Il 2021 è cominciato all’insegna del riformismo in Kazakistan. All’indomani delle ultime parlamentari, avvenute il 10 gennaio, il presidente Qasym-Jomart Toqaev ha proposto alle Camere un nuovo pacchetto di riforme in materia di sistema politico e diritti umani.

Tre anni, tre pacchetti di riforme

Quello presentato da Toqaev nell’immediato dopo-elezioni, e che sta venendo dibattuto in questi giorni, è il terzo pacchetto di riforme da quando ha assunto la presidenza nel marzo di tre anni or sono. La strategia di Toqaev appare chiara: un macro-pacchetto all’anno, quindi uno nel 2019, uno nel 2020 ed uno nel 2021.

Le prime due ondate di riforme hanno permesso di raggiungere dei traguardi importanti come, ad esempio, l’istituzionalizzazione dell’opposizione politica, il ricambio generazionale nella dirigenza, la fine della burocrazia quale strumento per ostacolare l’attivismo politico, e il potenziamento della legislazione contro la tortura e il traffico di esseri umani.

Cosa propone Toqaev?

Il terzo pacchetto, proposto da Toqaev in sede di parlamento nella giornata del 15 gennaio e attualmente in fase di discussione, combina le tematiche trattate dei predecessori, ovvero modernizzazione politica e consolidamento dei diritti umani, ed è stato anticipato dall’abolizione della pena di morte.

Uno dei più importanti piani sottoposti all’attenzione delle Camere riguarda l’abbassamento della soglia di sbarramento per entrare nella camera bassa del parlamento. Allo stato attuale, un partito ha bisogno di ottenere il 7% dei suffragi per poter accedere alla ripartizione dei seggi; Toqaev, guidato dall’obiettivo di alimentare la nascita di un ambiente quanto più pluralistico e competitivo, ha chiesto di portare tale limite al 5%.

La proposta più curiosa, invece, riguarda la legittimazione del voto di protesta. Il presidente, infatti, ha suggerito di introdurre l’opzione del “contro tutti” nelle schede elettorali, un mezzo ideato allo scopo di nutrire il dialogo tra istituzioni e popolo e che darebbe a quest’ultimo il potere di “esprimere la propria opinione sulla situazione politica nel Paese, oppure il suo disappunto”.

Scollegato al tema del voto di protesta, ma pertinente all’intenzione di ascoltare realmente la società ed aprire con essa un canale di dialogo, si inquadrano i propositi di legalizzare l’istituto delle petizioni civili in rete e di superare la tradizione dei capi-distretto e dei capi-villaggio nominati direttamente dai governatori delle regioni, i quali, già da quest’anno, in alcune aree potrebbero iniziare ad essere eletti dalla cittadinanza.

Infine, Toqaev ha illustrato un piano per migliorare il rispetto dei diritti umani in Kazakistan ed uno per evitare che la politica perda il contatto con la realtà giovanile. Il primo riguarda il potenziamento della figura del Commissario per i diritti umani, la cui burocrazia verrebbe snellita e le cui attività di monitoraggio riceverebbero un forte impulso a mezzo della creazione di uffici in ogni regione. Il secondo prevede l’adozione di un indice di sviluppo per misurare l’efficacia delle politiche giovanili.

Potenziare il moto di democratizzazione

Il pacchetto di riforme ha ricevuto una calda accoglienza sia nella società che in sede politica. Le iniziative, in effetti, lungi dal riguardare la semplice burocrazia e dal parlare il burocratese, coinvolgono una vasta gamma di settori e sembrano progettate per venire effettivamente incontro ad un’opinione pubblica che chiede un cambiamento nelle direzioni del pluralismo del pensiero, del dialogo dal basso verso l’alto e della prosperità.

Le riforme illustrate da Toqaev premettono e promettono di apportare ulteriore linfa vitale al moto di democratizzazione della politica e della società che da ormai tre anni sta riscrivendo l’immagine del Kazakistan, più che mai proiettato verso il futuro e con lo sguardo rivolto ad un orizzonte vasto e sfaccettato dove sembra esserci spazio per tutto, come l’accettazione di un sistema pluralistico, e per chiunque, come i giovani.

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