La guerra tra Iran e Israele è una possibilità ormai latente, che inquieta il Medio Oriente e il mondo. Scoppierà o non scoppierà? Continuerà a essere combattuta in maniera fredda o tiepida, oppure deflagrerà in un vasto incendio? A queste domande, solo il tempo potrà dare una risposta. Per ora tutti cercano di evitarla, ma esistono forze che sembrano interessate ad innalzare la tensione. E i rischi, in ogni caso, non diminuiscono.
In questa convulsa fase del confronto fra i due Paesi, Israele muove le sue pedine in tre differenti modi. Da un punto di vista militare, bombarda in maniera del tutto arbitraria le forze legate all’Iran in territorio siriano. Da un punto di vista politico, continua a tessere la trama della diplomazia per cercare di avere certezze dai suoi alleati (Stati Uniti in primis) e dai partner internazionali, soprattutto la Russia.
Ma esiste un terzo strumento di guerra: i messaggi rivolti ai suoi nemici. Perché anche l’utilizzo dei media e delle dichiarazioni di importanti funzionari israeliani rappresentano un’arma nei confronti degli avversari. E non è un caso che recentemente siano aumentati (e molto) i commenti di importanti vertici dei servizi e della Difesa di Israele. Tutti rivolti all’Iran ma anche alla Siria e a Hezbollah. Messaggi che riguardano vari ambiti e diversi piani d’azione.
Uno di questi piani riarda in particolare il cyber warfare. E a rivelarlo, è stato l’ex capo della Unit 8200 delle Israel defense forces (Idf), il generale Ehud Schneorson. Parlando a una conferenza all’Università di Tel Aviv, Schneorson ha dichiarato: “L’energia è un importante pilastro delle economie, e per alcuni è il loro sistema cardiovascolare”. E ha dichiarato che il primo obiettivo cyber che Israele dovrebbe perseguire in qualsiasi futuro conflitto con l’Iran o Hezbollah dovrebbe essere l’infrastruttura energetica dei suoi avversari.
Secondo Schenorson, questo tipo di attacco avrebbe un impatto maggiore e più ampio che neutralizzare i sistemi d’arma degli avversari di Israele. Quello che devono cercare le Idf, a detta dell’ex capo della Unit 8200, che si occupa appunto di cyberwar, è quello di creare più danni possibile a livello sistemico, devastando tutto l’apparato nemico, non solo quello bellico. Un vero e proprio collasso del sistema.
Per il generale, esistono ancora obiettivi che non dovrebbero mai essere inseriti nelle operazioni informatiche per ragioni etiche. Vengono citati ad esempio l’acqua, il cibo e la sanità. Ma, ricorda Schneorson, anche il settore bancario è molto pericolo da colpire perché potrebbe creare un pericoloso effetto domino di livello mondiale sull’economia.
Ma a parte questi settori, esistono altri dove Israele potrebbe colpire. Soltanto una minaccia? Attenzione a catalogarla in questo modo. Non va dimenticato che l’unità delle Idf di cui era capo il generale, sembra sia stata coinvolta nella creazione del virus Stuxnet.
Stuxnet è un virus creato e diffuso dagli Stati Uniti di Barack Obama in collaborazione con Israele per sabotare la centrale nucleare di Natanz, uno dei siti principali del programma nucleare iraniano. Scopo del virus era quello di penetrare i componenti hardware degli impianti della centrale, disabilitando le centrifughe senza però che qualcuno potesse accorgersi dei problemi né dei malfunzionamenti.
Proprio per questo la minaccia non va considerata secondaria. Soprattutto in un momento in cui dall’Iran parlano di riattivazione del processo di arricchimento dell’uranio come risposta all’uscita degli Usa dall’accordo sul nucleare. L’idea che Israele parli di nuovo di attacco che paralizzi l’infrastruttura energetica dei suoi avversari è un messaggio molto chiari rivolto a Teheran.