Ci eravamo addormentati con il sogno degli Stati Uniti d’Europa e ci siamo risvegliati – bruscamente – con un incubo di bizantismi legali, responsabili introvabili e fallimenti epocali come nel peggiore ufficio comunale di terza categoria.

Perché oggi, di quell’Ue sponsorizzata dai suoi ultrà, non c’è nemmeno l’ombra. Che fine ha fatto? Dove sono la precisione teutonica, la sveltezza italica e il “savoir faire” francese? Dovevamo essere tutti migliori grazie all’Europa. Dovevamo migliorarci, renderci finalmente al passo coi tempi. Ma qui rischiamo invece di aver preso tutti i difetti di tutti. E di rimanere anche con meno certezze di quelle che avevamo.

Sarà colpa nostra? Non si sa. Quello che è certo, è che di quell’Unione europea forte, rapida e alla pari delle superpotenze, quella che ci avrebbe dovuto condurre verso le “magnifiche sorti e progressive”, oggi non rimane che un’ombra. Un cupo insieme di governi litigiosi e burocrati inadeguati che si incaglia come la Ever Given a Suez.

Oggi la situazione è più o meno questa. Sul fronte dei vaccini, un intero continente composto dalle eccellenze dell’Occidente con Paesi che si definiscono anche potenze del G-7 non è riuscito a trovare in tempi utili un vaccino da distribuire ai suoi cittadini. La cosa già di per sé sarebbe un disastro, visto che in teoria abbiamo anche un’industria farmaceutica all’avanguardia in tutta Europa. Ma non contenti, gli stessi “colonnelli” dell’Ue che non sono riusciti a organizzarsi per investire sui vaccini, hanno anche dimostrato la totale inadeguatezza nel rintracciarli all’estero. Sembra un paradosso, visto che in teoria vengono anche additati come burocrati o tecnocrati. Eppure proprio i “tecnocrati”, quelli attenti al calcolo, alla clausola sul bilancio, alla minima legge italiana o greca o su come devono essere le reti da pesca del peschereccio di Ravenna di Mario Rossi, sono riusciti a firmare contratti sulla cosa più importante al mondo nel modo peggiore.

Una cosa che dovrebbe far gridare allo scandalo e quantomeno provocare un terremoto politico in tutta l’Unione europea. E invece tutto tace. In Ue non esiste responsabilità o ammissione di colpa. E se anche si confessa di aver sbagliato, lo si fa parlando di “ingenuità” o di “peccati”, o di “errori” a cui si cercherà di rimediare.

Ecco, a dirla proprio tutta, non è così che funziona. Vero che gli errori si possono commettere, siamo esseri umani. Ma se errare è umano, perseverare è diabolico. Ed è anche diabolico non mostrare alcun senso della misura. Ad esempio rassegnando le dimissioni o chiedendo la testa di chi sbaglia. Non per giustizialismo, ma per semplice regolarità della vita democratica: chi sbaglia, paga. E un sistema deve pur sempre sopravvivere e migliorare. Con l’Europa però non funziona così: nessuno paga perché non esiste davvero un responsabile. I Big Pharma ci hanno “fregato”? Colpa loro, mica di chi firma. Il Regno Unito ha fatto meglio di noi? Colpa di Boris Johnson che parla di “avidità” e “capitalismo” mica dei tecnici europei – notoriamente filantropi dal cuore d’oro – che firmano contratti senza senso. E così si va avanti fino alla sfinimento: finché alla fine il cittadino Ue, deluso e amareggiato per non avere un vaccino, nemmeno sa con chi prendersela e si mette l’anima in pace.

Dulcis in fundo, ora arriva anche l’ultima novità dei giudici costituzionali tedeschi. Ebbene, forse non molti sanno che l’intera Europa attualmente è appesa alla decisione di un gruppo di togati di Karlsruhe che dovrà decidere se il Recovery Fund è costituzionale per la legge tedesca. Una persona penserà che questa cosa interesserà solo la Germania. E invece no, perché il meccanismo infallibile dell’Ue prevede per il Recovery Fund l’approvazione unanime di tutti i Paesi. Morale: se la Corte Costituzionale tedesca non ritiene che il Recovery sia in linea con la Costituzione della Germania, salta il Recovery Fund. E quindi in pratica salta l’accordo su cui si è fondata tutta la (per ora presunta) ripresa dell’economia europea devastata dal coronavirus. Altro che potenza di fuoco di “contiana” memoria.

Dal governo tedesco gettano acqua sul fuoco. “Tranquilli” dicono da Berlino, “non c’è niente da temere, figuratevi”. Ma intanto l’idea che tutto possa sbloccarsi a maggio comincia a essere un lontano miraggio. Mentre è molto più concreta un’altra lunga traversata nel deserto. Ringraziamo i 2281 cittadini tedeschi che hanno firmato il ricorso? No. Ringraziamo invece chi ha pensato bene di vincolare il Recovery a questa regola dell’unanimità quando c’è una crisi che non aspetta nessuno. Né l’Ue né tantomeno gli “ermellini” tedeschi.





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