Una mossa per placare la piazza oppure una reale resa dei conti interna al sistema di potere contro gli uomini dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika? Alla vigilia di un ennesimo venerdì di protesta, in Algeria ci si interroga su cosa c’è dietro l’arresto di un “pezzo forte” della nomenclatura di Bouteflika, come l’ex primo ministro Ahmed Ouyahia.
L’arresto dell’ex primo ministro
Il premier dimissionato prima della fine definitiva dell’era Bouteflika, il presidente al timone dell’Algeria per vent’anni fino allo scorso 2 aprile, non è certo un uomo di secondo piano. Dal 1995 in poi per ben quattro volte viene nominato primo ministro, i suoi mandati da premier sono tre sotto il ventennio dell’oramai ex presidente. Ahmed Ouyahia è un uomo molto navigato in seno alla politica algerina, è lui a guidare anche l’ultimo esecutivo nominato da Bouteflika prima dello scoppio delle proteste. Anzi, si può dire che l’ex premier è la prima testa a cadere a seguito delle dimostrazioni di piazza emerse dopo l’annuncio della quinta ricandidatura di Abdelaziz Bouteflika come presidente. Quando il malcontento popolare è ben evidente nelle manifestazioni, Ouyahia è il primo fatto accomodare fuori dalla porta del palazzo presidenziale.
Al pari di altri uomini vicini all’ex presidente, è preso di mira per la scarsa incisività nella lotta alla corruzione. Da alcuni mesi risulta impelagato in un’indagine su Mahieddine Tahkout, un uomo d’affari non nuovo ad inchieste che coinvolgono molto da vicino il sistema di potere algerino. Ma nessuno forse si aspetta un arresto da parte della Polizia: lui, quattro volte premier e uomo di fiducia del vecchio presidente, adesso è portato in una prigione di Algeri. L’accusa, manco a dirlo, è quella di corruzione e riguarda proprio le indagini su Tahkout.
Gli “arresti eccellenti” degli uomini di Bouteflika
Se Ouyahia è la prima vittima politica del canto del cigno del ventennio di Bouteflika, non è invece il primo fedelissimo dell’ex presidente a finire in galera. Il 5 maggio scorso, ad essere arrestato è Said Bouteflika, fratello minore dell’ex capo di Stato. Per lui l’accusa è quella di aver complottato per rimuovere il capo di stato maggiore dell’esercito, reo di non aver difeso Bouteflika o comunque di non aver autorizzato misure repressive contro i manifestanti.
Adesso in tanti si chiedono se questi arresti sono meri palliativi volti a tranquillizzare la piazza, che manifesta ad oltranza per chiedere la rimozione in toto di tutti gli uomini di Bouteflika, compresi quelli che attualmente stanno gestendo la fase di transizione, oppure se realmente è in corso una resa dei conti. In particolare, ed è questo il forte sospetto che emerge, l’esercito negli ultimi tempi non avrebbe più visto di buon occhio Bouteflika e dunque, una volta dimesso l’ex presidente, starebbe riuscendo a far pressioni per rimuovere le persone più vicine alla passata nomenclatura.
Ma anche la prima ipotesi non è del tutto da scartare: è possibile infatti che, con il fine di sedare gli animi, chi gestisce la transizione voglia in qualche modo mostrarsi più distante possibile dai fedelissimi di Bouteflika. Intanto la tensione nel paese rimane costante, per di più da quando il poco amato Bensalah, presidente ad interim, ha annunciato il rinvio del voto previsto il 4 luglio ed il prolungamento del suo incarico provvisorio.