È da metà ottobre che il nome di Itamar Ben-Gvir affiora sui giornali israeliani e viene descritto come l’uomo che ha il potere di decidere gli esiti delle elezioni parlamentari in previsione l’1 novembre. Si tratta delle quinte elezioni in quattro anni in Israele, in seguito alle dimissioni di Naftali Bennett risalenti a giugno. A Bennet è subentrato il politico centrista e ex giornalista televisivo Yair Lapid, attualmente leader del Paese fino alla formazione del nuovo governo.
Dopo la manifestazione del 14 ottobre a Gerusalemme, si è parlato molto dell’uomo in giacca e cravatta che durante la protesta ha tirato fuori una pistola puntandola in direzione degli attivisti palestinesi e che ha esortato la polizia israeliana a sparare. Si era presentato come “il padrone di casa”, accompagnando alle parole un gesto imponente, quello di battere la mano destra sul petto.
La polizia israeliana si trova sovente dinanzi persone che chiedono una maggiore repressione durante le proteste. Ma questa volta si è trattato di un leader politico molto influente: Itamar Ben-Gvir, 46 anni, capo del partito Jewish Power, avvocato conosciuto per le sue posizioni razziste e violente. Nelle prossime settimane potrebbe diventare un solido alleato dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, candidatosi per un nuovo mandato a capo della coalizione di destra.
La carriera politica di Ben-Gvir
Itmar Ben-Gvir, nato in una famiglia laica, si è avvicinato all’estrema destra religiosa e nazionalista tra gli anni Ottanta e Novanta, durante la Prima Intifada palestinese, la rivolta popolare attuatasi tra il 1987 e il 1993, che causò numerosi scontri e violenze. Era un adolescente quando si unì al movimento giovanile affiliato a Moldet, un partito politico di destra che appoggiava quello che gentilmente si potrebbe definire “trasferimento” degli arabi israeliani fuori dal paese.
Nel 1995 comparve in una tv israeliana mentre brandiva lo stemma dell’auto del primo ministro in carica, Yitzhak Rabin, che si trovava a fronteggiare un complesso processo di pace con i palestinesi che si concluse con gli accordi di Oslo nel 1993. In quell’occasione affermò che, se erano riusciti ad arrivare alla sua macchina, sarebbero potuti arrivare anche a lui: nel novembre dello stesso anno Rabin fu assassinato da un estremista di destra dopo una manifestazione a sostegno degli accordi di Oslo.
In questo periodo, Ben-Gvir aveva allargato i suoi orizzonti prendendo parte ad un’organizzazione estremista di più larghe vedute, Kach, fondata dal rabbino americano Meir Kahane, dichiarata fuorilegge nel 1994 a causa delle posizioni razziste anti-musulmane e degli incitamenti alla violenza nei confronti dei palestinesi. È infatti attualmente definita dall’Unione Europea un’organizzazione terroristica. Spinto dall’amore per il popolo ebraico e da una presunta giustizia, Ben-Givr aveva assunto posizioni dichiaratamente volente e razziste. Fu persino giudicato troppo estremista per il servizio di leva obbligatorio. Nel 2007 è stato poi condannato per istigazione e sostegno al partito.
Una volta trasferitosi a Kiryat Arba, colonia israeliana nella periferia della città di Hebron, ha optato per la carriera da avvocato, che lo ha poi reso noto nella rete di organizzazioni dell’estrema destra israeliana. È infatti diventato un punto di riferimento per gli estremisti ebrei che si sarebbero scontrati con la legge. Haaretz descrive infatti la sua lista di clienti un “Who’s Who” di sospetti in casi di terrorismo ebraico e crimini d’odio in Israele. In un’intervista ha anche dichiarato di non farlo per soldi, affermando “il motivo per cui lo faccio è perché credo di aver bisogno di aiutare queste persone”.
Le incriminazioni nei suoi confronti superano il mezzo centinaio, tutte accuse per varie forme di istigazione che sono state respinte dal tribunale. Pare che sia stato in quell’occasione, quando rappresentava sé stesso, che diversi giudici gli abbiano suggerito la carriera di avvocato.
Successivamente, si è affacciato alla carriera politica, diventando leader di un piccolo partito di opposizione, il Jewish Power, nella Knesset, il parlamento israeliano. Nella sua scalata è stato avvantaggiato dall’orientamento dell’elettorato israeliano, che da qualche anno è tendente a destra, sia per la scarsa attenzione al processo di pace coi palestinesi da parte di Netanyahu, sia per la polarizzazione politica che ha diminuito drasticamente l’elettorato dei moderati, che hanno favorito Netanyahu per mancanza di alternative al centro e a sinistra.
Netanyahu nelle precedenti elezioni ha escluso Ben-Gvir dal suo governo, perché troppo estremista. Ma ad oggi sappiamo essere un personaggio fondamentale nella sua scalata per tornare primo ministro. È infatti diventato uno dei membri più espliciti del parlamento, soprattutto nei periodi di maggiore tensione con i palestinesi.
Come influenzerà il voto
Divenuto una figura di rilievo nella destra, Ben-Givr è diventato anche talmente popolare da renderlo un viso noto per molti elettori. Nella comunicazione politica ha moderato, anche se non drasticamente, alcune posizioni radicali per accaparrarsi un pubblico più ampio.
Nelle recenti interviste, infatti, non afferma più di sostenere l’espulsione di tutti i palestinesi, ma che se fosse stato nel prossimo governo, avrebbe lottato per promuovere una legge al fine di togliere la cittadinanza e espellere “chiunque opera contro Israele all’interno di Israele”. Ai suoi fini ha dichiarato anche che avrebbe istituito un ministero del governo per incoraggiare l’emigrazione; era implicito, ma non inesistente, il riferimento ai cittadini palestinesi. Si tratta di vere e proprie minacce di deportazione, non estranee ai leader sionisti, alle quali probabilmente si sta dando troppo poco peso.
Ha quindi conquistato nel 2021 i media israeliani, diffondendo idee razziste e i media sono i maggiori diffusori e formatori della coscienza pubblica. Questo ha permesso di diffondere il messaggio secondo cui Ben-Gvir era un modello da seguire e aumentato la sua influenza. Nelle attuali interviste afferma di poter fare oggi ciò che ha fatto anni fa e di aver rimosso dal suo appartamento la foto di Baruch Goldstein, che nel 1994 uccise 29 musulmani palestinesi, motivo per cui il partito Kach venne definita un’organizzazione terroristica.
In un Paese nazionalista come Israele, la possibilità che tali minacce diventino realtà è concreta. Si aggiunga che la cultura israeliana ha molto a cuore l’obbedienza contro coscienza e che, se Ben-Gvir salirà al potere, c’è la probabilità che anche i più schierati a sinistra, prendano parte all’attuazione dei suoi piani.