Nei Paesi Baltici è iniziata ufficialmente l’esercitazione Saber Strike 2017, le grandi manovre in ambito Nato dirette dalle forze armate statunitensi di stanza in Europa. L’obiettivo dell’esercitazione è specificamente quello di rendere più armonica ed efficace la coordinazione tra eserciti degli Stati Uniti, della Lettonia, della Lituania, dell’Estonia e della Polonia. Coordinamento che dovrà essere integrato con le truppe di tutti i Paesi della Nato impegnati nell’esercitazione.Le grandi manovre avranno luogo appunto sul fronte baltico e impegneranno le forze militari dell’Alleanza Atlantica dal 27 di maggio al 24 giugno. Un mese in cui le truppe saranno dispiegate in vari luoghi che includeranno tutti i Paesi dell’area baltica, dall’Estonia alla Polonia e che avranno come obiettivo quello dell’addestramento in differenti tipologie di manovre. Le esercitazioni chiave, che avranno un maggiore peso nell’ambito di Siber Strake, saranno sei, e sono quelle più interessanti anche sotto il profilo di possibili scenari futuri di guerra.La prima avrà come oggetto un’esercitazione sul coordinamento di un convoglio marittimo che partirà dal porto polacco di Orysz e che terminerà il suo viaggio sulle coste meridionali della Lituania. La seconda esercitazione prevede lo sbarco di rifornimenti e di attrezzature prefabbricate in Lettonia. La terza esercitazione consisterà in un assalto anfibio in Lettonia. Sono poi previste due esercitazioni di fuoco congiunte, una in Polonia e una in Lituania. A queste si aggiungeranno un assalto aereo da parte dei British Royal Marines al confine polacco-lituano e l’esercitazione di attraversamento di un fiume nella stessa area dell’assalto.La cadenza annuale delle esercitazioni non deve destare preoccupazione riguardo all’utilità di queste manovre nell’ambito di un futuro scenario di guerra che interessi i Paesi Baltici. È tuttavia interessante costatare come, recentemente, da parte atlantica, il numero di manovre militari che hanno come oggetto il fronte orientale, quindi quello al confine con la Russia, è in netto aumento. I motivi sono molteplici. Da una parte, c’è sicuramente un decadimento delle relazioni fra il Cremlino e l’Occidente che, anche a detta del presidente russo Putin, sono ormai ai minimi storici dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Negli ultimi anni, la rinascita russa anche come potenza militare in grado di sconvolgere gli equilibri mondali è divenuta per l’Occidente una minaccia che la Nato monitora continuamente. Oltre a ciò, è innegabile come da parte soprattutto dei Paesi del fronte orientale, in particolare del Gruppo Visegrad, vi sia l’assoluta necessità di sentirsi protetti in caso di guerra con Mosca. Le dichiarazioni di una volontà di un maggior impegno sul fronte orientale da parte degli Stati Uniti e degli alleati sono ormai una costante della politica dei Paesi Baltici e della Polonia, tanto da ritenere più importante stringere ancora di più l’alleanza con Washington che rimanere legati all’Unione Europea.Per comprendere l’importanza strategica di tutta l’area interessata da queste manovre, basta pensare al fatto che la Nato prevede di compiere sedici esercitazioni nell’arco di quest’anno. Un numero sicuramente impressionante che viene giustificato dalla necessità di maggiore coordinamento delle truppe ma che, evidentemente, racchiude anche il desiderio da parte atlantica di mostrare alla Russia la presenza reale e non soltanto politica del Patto Atlantico sul fronte dei Paesi ad Occidente di Mosca. Una presenza che, da parte russa, significa una minaccia della propria sicurezza nazionale e che dimostrerebbe quell’accerchiamento di cui si sente vittima negli ultimi anni; e che invece, da parte occidentale, significa tutela dei Paesi Membri in caso di un intervento militare russo. Un intervento che, seppur remoto, desta sempre più preoccupazione, tanto da aver moltiplicato le esercitazioni in tutto il fronte ed aver aumentato anche il numero di uomini e mezzi impiegati, sia da parte statunitense che da parte di tutti i Paesi Membri.

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