Domenica 8 febbraio i cittadini irlandesi si recheranno alle urne per il rinnovo del Dáil Éireann, la Camera bassa del Parlamento irlandese. I 158 seggi dell’organo legislativo saranno così oggetto di una serrata competizione tra i partiti politici e il turno elettorale porrà fine all’inedito accordo tra il Fine Gael, schieramento di centrodestra moderato ed europeista guidato dal premier Leo Vardakar ed il Fianna Fáil, anch’esso su posizioni conservatrici. I due movimenti si sono alternati al potere sin dall’indipendenza dell’Irlanda ma il risultato elettorale del 2016 li ha costretti ad una sorta di compromesso: il Finne Gael, giunto primo, ha formato un governo di minoranza con il sostegno dell’Alleanza Indipendente e con la vitale astensione del Fianna Fáil su alcuni temi cruciali.

Una lotta serrata

Una serie di sondaggi, realizzati nel mese di gennaio, certificano la posizione precaria del partito che guida l’esecutivo e che oscillerebbe tra il 20 ed il 25% dei consensi. In testa, invece, ci sarebbe il Fianna Fáil che, a seconda della rilevazione, galleggia tra il 25 ed il 32%.

A sparigliare le carte, poi, potrebbe esserci il Sinn Féin, movimento di sinistra radicale e nazionalista e sostenitore di un’Irlanda unita: lo schieramento sarebbe in grado di riscuotere il 20% dei consensi. Molto staccati tutti gli altri ma con una notevole eccezione: ci sono infatti i Verdi, che nel 2016 erano rimasti sotto il 3% dei voti mentre questa volta sono in grande crescita e potrebbero sfiorare il 10 par cento. I Laburisti, invece, potrebbero persino scendere sotto quel disastroso 6 per cento ottenuto quattro anni fa e seguono, poi, una serie di piccoli partiti di sinistra radicale.

Grandi assenti i sovranisti che, da queste parti, non sono riusciti ad attecchire forse perché, tra le altre cose, l’area conservatrice continua ad essere coperta dai due partiti tradizionali e comunque ancora in grado di dire la loro.

Le prospettive

L’economia in crescita, il basso tasso di disoccupazione e l’accordo raggiunto con Londra in merito al confine con l’Irlanda del Nord sembrano non essere riusciti a spingere il premier Varadkar verso la vittoria, almeno secondo le  ultime intenzioni di voto. I temi elettorali più importanti, come riferito dalla Bbc, sono quelli connessi al sistema sanitario, abitativo, pensionistico e la questione dei senzatetto. Conterà, senza dubbio, anche l’affluenza alle urne: il Sinn Féin è tendenzialmente sovrastimato dai sondaggi perché i giovani lavoratori urbani, che tendono a supportare maggiormente  lo schieramento,  disertano le urne. I due partiti principali, inoltre, hanno reso noto che non si coalizzeranno in alcun caso con i nazionalisti di sinistra e ciò dovrebbe impedire allo schieramento di poter aspirare a prendere parte al prossimo esecutivo. Un esecutivo che, in ogni caso, potrebbe essere condizionato da difficoltà di formazione legate ad un possibile hung parliament privo di chiare maggioranze. Le elezioni in Irlanda, in ogni caso, sembrano raccontare di un passato recente che non c’è più: nel Vecchio Continente hanno spesso un ruolo di primo piano i sovranisti di destra che qui, invece, sono assenti. Il Sinn Fein, seppur distante anni luce dal punto di vista ideologico, potrebbe colmare questo vuoto.

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