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Solo sei anni fa l’Irlanda era sull’orlo della bancarotta. La pesante crisi del 2010, infatti, aveva obbligato il Paese travolto dalla scoppio della bolla immobiliare e dal rischio default, a chiedere 67,5 miliardi in prestito e a varare un pesante piano d’austerity sotto il controllo dalla troika. Anche il tasso di disoccupazione era allarmante: sfiorava il 15 per cento.Oggi molto è tornato alla normalità. La Repubblica d’Irlanda, infatti, è riuscita a rientrare velocemente in carreggiata. Lo ha fatto in un modo che gli analisti definiscono sorprendente. Il fardello del debito è diminuito e la disoccupazione è scesa al 9 per cento, in perfetta linea con l’area UE. Inoltre, secondo la BCE, entro il 2016, il Paese avrà una crescita economica pari al cinque per cento. Ma alcuni problemi rimangono. Primo fra tutti quello legato alla sanità. I pesanti tagli nel settore hanno fatto diminuire drasticamente i fondi per il sistema sanitario pubblico, passato dai 16 miliardi nel 2007 ai 13,2 di oggi.La coalizione del premier irlandese Enda Enny, formata da Fine Gael e laburisti, ha puntato tutto sull’uscita dalla crisi del Paese. Lo slogan elettorale scelto dai due partiti era chiaro: “Continuate a sostenere la ripresa”. Ma i sondaggi pre elettorali davano molto difficile la possibilità per la coalizione di riuscire ad avere la maggioranza necessaria. E i primi exit polls che ci arrivano, confermano quanto era stato previsto.Il Fine Gael, infatti, si sarebbe fermato al 25 per cento, mentre gli alleati laburisti appena al 7 per cento. Con queste percentuali la coalizioni avrebbe diritto a cinquantacinque seggi, un numero insufficiente per avere la maggioranza assoluta. Il risultato di queste elezioni segnano un netto calo per i due partiti. Alle elezioni del 2011, quando l’Irlanda era in piena crisi, il Fine Gael aveva preso più del 36 per cento e i laburisti avevano sfiorato il 19. Gli analisti sostengono che la caduta della coalizione, soprattutto per quanto riguarda i laburisti, dipenda dalle pesanti politiche di austerità pagate dalla classe media e da quella dei lavoratori.Il Fianna Fail, principale partito di opposizione guidato da Micheal Martin, avrebbe superato il 21 per cento, più di quattro punti percentuali rispetto alle elezioni del 2011. Il partito, che per diverso tempo ha governato la Repubblica d’Irlanda, aveva fatto precipitare il Paese in una delle peggiori crisi economiche della sua storia.Ma la sorpresa di queste elezioni arriva dallo Sinn Fèin, il partito di Gerry Adams, una volta braccio politico dell‘Esercito Repubblicano Irlandese (IRA) che, secondo le previsioni, avrebbe preso il 16 per cento, diventando così la terza forza politica del Paese.Stando a questi risultati non è difficile prevedere un accordo senza precedenti tra i due partiti rivali e maggiori: il Fine Gael e il Fianna Fail. Questa sembra essere la strada più plausibile. Anche perchè, nonostante l’importante risultato ottenuto dallo Sinn Fèin, nessuno dei partiti in gioco vuole avere un’alleanza con Gerry Adams. Sulle sue spalle, infatti, ancora pesa il suo passato nelle fila dei nazionalisti repubblicani armati e la visione diversa sulle questioni economiche.Chiunque governerà il Paese, dovrà affrontare anche il tema delicato dell’ottavo emendamento della Costituzione, quello che in Irlanda proibisce l’aborto e che è stato istituito nel 1980 proprio da un governo a guida Fine Gael e laburisti. Un tema molto sentito dalla chiesa, che nei giorni scorsi aveva posto la questione come priorità per i cattolici del Paese. Durante la campagna elettorale nessuno dei partiti ha preso una posizione netta sull’argomento. Ma la questione è stata solo rimandata e potrebbe creare non poche tensioni.





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