si vota dall’introduzione di una nuova costituzione, approvata nello scorso mese di novembre. Secondo la nuova carta fondamentale, il capo del governo deve essere scelto tra i rappresentanti del partito che ha ottenuto più seggi. In precedenza invece, era il presidente a scegliere il nome del primo ministro. In secondo luogo, è la prima volta che si vota con il nuovo sistema elettorale approvato l’11 marzo scorso, il quale ha introdotto il meccanismo delle liste sono aperte e l’elettore può quindi esprimere un voto di preferenza a uno specifico candidato. Le novità introdotte in questa tornata elettorale sono state fortemente volute dal movimento Hirak, impegnato da più di due anni oramai a chiedere maggiori riforme in senso democratico. Paradossalmente però le nuove normative costituzionali ed elettorali potrebbero isolare gli stessi manifestanti e favorire altre fazioni. A partire da quelle vicine ai Fratelli Musulmani.

Gli occhi sono puntati soprattutto sul Movimento per la Società della Pace (Msp), principale formazione islamista del Paese. Si tratta di un partito dal cui forte radicamento territoriale, soprattutto nelle province più povere, che può trarre vantaggio dal sistema delle preferenze. Non esistono sondaggi veri e propri, l’unico vero indicatore per capire l’orientamento dell’elettorato è dato dal numero delle firme raccolte dai vari partiti per presentare le liste. Msp è riuscito ad accumularne 64.000, a fronte delle 57.200 ottenute dal partito centrista Rdn e delle 52.400 raccolte invece dall’Fln, il partito al governo dall’indipendenza. Quest’ultimo è stato superato da El Binaa, un altro partito islamista capace di ottenere 55.000 firme: “I primi indicatori affermano che il nostro partito è nella posizione migliore per queste elezioni”, ha dichiarato in una recente intervista ad AgenziaNova il leader di Msp, Abderezzak Makri. Dopo il voto in tanti si aspettano uno storico ribaltamento elettorale: per la prima volta dopo la guerra civile degli anni ’90, in Algeria si potrebbe ad una forte avanzata dei partiti islamisti.

Ipotesi governo di unità nazionale

Che l’ipotesi di una vittoria islamista non sia poi così remota, lo confermano le dichiarazioni rilasciate ad Al Jazeera dal presidente Tebboune. Quest’ultimo ha parlato di un islamismo algerino radicalmente diverso rispetto a quello propagandato nei Paesi vicini: “L’Algeria – si legge nelle sue dichiarazioni – si è oramai liberata dall’Islam politico e ideologico”. Affermazioni che hanno il sapore di un’apertura verso Msp e le altre formazioni vicine ai Fratelli Musulmani, riconoscendo loro una presunta diversità di approccio rispetto ai movimenti diffusi negli anni ’90 nella stessa Algeria e in quelli attualmente in ascesa in tutta la regione mediorientale. Un’apertura di credito quindi non sfuggita a molti osservatori e forse nemmeno al leader di Msp: “Nella nostra visione politica – ha dichiarato infatti Makri ad AgenziaNova – chiediamo la formazione di un governo di unità nazionale, qualunque siano i risultati, anche se raccogliamo l’80 per cento dei voti. Non intendiamo camminare da soli perché la situazione economica è molto pericolosa: serve un ampio consenso politico e sociale a sostegno del governo”.

Dopo il voto quindi, comunque vada gli islamisti potrebbero essere parte del nuovo governo. Una svolta storica a distanza di esattamente trent’anni dalle elezioni del 1991, in cui la vittoria elettorale delle formazioni religiose ha innescato la miccia di un cruento conflitto interno durato più di un decennio. Per Tebboune probabilmente adesso la minaccia non è più rappresentata dalla visione politica dell’Islam, ma dal movimento Hirak. Ed è dunque da registrare in questa ottica l’apertura verso il Msp.