Non sono solo venti di guerra quelli che spirano fra Iran e Israele. Il confronto è già in corso e, oltre alla Siria, c’è un altro campo di battaglia dove la guerra è iniziata da tempo. È il quinto dominio della conflittualità: il cyberspazio.

Come ricordato da Francesco Bussoletti per La Stampa, una prova è il secondo attacco occidentale (o solo di Israele) contro la Siria. Un attacco fantasma, a detta di molti, dove i sistemi di difesa si sono attivati senza chi vi fossero in corso bombardamenti. Fonti militari ritengono “che qualcuno abbia lanciato un’azione di cyberwarfare contro il centro di riporto e controllo di Damasco“. La struttura siriana riceve e smista i dati che arrivano dai radar. Ma qualcosa, quella volta, era andato storto. 

Cosa è accaduto a Damasco

Secondo le fonti militari, l’attacco (o presunto tale) contro Damasco è stato realizzato per tre obiettivi. Il primo, vedere i tempi di reazione e risposta della cyber-difesa di Bashar al Assad. Il secondo, lanciare un messaggio alla Siria e all’elleato russo, in modo da far comprendere sia a Damasco che a Mosca che Israele e l’Occidente hanno il potenziale ideoneo per colpire in maniera efficace. Terzo, inviare un altro messaggio, questa volta direttamente a Teheran. Perché l’Iran è una potenza tecnologica in grado di colpire Israele anche nel campo cibernetico.

La minaccia cyber 

Secondo le fonti israeliane, le Israel defense forces temono che la vendetta iraniana sullo Stato ebraico possa essere condotta attraverso attacchi cyber.  Già uh mese fa, Ynet ricordava che a Tel Aviv hanno ipotizzato un attacco informatico direttamente dall’Iran o attraverso un suo proxy.

Eppure, come scritto dal Times of Israel, sono stranamente pochi i vertici israeliani che ritengono plausibile che Teheran colpisca Israele con un attacco di questo tipo. Yaakov Amidror, ex consigliere per la sicurezza nazionale, ha detto ha respinto questa possibilità: “La decisione degli iraniani è di usare uno strike cinetico, non uno cyber“. Eppure l’Iran è una potenza nel campo dell’informatica. E i suoi centri di ricerca sono all’avanguardia rispetto a tutte le potenze regionali.

Secondo La Stampa, l’Iran avrebbe già iniziato a impiegare alcuni gruppi hacker. Le Advanced Persistent Threats (Apt) Ajax Security Team, Chafer, Infy, Apt33 e 34 sono i gruppi che Teheran avrebbe predisposto per colpire Israele con azioni di spionaggio e per colpire le infrastrutture israeliane.

Il metodo è quello dello spear fishing. “Vengono inviate e-mail a soggetti specifici con vari tipi di esca – da offerte di lavoro a finti documenti di interesse ad altro – affinché siano aperte. Queste, in realtà, contengono link a programmi malevoli (malware), che una volta scaricati e installati permettono all’aggressore di assumere da remoto il controllo del computer della vittima”. Da qui, a catena, giungono ad altri computer, penetrando i sistemi.

Israele e il cyber

Secondo le fonti, sarebbero circa 8mila gli esperti delle Israel defense forces impegnati nel cyberwarfare. Tra questi, fondamentale lo Shabacking Team, squadra speciale dello Shin Bet nata proprio con l’intento di gestire attacchi hacker.

Recentemente, l’Iran è stato colpito da attacchi hacker. E molti ritengono siano opera israeliana. Anche se va detto che questi attachi rimangono sempre dentro un alone di mistero che pervade tutto il cyber spazio. Recentemente, l’attacco agli switches Cisco 3500 ha messo in allerta l’Iran e i suoi sistemi di difesa cibernetica. Ma il ministro delle Comunicazioni ha detto che era stato interessato solo il 2% dei devices.

Il Joint Cyber Army dell’intelligence iraniana e il Cyber defense command sono comunque in allerta. Israele ha le capacità di colpire. E quell’attacco a Damasco non è stato sottovalutato. Intanto, la guerra è già iniziata. Non solo con i morti, che purtroppo già si contano.

 

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