Le proteste in Iraq proseguono ormai da un mese e, al momento, non sembrano destinate a cessare. Il numero dei morti intanto continua a salire dopo aver toccato oramai quota 300, con le forze dell’ordine che non esitano a usare proiettili veri contro i manifestanti riunitisi nelle maggiori città irachene per protestare contro la corruzione e la mancanza di un futuro. Oltre che di un presente. Nei notiziari però si sentono nominare sempre le stesse località del Paese, per la maggior parte collocate nel centro o nel sud dell’Iraq. Ma c’è una zona che è rimasta lontana dai riflettori, quasi indifferente a quanto sta accadendo nel resto della nazione: il Kurdistan iracheno.

Dal KRG infatti non arrivano notizie di proteste o sommosse popolari nate contro il governo di Baghdad, il clientelismo, l’assenza di lavoro o di servizi, tutte richieste che invece risuonano nelle strade di quasi tutto il resto del Paese. Come mai?

Il caso del Krg

In realtà, come racconta ad AlJazeera Joseph Salio, membro del Partito comunista curdo, un tentativo di mobilitazione c’è stato, ma non ha mai trovato la luce a causa delle pressioni dell’intelligence del KRG. Salio, che dopo essere stato contattato da alcuni movimenti studenteschi aveva pubblicato un evento su Facebook per avviare le manifestazioni, non ha mai ricevuto il via libera da parte dell’Amministrazione e ha preferito annullare tutto.

Del resto l’Autorità curda locale non ha alcun interesse nel inimicarsi nuovamente il Governo centrale e data la situazione nella regione autonoma il timore è che le manifestazioni contro Baghdad possano trasformarsi in proteste contro lo stesso Krg. Anche il presidente curdo Nechirvan Barzani infatti non è esente da critiche e la situazione nella regione, per quanto migliore rispetto a un anno fa, non è comunque delle più rosee. Basta vedere i dati della disoccupazione, che mostrano come il 20 per cento dei giovani sia attualmente senza lavoro. Un dato migliore rispetto alla media nazionale, pari al 25 per cento, ma ugualmente poco confortante. Un altro problema percepito dalla popolazione curda è poi quello della corruzione e di una scarsa mobilità sociale, due questioni sollevate anche dai manifestanti iracheni nel resto del Paese. I cittadini del Krg infatti hanno più volte espresso il loro malcontento nei confronti delle due famiglie che di fatto governano la regione, Barzani e Talabani, e la spartizione del potere e delle risorse della regione tra di esse.

Il rapporto Erbil-Baghdad

Ma il motivo principale per cui il Krg non ha alcun interesse nelle mobilitazioni risiede nella paura di perdere il ritrovato equilibrio con Baghdad. I rapporti tra il Governo regionale e quello centrale sono stati particolarmente tesi dal 2014 al 2018 a causa di una disputa risoltasi solo di recente sulla spartizione dei proventi del petrolio e del tentativo del Krg di rendersi indipendente tramite referendum. Baghdad aveva reagito riducendo i fondi statali destinati alla regione, costringendo il Governo di Erbil a dimezzare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Una decisione a cui i cittadini avevano reagito scendendo in piazza a manifestare. La situazione è tornata alla normalità solo nel marzo del 2018, dopo l’insediamento a Baghdad del premier al Madhi, un alleato che Barzani non sembra intenzionato a perdere.

Il Governo di Erbil infatti correrebbe dei rischi in caso di un cambio di potere in Iraq. Non tutti gli schieramenti politici sono per esempio favorevoli all’autonomia della regione curda e alcuni di loro parlano da tempo della possibilità di scrivere una nuova Costituzione che elimini le differenze settarie nel Paese. Una prospettiva che fa tremare il Krg, che vedrebbe venir meno la base della sua eccezionalità, con il rischio di smantellamento della regione autonoma e la fine del potere delle famiglie che fino ad oggi hanno goduto di risorse e potere.

Resta da chiedersi quale sia invece la posizione della popolazione curda rispetto alle proteste in Iraq a fronte di una presa di distanza della politica. Nonostante un sostegno in rete ed alcune espressioni di solidarietà, non si sono registrate manifestazioni in supporto dei connazionali iracheni, il che sembra lasciar intendere che anche i cittadini del Krg non sono pronti a rischiare la ritrovata calma. Ma le proteste non sono ancora finite e il loro esito, così come la loro portata, resta incerto.

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