Colpo di scena in Israele: Benny Gantz, fino ad oggi premier incaricato e rappresentante di una coalizione di centro – sinistra, è stato eletto questo giovedì nuovo presidente del parlamento. Una mossa a sorpresa, che ha cambiato radicalmente nel giro di poche ore lo scenario politico in seno allo Stato ebraico. L’elezione del leader di Blu&Bianco è stata possibile grazie ad un accordo stipulato da quest’ultimo con quello che, fino a poche ore fa, era il suo più importante avversario politico, ossia il premier uscente Benjamin Netanyahu.
Le dimissioni di Edelstein
Il percorso politico che ha portato a questi inaspettati sviluppi, ha preso il via con le dimissioni di Yuli Edelstein da presidente del parlamento. Per la verità già da dopo le elezioni dello scorso 2 marzo, le terze in 11 mesi, ben si intuiva la possibilità di un cambio al vertice della Knesset. Per capire il perché, occorre fare un passo indietro e tornare proprio alle ultime consultazioni: le urne hanno incoronato il Likud, il partito di Edelstein e del premier uscente Benjamin Netanyahu, ma la coalizione di centro – destra nel suo complesso non ha ottenuto la maggioranza di 61 deputati su 120. A seguito del primo giro di consultazioni, 62 deputati hanno espresso la propria preferenza per un governo guidato da Benny Gantz, leader di Blu&Bianco: in particolare, il rivale dell’attuale premier avrebbe il sostegno della sua lista, così come della Lista Araba Unita, dei Laburisti e di Yisrael Beiteinu, il partito riferimento degli israeliani di origine russa guidato da Avigdor Lieberman. Per tal motivo il presidente della Repubblica, Reuven Rivlin, ha dato a Gantz l’incarico di formare il governo.
Da quel momento in poi, il ruolo di Edelstein quale capo della Knesset ha iniziato ad essere stato messo in discussione. La coalizione che ha indicato Gantz quale nuovo premier, aveva tra i suoi primi obiettivi proprio l’individuazione di un nuovo presidente del parlamento, in modo da facilitare il passaggio di due leggi ritenute fondamentali nella prossima legislatura: l’imposizione di un limite massimo di due mandati da primo ministro ed il divieto di diventare premier per chi risulta sotto processo. Si tratta di norme che potevano andare a chiudere ogni possibilità di riconferma per Netanyahu: quest’ultimo infatti a breve dovrà apparire in tribunale come imputato con l’accusa di corruzione.
A complicare la posizione di Edelstein anche la sua decisione di chiudere la Knesset per via dell’emergenza coronavirus. Una circostanza quest’ultima fortemente criticata dal presidente della Repubblica e contro la quale Blu&Bianco ha promosso un ricorso alla Suprema Corte. I giudici hanno intimato ad Edelstein di convocare il parlamento e far tenere la votazione per l’elezione del suo successore. La risposta dell’oramai ex speaker è stata quella di rassegnare le dimissioni, lasciando vuoto lo scranno di numero uno della Knesset. La tempistica con la quale è maturato il passo indietro, non è sembrata casuale: le dimissioni di Edelstein, come riportato da AgenziaNova, hanno validità dopo 48 ore e dunque un giorno dopo il termine ultimo della scadenza del mandato esplorativo di Gantz. Ma secondo l’articolo 13 della Costituzione, “Il presidente del parlamento deve essere eletto non oltre la data in cui la Knesset è convocata allo scopo di formare il governo”. In poche parole, il rischio di un’impasse in seno al parlamento israeliano era diventato molto forte.
Verso un governo di unità nazionale
A questo punto lo spettro delle quarte elezioni anticipate consecutive sembrava davvero dietro l’angolo: senza un presidente del parlamento e senza la possibilità per Gantz di sciogliere o meno la riserva, in Israele si era iniziato a dare per concreta l’idea di un nuovo ricorso alle urne. Il colpo di scena è arrivato nel pomeriggio di giovedì: i due principali antagonisti, Netanyahu e Gantz, hanno infatti annunciato un accordo di governo. La prima attuazione pratica dell’intesa, si è avuta in seno alla Knesset: il leader di Blu&Bianco è stato infatti eletto presidente con i voti de Likud. È stato quello il segno della “fumata bianca” tra premier uscente e premier incaricato. L’accordo tra i due prevederebbe, secondo i media israeliani, la guida della Knesset affidata a Gantz in questo periodo iniziale della legislatura, mentre Netanyahu andrebbe a guidare il nuovo esecutivo per i prossimi 18 mesi, prima di lasciare lo scettro proprio a Gantz. Una staffetta dunque motivata da entrambi dalla necessità di dare un nuovo governo ad Israele, le cui istituzioni sono chiamate a fronteggiare adesso anche l’emergenza coronavirus.
L’accordo però ha provocato uno strappo all’interno di Blu&Bianco: Yair Lapid, uno dei principali artefici della formazione della lista centrista antagonista a Netanyahu, ha abbandonato il gruppo riportando in corsa da solo il suo partito Yesh Atid. Una decisione analoga a quella presa dall’altro leader della lista, ossia Moshe Yàalon. In questa maniera, l’esecutivo sarà formato dal Likud e da quella parte di Blu&Bianco rimasta fedele a Gantz, oltre che dai partiti religiosi dello Shas e del Giudaismo Unito nella Torah. In totale, la nuova maggioranza dovrebbe contare su 74 deputati su 120.