“Inside the Mossad” è pronto a proiettarci nella vita degli 007 che difendono lo Stato di Israele, una storia fedelmente riprodotta per Netflix che secondo la stessa agenzia di spionaggio israeliana si rivolge anche noi europei: sarà una lezione che spiega fino in fondo il prezzo della sicurezza.
Dalla cattura del Eichmann in Argentina, alla sfida al terrorismo islamista, passando per operazioni come “Collera di Dio”: quando il servizio segreto vendicò il massacro perpetrato da Settembre Nero alle Olimpiadi di Monaco nel ’72; il Mossad dagli anni ’50 opera in tutto il mondo per garantire la sicurezza e la sopravvivenza dello Stato ebraico, ma sopratutto per dare la caccia ai suoi “nemici”, spesso con metodi considerati poco ortodossi ma sicuramente efficaci. Un’efficacia che spesso viene invocata dagli occidentali che già conoscono le sue gesta risolutive, e si trovano di fronte a crisi e crimini internazionali efferati e difficilmente risolvibili.
Adesso una produzione israeliana distribuita da Netflix è pronta a portarci nella vita degli agenti dell’ “Istituto”, perché Mossad è solo l’abbreviazione di Istituto per l’intelligence e servizi speciali, alternando interviste fatte ad agenti operativi e dirigenti del servizio segreto con base a Tel Aviv, con ricostruzioni fedeli e narrazioni di ottima qualità documentaristica delle principali operazioni condotte in cinquant’anni di lotta ai nemici di Israele e spesso dell’Occidente intero.
Dal giorno della sua creazione infatti, il servizio di spionaggio israeliano ha dato la caccia ai criminali nazisti che erano sfuggiti agli alleati e non erano stati processati a Norimberga, noto il rapimento di Adolf Eichmann, uno fra i principali responsabili dell’Olocausto, considerato il “contabile di Hitler”. Prelevato in Argentina e condotto in Israele per un processo per crimini di guerra, verrà poi impiccato 1961. Dopo l’operazione pianificata da una cellula stabilitasi a Buenos Aires, Rafi Eitan, uno dei principali ex comandati del servizio coinvolto in prima persona nel rapimento dirà: “un’ azione preventiva e difensiva che contempli l’ uccisione di un colpevole, previene la morte di molti innocenti”. Per questo fu diverso il destino scelto per l’ex ufficiale delle SS Otto Skorzeny (che comandò la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso durante l’Operazione Quercia). A lui il Mossad propose una l’unica via d’uscita per evitare di essere giustiziato: collaborare per fornire informazioni utili sugli scienziati tedeschi assoldati dall’Egitto per sviluppare un sistema missilistico in grado di colpire Israele. Skorzeny fornì le informazioni richieste salvandosi la vita, e una serie di omicidi mirati all’interno dell’Operazione Democle sventarono la minaccia, facendo desistere il presidente El Nasser dal proseguire il suo progetto.
È attraverso queste vicende che viene esplorato il limite tra il lecito e l’illecito, da sempre “sottile linea rossa” oltrepassata dal Mossad in numerose azioni che l’hanno visto operare fuori dai confini di Israele per colpire obiettivi sensibili con omicidi minuziosamente pianificati. Fu questo infatti il caso delle eliminazioni che seguirono al massacro di Monaco nel 1972. Una squadra nel Mossad agì in tutta Europa per eliminare esponenti di spicco dell’Olp (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) e di Settembre Nero, organizzazione terroristica mandante dell’assassinio di Monaco. L’operazione, approvata dall’allora primo ministro Golda Meier si sarebbe protratta per 20 anni eliminando una dozzina di obiettivi sparsi tra Occidente e Medio Oriente. Numerose furono le implicazioni morali e le critiche per lo svolgimento di questa operazione ber raccontata del film Munich.
Il comandante Zvi Zamir, che fu a un passo dalla decisione di assassinare l’ayatollah Khomeininel 1979, poco prima del termine della rivoluzione culturale sciita in Iran, spiega come spesso le operazioni pianificate da Israele avrebbero stravolto i già delicati equilibri politici nella regione mediorientale, e come, a volte, fosse meglio passare la mano piuttosto che proiettare uno stato o un’intera regione in scenari imprevedibili. Questo abbandono oggi rappresenta una delle scelte più infelici compiute dall’intelligence dello Stato di Israele, dato che l’Iran costituisce la prima minaccia potenziale per la sua sopravvivenza. Ma la strategia complessa seguita dal Mossad non è infallibile.
Questo aspetto terrificante, ma estremamente affascinate, spiega come un’informazione in più o come un ritardo minimo sulla pianificazione della missione, come un assenso o un ordine di abbandonare, possano condizionare l’assetto geopolitico mondiale e le guerre che potrebbe innescare. È questo infatti uno degli aspetti principali su cui “Inside The Mossad” si concentra, spiegando come funziona la macchina complessa del servizio segreto meglio organizzato nel mondo e quali sono stati i suoi obiettivi.
Sotto traccia, questo documentario a puntate fornisce anche una serie di chiavi di lettura contemporanee, portando all’attenzione una nuova ribalta di antisemitismo che sta colpendo l’Europa, in particolare la Francia, con esempi riscontrabili a Grenoble e nel dipartimento di Saint Denis, dove i cittadini di religione ebraica stanno fuggendo dalle continue aggressioni da parte di soggetti di religione musulmana. Il Mossad è probabilmente a conoscenza di fatti più di quanto non lo sia il Dgse francese, dato l’interessamento transnazionale, e potrebbe mettere in guardia l’Europa, dove gli attentati di matrice islamista vengono perpetrati da anni, e dove l’antisemitismo non viene ancora considerato un problema dai governi, ma potrebbe rappresentare una forte minaccia per la sicurezza e l’incolumità di centinaia di individui, non solo per coloro che portano la “stella di Davide”.