L’Iran è finito nell’occhio del ciclone. Non poteva essere altrimenti dopo l’accusa degli Stati Uniti a Teheran di essere dietro agli attacchi, avvenuti giovedì, contro due petroliere che stavano transitando nel Golfo dell’Oman. L’esercito americano ha diffuso un video e due foto che, secondo il Segretario statunitense Mike Pompeo, sarebbero prove schiaccianti per accusare il regime iraniano dell’incidente. La tensione è alle stelle, alimentata dal precedente nervosismo di Washington; l’escalation potrebbe proseguire e c’è chi ha addirittura parlato di un possibile scenario di guerra.

Gli interessi di Pechino e Tokyo

Per evitare che la situazione degeneri in qualcosa di irreparabile, Cina e Giappone si sono mosse per disinnescare una bomba che, in caso di deflagrazione, distruggerebbe equilibri diplomatici, politici ed economici. Pechino considera l’Iran un partner strategico per il progetto della Nuova Via della Seta; uno dei tracciati terrestri passerebbe proprio da questo Stato, prima di riallacciarsi a Istanbul per poi proseguire in direzione Budapest, dove tra l’altro il Dragone inizierà presto a costruire una parte della ferrovia che collegherà la capitale dell’Ungheria a Belgrado. Gli affari sono affari e le guerre non hanno mai portato vantaggi economici per nessuno: lo sa bene la Cina, che sta cercando in tutti i modi di buttare acqua su ogni focolaio che la riguarda da vicino.

Il piano di Abe

Anche il Giappone è interessato alla questione iraniana. Mercoledì Abe Shinzo è volato in Iran dove ha incontrato il presidente Rouhani e l’ayatollah Khamenei. La mossa del Premier giapponese è molto diplomatica, quasi un tentativo per dimostrare a Trump tutta la sua amicizia nei confronti degli Stati Uniti. Allo stesso tempo Tokyo vuole uscire dal guscio, tornare a contare in ambito internazionale e avere un ruolo decisivo per la pace e la stabilità in Medio oriente. L’Iran è l’occasione giusta per colpire due bersagli con una sola munizione, dal momento che Washington ha un conto aperto con Teheran. Inoltre il Giappone si prepara per due appuntamenti cruciali, ovvero il G20, previsto per i prossimi 28 e 29 giugno, e le elezioni per la camera alta del parlamento giapponese; Abe intende rafforzare il proprio profilo politico.

Missione fallita

Abe, nell’ultimo incontro con Trump, aveva promesso all’omologo americano di fare un tentativo per mediare un dialogo fra Stati Uniti e Iran, giocando sulle eccellenti relazioni diplomatiche ed economiche del governo nipponico con Teheran (ricordiamo che Tokyo è stato per anni uno dei più generosi importatori di petrolio iraniano). Abe è partito carico di belle speranze ma è rimasto con un pugno di mosche in mano. Khamenei ha respinto la mediazione del Giappone, sottolineando come l’Iran non intenda avere alcun dialogo con Trump, né adesso né in futuro. Sul rischio di una guerra atomica, il premier nipponico ha riferito che l’Iran non ha intenzione di produrre, possedere o usare armi nucleari. Khamenei ha le idee chiare sugli Stati Uniti: “Quello che dicono è falso perché se potessero rovesciare il nostro regime lo farebbero subito. Il problema è che non sono in grado di farlo”.

Xi Jinping incontra Rouhani

Se Abe ha fallito la sua missione, esito ben diverso potrebbe avere il piano di Xi Jinping, che tra l’altro ha molto più di offrire a Teheran che non il Premier giapponese. Xi ha incontrato Rouhani a Bishkek, in Kirghizistan, durante la sua trasferta in Asia centrale. Qui, come riporta Reuters, il Presidente cinese ha ribadito di fronte al proprio alleato come la Cina promuoverà in ogni caso legami costanti con l’Iran, indipendentemente da come si svilupperà la situazione in Medio Oriente. Le parole di Xi sono un chiaro messaggio di rassicurazione al governo iraniano, che teme possibili ritorsioni di Washington.

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