Il ritiro delle forze occidentali dall’Afghanistan ha lasciato il segno anche nel Vecchio Continente. In Europa la fine anticipata e frettolosa della missione Nato nel Paese oggi di nuovo in mano ai talebani, ha aperto la strada a una profonda riflessione sulle politiche di sicurezza. Oggi gli Stati Uniti non vengono più percepiti come unica guida del mondo occidentale. L’Europa, in poche parole, deve iniziare a pensare a cavarsela da sola. A dirlo iniziano a essere in molti, in ambito comunitario e non solo. Se alla disfatta afghana si aggiunge il caso dello stop, decretato dall’Australia su pressioni Usa, della vendita di sottomarini francesi inizialmente destinati a Canberra, ben si spiega come mai a Bruxelles il tema della “difesa comune” è tornato improvvisamente a galla.

Il discorso di Ursula Von Der Leyen al parlamento europeo

A rilanciare il tema sulla difesa comune è stata nei giorni scorsi il presidente della commissione europea, Ursula Von Der Leyen. Lo ha fatto non in una sede e né tanto meno in un evento qualsiasi. Il numero uno dell’esecutivo comunitario ha incluso l’argomento tra i punti toccati nel discorso sullo stato dell’unione, riservandogli nella scaletta uno spazio non indifferente. Del resto per Ursula Von Der Leyen parlare di difesa vuol dire tornare ai principali dossier di cui si è occupata prima di finire catapultata, un po’ per caso e un po’ per audaci contingenze politiche, nell’agone comunitario. Per sei anni, dal 2013 al 2019, è stata ministro della Difesa in Germania all’interno degli ultimi governi di Angela Merkel. Se sui vaccini, sulla gestione dell’emergenza pandemica e su altri fronti la sua leadership è apparsa più che traballante, sulle politiche di difesa ha trovato forse il campo ideale per mostrare una maggiore solidità politica.

Per Ursula Von Der Leyen non ci sono dubbi: in futuro l’Europa su questo settore deve camminare unita. Una convinzione derivante soprattutto da quanto accaduto nelle ultime settimane: “L’Europa dovrebbe essere capace e dovrebbe voler fare di più da sola – si legge nelle sue dichiarazioni davanti l’europarlamento –  anche perché è un fornitore unico di sicurezza: ci saranno missioni in cui l’Onu o la Nato non ci sono, ma in cui c’è l’Ue”. Sul perché fino ad oggi il Vecchio Continente non ha trovato compattezza sulle politiche di difesa, Ursula Von Der Leyen ha dato una sua spiegazione: “Cosa ci ha trattenuto fino ad ora? – ha proseguito nel suo discorso – Non una mancanza di capacità ma la mancanza di volontà politica. Se sviluppiamo questa volontà politica, ci sono molte cose che possiamo fare a livello Ue”.

Al di là delle dichiarazioni del presidente della commissione, il tema relativo alla difesa comune europea sembra oggi nuovamente in agenda. La disfatta afghana potrebbe aver accelerato diversi progetti. Ne è convinto ad esempio anche l’ex presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi: “L’Ue finché non avrà una unica politica estera supportata da una difesa comune – ha dichiarato in un video trasmesso durante la riunione del Partito Popolare europeo in corso a Roma – non sarà in grado di svolgere alcun ruolo autonomo”. Le indicazioni che stanno arrivando da più parti sono quindi chiare: una politica comune in tema di difesa nei prossimi mesi tornerà tra le priorità.

Il possibile ruolo della Francia

Il presidente della commissione nel suo discorso ha esplicitamente fatto riferimento alla Francia e al prossimo semestre di presidenza europea che spetterà proprio all’Eliseo. Ursula Von Der Leyen ha caldeggiato l’idea di un summit sulla difesa non appena il presidente francese Emmanuel Macron, a partire dal primo gennaio 2022, sarà presidente di turno dell’Ue. Un’indicazione certamente non casuale. Non è un mistero che l’attuale inquilino dell’Eliseo aspira a dare alla Francia un ruolo di guida della difesa nel Vecchio Continente. Prima del Covid, negli ambienti Nato si parlava di due potenziali minacce interne all’Alleanza Atlantica. Una a oriente, rappresentata dalla Turchia di Erdogan sempre più protesa verso est, e una ad occidente. Quest’ultima rappresentata proprio da Parigi specialmente quando, in un’intervista rilasciata all’Economist nel novembre 2019, Macron ha parlato di “morte cerebrale” della Nato. Una dichiarazione che ha sottinteso il possibile progetto francese di una “Nato europea”.

Se dunque nel Vecchio Continente si vuole riprendere il filo del discorso su una politica di difesa comune, volenti o nolenti occorrerà guardare alla Francia. Anche perché l’Eliseo ha il dente avvelenato dalle ultime vicende relative alle commesse di sottomarini da vendere all’Australia. Dopo la stipula di accordi miliardari con Canberra, gli Usa hanno fatto prevalere le proprie ragioni di difesa spingendo il governo australiano a stralciare i contratti con Parigi e ad abbracciare la vendita dei sottomarini nucleari americani. Un’umiliazione per Macron che potrebbe riportare a galla i suoi propositi di una difesa europea a guida transalpina.