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Questa domenica il leader del Kurdistan iracheno Massoud Barzani è atterrato ad Istanbul per incontrarsi con Recep Tayyip Erdogan e il primo ministro Binali Yildrim. Secondo Safeen Dizayee, portavoce del governo regionale del Kurdistan che ha partecipato a tutti gli incontri tra la delegazione curda e quella turca, Barzani si è mosso su invito della Turchia.Le rispettive delegazioni si sono incontrate in un clima particolarmente rilassato se si considera il rapporto che solitamente contraddistingue le relazioni tra turchi e curdi, tanto che all’arrivo di Barzani all’aeroporto Ataturk di Istanbul, insieme alle bandiera turca e irachena, è stata issata – per la prima volta – anche quella del Kurdistan, mentre ad accogliere il leader curdo in questo clima di inusuale convivialità c’era il vice ministro degli esteri Ahmet Yildiz.La decisione di issare la bandiera del Kurdistan non è un fatto trascurabile, piuttosto è un gesto di particolare rilevanza perché dimostra la volontà del governo turco di migliorare i rapporti diplomatici con la minoranza che vive nell’Iraq settentrionale, o quantomeno il desiderio di allentare le tensioni che non sono mai completamente mancate da entrambe le parti.Durante l’incontro al palazzo presidenziale di Chankaya tra i funzionari curdi e la controparte turca sono stati trattati “molti temi, dalla situazione in Siria, all’avanzata dell’esercito iracheno su Mosul fino ad arrivare alla questione dell’economia della regione curda”, riferisce Barzani a margine degli incontri, economia particolarmente sofferente da quando le milizie dello Stato Islamico hanno conquistato Mosul nel 2014. Argomento che tocca da vicino la Turchia di Erdogan: Istanbul infatti ha investito grandi quantità di denaro nell’Iraq settentrionale e ha subìto grosse perdite da quando i miliziani di Al-Baghdadi sono penetrati nell’Iraq settentrionale mantenendo una buona porzione della regione sotto il loro controllo.I membri delle due delegazioni non a caso hanno incentrato i loro incontri sulla discussione di temi economici, oltre ad essersi confrontati sul percorso da intraprendere una volta che lo stato islamico sarà definitivamente annientato e Mosul completamente liberata.Barzani ed Erdogan non si incontravano dall’agosto del 2016 e a spingere il leader iracheno a visitare Istanbul non è stata la volontà di parlare del post-Isis o delle prossime mosse da portare a termine nello scacchiere mediorientale una volta annientate le milizie di Daesh; a preoccuparlo è piuttosto l’accordo stretto tra Iran e Iraq il 20 febbraio a Baghdad per la costruzione di un oleodotto che porti il petrolio grezzo presente in grandi quantità a Kirkuk fino alla raffineria iraniana di Abadan. Progetto per cui la leadership curda non è stata minimamente presa in considerazione né per parteciparvi né per esprimere sue eventuali opinioni al riguardo.La Turchia ha tutti gli interessi a mantenere un rapporto privilegiato con la controparte curda-irachena (e viceversa) con cui, al contrario del rapporto contraddistinto dalla violenza con i curdi-siriani, ha instaurato legami economici e diplomatici troppo importanti e quindi strategici per potersi permettere un atteggiamento palesemente ostile nei confronti di Erbil.A dimostrare quanto Barzani tenga alla partecipazione dei curdi al tavolo delle trattative per la costruzione dell’oleodotto è stata la sua decisione di non spendere nemmeno due parole, in nessuno degli incontri portati a termine tra domenica e lunedì, per la liberazione di Selahattin Demirtas – uno dei leader dell’Hdp (Partito democratico dei popoli) – né degli altri moltissimi curdi imprigionati dal governo autoritario di Erdogan.L’ennesima dimostrazione di come sarà difficile, se non impossibile, che la regione autonoma del Rojava, proclamata dai curdi il 17 marzo 2016 nella Siria settentrionale, possa un giorno formare un unico blocco con il Kurdistan iracheno di Barzani quando verranno finalmente deposte le armi in Siria. Troppi gli interessi divergenti per pensare che i curdi siriani e iracheni abbiano dei vantaggi a costituire un fronte comune in un futuro prossimo. Per la felicità di Erdogan, il cui peggior incubo geopolitico è da sempre la formazione di un legittimo macro-stato curdo al confine sud-orientale della Turchia.Considerando l’appoggio russo ai curdi siriani – i diplomatici russi continuano a premere per permettere ai curdi di partecipare attivamente ai colloqui di pace – per Erdogan un’alleanza con i curdi iracheni potrebbe rivelarsi molto utile. Soprattutto se si tiene in considerazione che ormai sarà molto difficile evitare la formazione di un’entità politica curda in Siria, nonostante l’impegno militare della Turchia contro i curdi durante il conflitto siriano proprio per evitare il consolidamento della loro autorità nel Rojava.Con ogni probabilità quello dei curdi sarà uno dei temi principali dell’incontro recentemente annunciato dal portavoce del Cremlino Dmitri Peskov tra i presidenti di Russia e Turchia, previsto a Mosca nella prima metà di marzo.

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