Fino a poche settimane fa la comunità internazionale riponeva mille speranze nell’India, nella “farmacia del mondo” che stava inviando, bruciando ogni tappa, milioni e milioni di vaccini anti Covid quasi in ogni angolo della terra. A un certo punto, proprio mentre l’Europa avrebbe avuto bisogno di più dosi, Nuova Delhi è stata travolta da una violenta ondata di Sars-CoV-2. Se un anno fa, di fronte all’insorgere della prima ondata, l’Elefante indiano era riuscito a scongiurare la catastrofe annunciata dagli esperti, adesso le autorità sembrano impotenti. I bollettini sono un’ecatombe. Da giorni si contano in media più di 300 mila nuovi casi quotidiani, e anche i decessi salgono vertiginosamente verso l’alto macinando ogni record.
Nelle ultime 24 ore si sono contate 2.764 vittime, ma questi numeri lasciano il tempo che trovano. Già, perché secondo vari studi evidenziati dal Corsera il numero di morti potrebbe essere da due a cinque volte più alto rispetto a quello riportato nelle statistiche ufficiali. Il New York Times ha citato l’esempio di Ahmedabat, corporazione municipale situata nello Stato di Gujarat, dove un addetto alla cremazione delle vittime ha riferito di etichettare i decessi con una generica “malattia” (anziché Covid). Oppure di Bhopal, città del Madhya Pradesh, dove in giorni consecutivi ci sarebbero stati appena 41 decessi per Covid, quando invece, nel medesimo periodo, i luoghi di sepoltura hanno registrato più di mille nuovi arrivi. E chissà quante altre contraffazioni – proprio come avvenuto anche altrove – ci sono state nell’immensa nazione indiana. Alcune volontarie, pensate per non alimentare il panico o limitare i danni in determinate aree agli occhi dell’opinione pubblica, altre involontarie, visto che lo Stato non può arrivare in ogni villaggio sperduto.
L’India ha bisogno di aiuto
I numeri, in realtà, fanno impressione perché contengono cifre mastodontiche, specchio delle gigantesche dimensioni di una nazione di quasi 1.4 miliardi di abitanti. Dai dati ufficiali si evince un tasso di letalità pari all’1.1%, minore rispetto a quello registrato in Messico (9.2%), Perù (3.3%) e perfino Italia (3%). Il fatto, poi, che la popolazione indiana abbia un’età media molto bassa (il 35.7% si trova nella fascia di età compresa tra 0-19 anni a fronte dell’appena 6.6% di over 65), dovrebbe agevolare l’India nella lotta contro il virus.
Se, come sta accadendo, le cose non vanno nella direzione sperata, la colpa, oltre alla variante indiana, è da attribuire allo scellerato sistema sanitario nazionale e ad alcune altrettanto scellerate decisioni politiche (in primis, l’autorizzazione a concedere lo svolgimento di riti tradizionali di massa). In un simile contesto, l’India è rimasta a secco di ossigeno e – paradosso dei paradossi – pure di vaccini, tanti ne aveva esportati all’estero prima che la seconda ondata si abbattesse su Nuova Delhi e dintorni. Dall’estero c’è chi si è subito mobilitato per fornire supporto al governo indiano: il Regno Unito, l’Unione europea, gli Stati Uniti e perfino la Cina.
Nuova Delhi chiama, Mosca risponde
Ma l’aiuto concreto più importante, soprattutto per le implicazioni geopolitiche, potrebbe arrivare dalla Russia. L’asse Nuova Delhi-Mosca è in procinto di creare un’alleanza di ferro anche sul piano commerciale, politico ed economico. Tutto sta nel capire come reagirà Washington al disperato bisogno di aiuto dell’India. Se la Casa Bianca dovesse tentennare ancora, il rischio è che il Cremlino possa riempire il suo vuoto e allontanare l’ombra americana dall’Elefante indiano. In ogni caso, come ha sottolineato Reuters, il primo maggio l’India riceverà il primo lotto del vaccino russo anti Covid-19 Sputnik V.
Il capo del Fondo russo per gli investimenti diretti, Kirill Dmitriev, non ha detto quante dosi saranno inviate né dove saranno prodotte. Ricordiamo che il fondo sovrano russo RDIF che commercializza lo Sputnik a livello globale ha firmato accordi con cinque principali produttori indiani per un totale di oltre 850 milioni di dosi di vaccino all’anno. Ma non è finita qui, perché la società farmaceutica russa Pharmasyntez ha dichiarato di esser pronta a spedire in India fino a 1 milione di confezioni del farmaco antivirale remdesivir entro la fine di maggio, una volta ricevuta l’approvazione di Mosca.