La prima è la Grace 1, nave iraniana sequestrata il 4 luglio dai marines britannici a Gibilterra. La seconda è una petroliera scomparsa due giorni fa nel Golfo Persico, incidente misterioso che diversi media avevano attribuito a un atto ostile di Teheran.
La Grace 1 il dissidio di Gibilterra
Tre giorni fa, l’annuncio del ministro degli Esteri Jeremy Hunt su un possibile dissequestro della Grace 1, appena Teheran avesse fornito rassicurazioni sulla sua destinazione, dato che il sequestro, ha spiegato, era legato solo al fatto che era diretta in Siria, destinazione impedita dalle sanzioni imposte a Damasco.
Dichiarazioni che indicavano che il sequestro non aveva nulla a che vedere con la navigazione delle navi in partenza dai porti iraniani, di cui Londra avrebbe rispettato la libertà nonostante le sanzioni. Il sequestro aveva sollevato le proteste di Teheran, che aveva parlato di un atto di “pirateria”. Sulla destinazione della superpetroliera poi, erano state date le rassicurazioni del caso, sia da parte delle autorità iraniane che da parte di Damasco.
Rassicurazioni alle quali si è aggiunta l’ironia del ministro degli Esteri Javad Zarif, che, in una dichiarazione di ieri, ha ricordato ai britannici che, essendo la Grace 1 una superpetroliera, non avrebbe potuto attraccare in nessun porto siriano, dato che non sono predisposti per ospitare navi simili.
Ironia alla quale si aggiunta l’accusa di aver agito su commissione: i marines di Sua Maestà avrebbero infatti ottemperato a una “richiesta degli Stati Uniti”. Resta che c’è qualcosa che non torna in questa controversia: se all’inizio Londra aveva tenuto il punto, di seguito aveva cambiato linea, come peraltro dimostrano le recenti dichiarazioni di Boris Johnson, il quale ieri ha affermato che la Gran Bretagna non avrebbe “seguito gli Stati Uniti in un intervento contro l’Iran”.
Anche la notizia dell’invio di un’altra nave da guerra inglese nel Golfo, ampiamente riportata dai media come rafforzamento del dispositivo militare anti-iraniano, ha trovato una giustificazione da parte delle autorità britanniche. La partenza dell’incrociatore britannico appartiene alla prassi, ha rassicurato Hunt. Londra non vuole aumentare la tensione contro l’Iran. La missione della nave è quella sostituire un altro incrociatore che, dallo Stretto di Hormuz, dovrebbe tornare alla base. Normale rotazione, insomma.
Non solo, anche la vicenda della Grace 1, sembrerebbe in via di risoluzione. A tale scopo, la May oggi ha incontrato Fabian Picardo, primo ministro di Gibilterra.
Un’iniziativa che però indica nei rapporti tra la madrepatria e Gibilterra c’è qualcosa che non va, dato che non è bastata una telefonata, ma è stato necessario un incontro al vertice.
Sembrerebbe che le autorità dello strategico territorio d’Oltremare – questa la definizione ufficiale dello status di Gibilterra – abbiano agito in autonomia, mettendo in difficoltà Londra.
La petroliera scomparsa
Vedremo gli sviluppi. Nel frattempo il giallo legato a un’altra petroliera ha intossicato le informazioni provenienti dal Golfo, accrescendo artificiosamente la tensione.
Di ieri la notizia che una petroliera proveniente dagli Emirati Arabi è scomparsa due giorni fa. Da qui nuove accuse degli Stati Uniti contro l’Iran, al quale sono addebitati – in maniera più o meno indebita – attacchi e disturbi alla navigazione nello strategico Stretto di Hormuz.
Mentre la notizie sulla scomparsa della nave emiratina dilaga sui media, restavano ignorate le dichiarazioni delle autorità di Abu Dhabi le quali avevano subito comunicato che la petroliera in questione non aveva nulla a che fare con loro. Ma c’è anche da considerare che la scomparsa di una nave nello Stretto di Hormuz in questi tempi è alquanto usuale, dato che, per evitare sanzioni e fastidi, molte navi in navigazione nello Stretto spengono il transponder, il dispositivo che ne segnala la posizione.
Detto questo, di oggi la notizia che gli iraniani hanno trovato e soccorso la nave in difficoltà, indirizzandola presso un proprio porto per riparazioni. Un giallo che appare costruito sul nulla. Ma che è servito per coprire i vari segnali distensivi registrati in questi giorni nel confronto Usa – Iran.
Durante il summit dell’Onu di ieri, nel quale, per la prima volta da quando è iniziata questa crisi, il ministro degli Esteri iraniano ha potuto confrontarsi con i leader d’Occidente, qualcosa si è mosso. In una riunione a porte chiuse, ieri Trump ha dichiarato “che sono stati fatti molti progressi con l’Iran” e che egli “non sta cercando un cambio di regime” (Reuters). Non è chiaro quali passi siano stati fatti, ma certo qualcosa è successo, nel segreto.
Da qui la necessità, per gli ambiti che stanno alimentando questo confronto, di intossicare le informazioni, acuire le criticità. Non sembra però siano riusciti nello scopo. Ma vedremo, non si daranno per vinti facilmente.