Nonostante l’annunciato ritiro delle truppe americane dalla Siria, l’amministrazione Trump non ha alcuna intenzione di rinunciare alla “massima pressione” verso il principale alleato di Damasco insieme alla Russia, ossia l’Iran. Trump ha definito le agenzie di intelligence “ingenue” dopo che queste ultime hanno dichiarato nel loro rapporto annuale che l’Iran non rappresenta nessuna minaccia atomica e rispetta il trattato del 2015 stracciato proprio dall’amministrazione Usa.
“Il popolo dell’Intelligence sembra essere estremamente passivo e ingenuo quando si tratta dei pericoli dell’Iran”, ha scritto il presidente su twitter. “Si sbagliano!”. “Stanno testando i missili (la settimana scorsa) e altro, e stanno arrivando molto vicino al limite”, ha continuato. “L’economia ora è vicina al collasso, che è l’unica cosa che li trattiene. State attenti. Forse l’intelligence dovrebbe tornare a scuola!”. Oltre all’ostilità verso Teheran, i problemi interni di Donald Trump, uniti all’attuale composizione del suo team di politica estera – in particolare i falchi John Bolton e Mike Pompeo – potrebbero spingerlo verso azioni ancora più aggressive verso Teheran – ad oggi demandante in terra siriana al principale alleato regionale di Washington, Israele.
Come conferma The Hill, infatti, non più tardi di due settimane fa John Bolton, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Trump, ha chiesto al Pentagono opzioni militari contro l’Iran. Un messaggio che non è di certo passato inosservato.
Massima pressione contro Teheran: obiettivo Regime change
Donald Trump potrebbe decidere di spostare tutta l’attenzione dai suoi problemi domestici – l’inchiesta sul Russiagate, l’ipotesi impeachment – verso una politica estera intervista. Allo stesso tempo, i principali consulenti di politica estera di Trump hanno sparato per anni in una guerra contro l’Iran. Secondo notizie recenti, l’ex capo del Pentagono James Mattis avrebbe fermato un piano, architettato proprio da John Bolton, che prevedeva una ritorsione militare contro la Repubblica Islamica dopo un presunto attacco di mortaio da parte di una milizia sciita che ha rischiato di colpire l’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad, in Iraq. Episodio nel quale Teheran non era nemmeno direttamente coinvolta.
Come nota Jim Lobe su LobeLog, dopo l’addio di James Mattis “c’è la convinzione che Bolton stia cercando un pretesto per un attacco” contro l’Iran o i suoi alleati regionali. In effetti, prosegue, John Bolton “era un accanito sostenitore della guerra in Iraq e fece false affermazioni per giustificare l’invasione del 2003”. Da allora, prosegue, “ha dedicato grande parte della sua carriera, lavorando a stretto contatto come ambasciatore presso le Nazioni Unite o con l’ex vicepresidente Dick Cheney e gli israeliani, per preparare una guerra contro l’Iran o promuovere un cambio di regime”. All’inizio di questo mese, per esempio, il consigliera per la sicurezza nazionale ha detto che non vi sono dubbi fatto che l’Iran sia impegnato nella costruzione di un’arma nucleare – anche se l’intelligence lo smentisce.
I falchi anti-Iran nella squadra di John Bolton
Non è affatto un caso se, nelle ultime settimane, John Bolton abbia rafforzato il suo staff con due falchi anti-Iran come Charles Kupperman e Richard Goldberg. Quest’ultimo, come riporta The National Interest, “considera il regime di Teheran simile all’Unione Sovietica, un centro di una controcultura globale anti-americana” che occorre far cadere attraverso un cambio di regime.
E sebbene non sia stato ancora nominato ufficialmente nel personale del Consiglio di sicurezza nazionale (Nsc), David Wurmser, uno degli architetti intellettuali della guerra in Iraq, che ha lavorato a stretto contatto sia con Bolton sia con Cheney, è stato visto spesso alle riunioni.
In questo scenario, qualsiasi probabile incidente che possa coinvolgere l’Iran da una parte e Arabia Saudita o Israele dall’altra, potrebbe spingere gli americani a intervenire. Il fatto che Bolton abbia allertato il Pentagono per un episodio minore, dove l’Iran non era nemmeno direttamente coinvolto, la dice lunga sulle reali intenzioni di John Bolton – il quale, dopo l’addio di Mattis, è diventato sempre più potente e influente all’interno dell’amministrazione Trump.