Le forze armate israeliane hanno annunciato la piena operatività del sistema Iron Dome (Cupola di ferro) anche per quanto riguarda la sua versione navale. L’annuncio è arrivato direttamente dall’account Twitter delle Israel Defence Forces, che hanno indicato in maniera molto puntuale gli obiettivi di questa innovazione: la protezione degli asset strategici in mare e delle forze navali che operano nell’area. Costruito con la cooperazione di marina e aeronautica, il sistema ha compiuto diversi test prima di essere operativo, e opera coordinandosi con i già presenti sistemi di intercettazione di missili in dotazione alle due forze armate. “Abbiamo dimostrato la capacità di coordinamento tra il radar navale e il sistema Iron Dome, e questo è un risultato molto significativo per noi”, ha dichiarato il contrammiraglio Dror Friedman ad Haaretz. “Abbiamo ottenuto un risultato davvero buono, e questo test ci porta a dichiarare che abbiamo un sistema operativo”. Secondo quanto riportato dai media israeliani, le truppe di difesa aerea dell’aeronautica militare, che sono state addestrate con le squadre della marina, saranno le unità incaricate della gestione dell’apparato anti-missile.

La notizia è di particolare interesse per gli sviluppi della difesa israeliana ma anche e soprattutto per quanto riguarda la volontà di Israele di considerare il Mediterraneo orientale d’importanza strategica per i propri interessi. Negli ultimi anni, la scoperta di numerosi giacimenti di gas e la scelta israeliana di dare il via allo sviluppo dei pozzi off-shore nella propria zona economia esclusiva hanno reso questa parte del Mediterraneo una delle principali fonti energetiche ed economiche di Israele. Da qui partono i gasdotti che in poco tempo dovrebbero collegare il territorio europeo a Israele, rendendolo uno dei maggiori Paesi esportatori di gas nell’Unione europea. Progetti che per ora coinvolgono anche Cipro e Grecia e che, di fatto, servono all’Ue per diversificare le fonti di approvvigionamento dell’oro blu, in modo da staccarsi sempre di più dalla dipendenza energetica con la Russia. In un progetto economico che, inevitabilmente, si traduce in una chiara scelta politica: contenere Mosca.





Il sistema navale Iron Dome non è un dunque un caso che sia stato identificato come una struttura difensiva che possa in particolar modo proteggere gli interessi israeliani nei pozzi off-shore del Mediterraneo. Perché questo sarà uno dei più importanti asset economici di Tel Aviv del prossimo futuro. Proprio per questo motivo, non deve sorprendere che negli ultimi anni, il governo israeliano abbia aumentato i budget stanziati per la propria flotta. I finanziamenti della Difesa sono quasi sempre stati risucchiati da aeronautica e forze di terra, perché Israele aveva sempre considerato i propri confini terrestri quelli attaccabili o da cui sarebbero partiti i suoi attacchi. Negli ultimi tempi, l’evoluzione del panorama mediorientale ha cambiato anche le scelte strategiche di Israele che vede nella Marina non più la terza forza dopo esercito e aeronautica, ma un vero e proprio pilastro della politica di sicurezza. E che vede nella difesa della propria zona economica esclusiva un obiettivo primario della sua Difesa. Obiettivo che fu reso evidente già nel 2014 durante l’operazione Margine di protezione, quando Hamas rivendicò il primo lancio di razzi contro una piattaforma off-shore nel mare antistante Gaza.

Il fatto che l’Iron Dome navale sia operativo già a fine 2017, s’inserisce anche con un certo peso nel recente sviluppo della crisi fra Hezbollah e Israele. Le forze armate israeliane hanno compiuto diverse esercitazioni al confine settentrionale con il Libano che interessavano anche la difesa delle coste. La marina israeliana temeva in particolare l’eventualità di un attacco via mare a sorpresa da parte di Hezbollah, e proprio per questo aveva voluto incrementare le esercitazioni che prevedessero la difesa delle coste. Lo Stato maggiore israeliano aveva parlato di attacchi con motoscafi e piccole imbarcazioni in grado di raggiungere le coste, ma, come sono raggiungibili le coste, così sono anche raggiungibili le piattaforme di estrazione del gas. La scelta di completare l’Iron Dome navale in questa fase di tensione sicuramente avrà un impatto anche sulle capacità di difesa israeliane qualora dovesse esserci un conflitto con le forze sciite libanesi. In caso di guerra da parte di Israele nei confronti di Hezbollah, questi ultimi, in risposta, potrebbero inserire fra i propri obiettivi anche le piattaforme off-shore, essendo punti nevralgici dell’economia israeliana.

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