Un fronte unito che va dal Partito Comunista ai moderati del Partito Socialista passando per i Verdi e per La Francia Indomita (LFI) di Jean-Luc-Melenchon. La nascita della Nuova Unione Ecologista Popolare e Socialista (Nupes) ha aperto un nuovo capitolo per la sinistra francese, reduce da anni di sconfitte alle elezioni nazionali. L’obiettivo di questa alleanza è quello di vincere consultazioni legislative di giugno e di far sì che Melenchon diventi Primo Ministro. LFI è il perno della coalizione, grazie all’ottimo terzo posto (e ballottaggio sfiorato) ottenuto da Melenchon alle presidenziali di aprile.
Nupes presenterà un candidato unico in ogni collegio elettorale e la ripartizione avverrà in base alla forza dei singoli partiti: LFI ne avrà 350, I Verdi 100, i Socialisti 70 ed i Comunisti 50. Ogni schieramento avrà diritto a 15 collegi sicuri, con la garanzia di poter formare un gruppo parlamentare autonomo. I punti chiave del programma politico sono quelli di LFI: salario minimo di 1400 euro, sostegno economico ai giovani, prezzi congelati per i beni di prima necessità, più tasse per i più ricchi, pensionamento anticipato a 60 anni, transizione verde e nascita della Sesta Repubblica, che vedrà un trasferimento di poteri dall’esecutivo al legislativo.
Il quadro elettorale non è chiaro
Un sondaggio, recentemente pubblicato dall’istituto demoscopico Ifop, ha chiarito che la nuova alleanza della sinistra francese vincerebbe il primo turno delle elezioni parlamentari con il 28% dei voti seguita da Rinascita, il nuovo partito centrista di Emmanuel Macron e dal Raggruppamento Nazionale di Marine Le Pen. La sinistra, come evidenziato da Deutsche Welle, mira ad ottenere una “coabitazione”, un’evenienza piuttosto rara in Francia che vede il Presidente ed il gruppo dominante in Parlamento appartenere a partiti diversi. In questo caso il Capo di Stato è costretto a nominare premier un rappresentante del gruppo e a governare con lui trasformandosi in un’anatra zoppa, che faticherebbe a realizzare la propria agenda politica. Qualcosa di simile avviene negli Stati Uniti quando il partito del Presidente non ottiene la maggioranza in Parlamento oppure la perde in seguito alle elezioni di metà mandato. Non è detto, però, che i risultati del primo turno siano indicativi perché le elezioni nei 577 collegi si svolgono con un sistema maggioritario e, se nessuno ottiene la maggioranza assoluta in prima battuta, è previsto un secondo turno tra i candidati meglio piazzati.
Le spiegazioni degli esperti
Il politologo Roberto d’Alimonte ha ricordato, sul sito del Sole24ore, che da quando sono stati introdotti, nel 2000, il mandato presidenziale di cinque anni e la data delle elezioni legislative a ridosso delle presidenziali non è mai successo che il Presidente eletto non abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi. Un sondaggio di Harris Interactive ha rivelato che al primo turno la sinistra come gruppo unico potrebbe raccogliere il 33% dei voti ma al secondo fermarsi a 100 seggi contro i quasi 300 di Macron.
Mathieu Gallard, direttore di Ipsos, ha spiegato a Le Monde che “non possiamo sovrapporre i risultati di un elezioni nazionale su 577 collegi elettorali perché gli equilibri di potere del primo turno dell’elezione presidenziale non sono automaticamente gli stessi di quella legislativa”. Il ruolo giocato, a livello locale, dai candidati può rivelarsi un fattore di cambiamento ed imprevedibilità. Le Monde, per chiarire questo concetto, porta come esempio il caso di Nicolas Dupont-Aignan, rieletto per 25 anni ed anche nel 2017 quando, nonostante il 4.7 per cento dei voti all’elezione presidenziale, ha sconfitto il candidato macronista.