Rianimare l’economia travolta dagli effetti diretti e indiretti della pandemia, ripristinare i rapporti con l’Occidente e, allo stesso tempo, allontanarsi dalla Russia impantanata nella guerra in Ucraina: la Cina sta davvero pensando di effettuare un’inversione a U nei suoi rapporti con Vladimir Putin? Lo scenario è ipotetico e complesso.
Certo, potrebbe trattarsi di un classico wishful thinking, o anche di un modo per mettere pressione su Pechino, eppure una simile suggestione è sempre più dibattuta nei circoli diplomatici occidentali. In caso di fumata bianca ci troveremmo di fronte a un clamoroso avvicinamento tra il Dragone di Xi Jinping e l’Occidente, con un conseguente declassamento del partner russo a mero cliente energetico.
Il Financial Times ha parlato addirittura di un “piano” cinese per “ripristinare l’economia” e “riconquistare gli amici”, termine usato per indicare Stati Uniti e Unione Europea. Secondo quanto ricostruito dal quotidiano britannico, nel bel mezzo della complicata uscita dalla Zero Covid Policy, la Cina starebbe cercando di ridurre il suo isolamento internazionale e aumentare il tasso di crescita economico. La ragione dell’eventuale reset sarebbe dunque di natura prettamente economica. In altre parole, i costi della tolleranza zero contro il virus adottata fino a poche settimane fa starebbero diventando insostenibili.
Nonostante il bilancio ufficiale delle vittime e dei contagi oltre la Muraglia indichi uno scenario sotto controllo, una serie di segnali sinistri sottolineerebbe una portata ben più ampia della pandemia. Gli ospedali in diverse parti del Paese sono sopraffatti dai pazienti e una corsa ai farmaci antivirali e agli antidolorifici sta creando carenze in tutta l’Asia. Proiezioni non ufficiali stimano in circa un milione il numero di persone che potrebbero morire a causa dell’ondata Covid in Cina.
Tutto questo andrebbe a danneggiare l’immagine di Xi Jinping, tra costi sociali, sanitari ed economici sempre più salati e gravosi da sopportare per l’intera popolazione. Ecco che la politica, e dunque la longa manus del Partito Comunista Cinese (PCC), è chiamata a trovare una soluzione al rebus.
Il (possibile) “piano” della Cina
In una situazione del genere c’è chi sostiene che si starebbe verificando un ripristino fondamentale nelle politiche estere ed economiche della Cina. Secondo funzionari cinesi e consiglieri del governo, Pechino starebbe mettendo sul tavolo politiche volte a migliorare i suoi rapporti diplomatici con l’Occidente, inaspritisi negli ultimi mesi, e a rilanciare un’economia particolarmente tesa.
La motivazione dietro a questa presunta svolta – dal successo comunque incerto – deriverebbe da una confluenza di vari fattori, tra cui stress economico, sociale e di politica estera arrivato a livello critico e non più sostenibile. In seguito a mesi di lotta intestina in seno al PCC, Xi si è assicurato un terzo mandato senza precedenti come leader dello stesso Partito. Come se non bastasse, il Politburo è composto esclusivamente da lealisti e, con il Congresso alle spalle, Xi starebbe adesso tentando una correzione di rotta.
Sul piano economico, gli obiettivi principali di Pechino includerebbero il ripristino di una robusta crescita economica, il miglioramento delle condizioni dei lavoratori rurali e la stabilizzazione del mercato immobiliare (che grava sulle finanze di decine di governi locali). Molto più interessante l’ambito diplomatico, dove la Cina avrebbe intenzione di migliorare le relazioni con alcuni governi occidentali dopo un periodo di gelo o reciproca sfiducia.
L’attenzione maggiore si concentrerebbe sui legami con l’Europa, che sono stati gravemente danneggiati dall’avvento della partnership sino-russa nel bel mezzo della guerra in Ucraina. “La vacillante avventura militare della Russia in Ucraina ha ridotto significativamente il ritorno sugli investimenti di Pechino nei suoi legami bilaterali con Mosca”, ha spiegato Yu Jie, esperto di Cina presso il think tank britannico Chatham House.
In questo senso, il Dragone vorrebbe quindi evitare di puntare solo ed esclusivamente su un partner invischiato nel conflitto ucraino, la cui eccessiva vicinanza non farebbe altro che alimentare la diffidenza occidentale. In tal caso, la Cina sfrutterebbe i legami con lo stesso Occidente per risolvere, almeno in parte, i suoi problemi.
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Il rebus di Xi e la variabile Putin
Agli occhi dell’opinione pubblica Xi e Putin si sono impegnati ad approfondire i legami bilaterali dei rispettivi Paesi. Lo hanno fatto anche un mese fa, eppure l’asse Pechino-Mosca potrebbe vivere su un equilibrio ben diverso e molto più precario.
Il FT ha parlato con alcuni funzionari cinesi. Alcuni avrebbero persino definito Putin un “pazzo“. “La decisione di invasione è stata presa da un gruppo molto ristretto di persone. La Cina non dovrebbe semplicemente seguire la Russia”, ha dichiarato un funzionario anonimo.
Il punto di partenza per il possibile – ma complicato – ripristino diplomatico di Xi consiste in una rivalutazione della relazione di Pechino con Mosca. Al gigante asiatico quanto conviene la vicinanza di Putin? Il Dragone sa che la Russia potrebbe non riuscire a prevalere contro l’Ucraina ed emergere dalla guerra come una potenza minore, con meno peso economico e diplomatico sulla scena globale. Inoltre, al netto di tutte le pubbliche professioni di amicizia bilaterale, in privato alcuni funzionari cinesi esprimerebbero una certa diffidenza nei confronti dello stesso Putin. Tra l’altro, la Cina continua a ripetere di non essere stata informata dei piani relativi all’operazione militare in Ucraina.
La prova a sostegno del fallimento della comprensione cinese dei piani di Putin sarebbe la retrocessione a giugno di Le Yucheng, che al momento dello scoppio della guerra era viceministro degli Affari Esteri e massimo esperto di Russia dello stesso Ministero. Nei circoli ufficiali cinesi si era ampiamente parlato di Le come del probabile prossimo ministro degli Esteri. Ora occupa un posto come vice capo dell’amministrazione nazionale della radio e della televisione. Un altro segnale che indicherebbe come la Cina stia cercando di ridurre il suo antagonismo verso l’Occidente consiste nell’aver messo da parte Zhao Lijian, uno dei suoi più importanti diplomatici “guerrieri”.
Il desiderio della Cina di un reset diplomatico con l’Europa potrebbe dare risultati significativi. Le visite a Pechino a novembre di Olaf Scholz, cancelliere tedesco, e di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, saranno con ogni probabilità seguite all’inizio di quest’anno dal presidente francese Emmanuel Macron e dal primo ministro italiano Giorgia Meloni. La Russia potrebbe quindi trasformarsi solo ed esclusivamente in un partner energetico della Cina. O forse, come suggeriscono alcuni, lo è sempre stato fin dall’inizio.