Mikhail Khodorkovsky è tornato a parlare della sua visione della Russia in un’intervista al Financial Times in cui ha espresso la sua opinione sul futuro politico del nemico numero uno, Vladimir Putin. L’oligarca protagonista del Far West delle privatizzazioni della Russia degli Anni Novanta, oggi 58enne in esilio a Londra, ha parlato al quotidiano della City circa il fatto che, a suo avviso, Putin si sia infilato in un vicolo cieco.

Per Khodorkovsky, infatti, la posta in gioco in Ucraina è quella della crescita continua e serrata degli appetiti dello Zar del Cremlino. Avvisa infatti l’ex patron di Yukos: “Se non riusciamo a far fronte a questa piaga in Ucraina, dovremo affrontarla in altri territori”, dice al Financial Times aggiungendo che dopo l’ultima, improvvida mossa della Lituania che ha chiuso gli spazi aerei verso Kaliningrad, il “prossimo passo del Cremlino sarà il blocco aereo” della repubblica baltica. Uno schiaffo a Vilinius che “permetterà all’aviazione russa di volare direttamente tra la Russia e Kaliningrad”, ma porterà a un’alta tensione con la Nato.

Un anno fa Khodorkovsky puntualizzava che l’unica possibilità per una caduta di Putin poteva essere legata alle conseguenze di un “calcolo politico sbagliato risultante in una disfatta militare”. Ciò che di fatto il miliardario divenuto dissidente sembra auspicarsi è una rovina politica e militare del suo Paese capace di generare un crollo della sua attuale classe dirigente. Juan Guaidò in Venezuela ha a lungo perorato l’estensione dell’embargo contro il suo stesso popolo; la leader dell’opposizione bielorussa Svetlana Tikhanovskaya difende le sanzioni contro Minsk; Khodorkovsky va addirittura oltre. Spiega perché Putin sia pericoloso assieme alla Russia odierna, perora la difesa dell’Ucraina armi in pungo e non esclude il confronto diretto con la Nato. Ritenuto a suo dire il vero obiettivo dello Zar.

Khodorkovsky sottolinea: “Di sicuro, Putin alla fine perderà. Se vince ora in Ucraina, a causa di problemi interni, inizierà una guerra con la Nato. E alla fine perderà quella guerra. Se non fosse stato per così tante vittime, avrei detto che in realtà sono abbastanza felice, perché ha intrapreso una strada che lo porterà alla morte politica”. Ma, per Khodorkovsky, la premessa necessaria è che “questa vittoria specifica in Ucraina dipende interamente dall’Occidente” e dalla sua volontà di sostenere Kiev. Se l’Occidente fallisce ora, “potrebbe dover affrontare una frontiera molto lunga e calda in Europa, lunga 2.500 km”.

Putin, nota Khodorkovsky, è un “gangster” e sbaglia chi, come Henry Kissinger, ha proposto accomodamenti. La posizione appare decisamente drastica specie se si considera che l’autore è un uomo abituato a muoversi nelle stanze del potere della finanza ma universalmente riconosciuto, soprattutto, come il nemico politico per eccellenza del Cremlino.

Yukos negli Anni Novanta accumulò partecipazioni in infrastrutture, utilities, reti, pozzi e compagnie privatizzate in tutta la Russia e Khodorkovsky divenne per lungo tempo l’uomo più ricco del Paese. Tra i robber barons che si arricchivano nella Russia eltsiniana, Khodorkovsky fu il maggiormente sfavorito dall’ascesa di Putin dal 2000 in avanti e, assieme a Boris Berezovkij, fu travolto dall’ascesa dei nuovi, rampanti finanzieri legati al potere sempre più radicato del Cremlino. Fu Roman Abramovich in particolare a disarcionare Khodorkovsky mandando a monte la fusione tra Yukos e la sua Sibneft poco prima che, nel 2003, l’oligarca fosse arrestato per frode. Khodorkovsky ha passato dieci anni in carcere per poi trasferirsi a Londra e da lì si è trovato con l’ex rivale, putiniano di ferro, divenuto protagonista della vita rampante di Londongrad. Oggi, nel pieno del contrasto tra Russia e Occidente in cui il Regno Unito è protagonista contro Mosca, parla e ha un obiettivo chiaro: sabotare ogni sforzo di mediazione che vede protagonista figure come Abramovich e mandare un messaggio chiaro, quello che vede gli oligarchi decaduti non pronti a riaprire ogni trattativa con l’elite di Mosca prima della caduta di Putin.

A suo modo, così come “moderati” putiniani come Sergej Lavrov e Dmitri Medvedev si sono radicalizzati dopo l’invasione dell’Ucraina, anche Khodorkovsky ha alzato i toni puntando direttamente a delegittimare il suo nemico mortale, l’uomo a cui deve la sua caduta delle stelle al più incerto declino. Le sue parole segnano una spaccatura nell’élite russa e mirano a suscitare dissenso e critiche nel cerchio magico putiniano, al cui interno la finanza è stata scossa da misteriose morti e omicidi-suicidi dopo l’apertura della guerra a Est. Londongrad tramonta mentre gli oligarchi filo-Putin sono colpiti dalle sanzioni, ma non mancano i torbidi. E Khodorkovsky, il cacciatore della Russia eltsiniana, sale in cattedra a punto di riferimento della “diaspora” locale. Con l’obiettivo chiaro di vedere prima o poi una Russia deputinizzata a qualunque costo per il Paese e il popolo.