Israele ha firmato un accordo di cooperazione con la Birmania nel campo dell’educazione. L’intesa consente a ciascun Paese di “verificare reciprocamente i passaggi relativi alla storia dell’altro stato” e, se necessario, di “modificare i contenuti dei rispettivi libri di testo scolastici”, decidendo così come il loro passato dovrà essere insegnato.

La firma della collaborazione, che è stata siglata martedì scorso, ed è stata annunciata via Twitter dalla vice ministro degli esteri israeliana Tzipi Hotovely, arriva mentre entrambi i paesi hanno ricevuto numerose critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani. La Birmania per il trattamento riservato ai rohingya e Israele per aver sparato contro manifestanti palestinesi disarmati.





Circa 700mila rohingya sono stati costretti a scappare lo scorso agosto in Bangladesh dallo Stato Rakhine – nel nord-ovest della Birmania – dopo aver subito numerosi attacchi e violenze da parte dell’esercito governativo e degli estremisti buddisti. Proprio per questa situazione, le Nazioni Unite hanno accusato il Paese asiatico di “pulizia etnica”. Altri genocidi dimenticati, compiuti dalle truppe di Rangoon, che si verificano da decenni negli Stati Karen, Kachin e Shan, hanno provocato la morte di migliaia di persone e centinaia di migliaia di sfollati. Israele, invece, solo dal 30 marzo scorso, ha represso nel sangue l’anniversario della Nakba, uccidendo oltre cento palestinesi, tra loro anche giornalisti, donne e minori.

Su Middle East Eye, Penny Green, professoressa presso la Queen Mary University di Londra, ha dichiarato che è normale che “Israele veda la Birmania come un Paese amico. Entrambi condividono la medesima visione esclusionista del mondo. Entrambi hanno portato avanti crimini di Stato di massa contro chi hanno identificato come non-cittadini”. E continua: “È assolutamente prevedibile che ora inizieranno a portare avanti un programma condiviso di negazione dei crimini nei rispettivi ambiti d’istruzione”.

Il timore è proprio questo. Molto probabilmente, infatti, le storie dei rohingya, dei karen, dei kachin, degli shan e dei palestinesi, non verranno mai raccontate nei prossimi libri di testo dei due Paesi.

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