La tensione in Algeria è tutt’altro che smorzata. Anche se del Paese africano si parla sempre meno, la situazione non è affatto rientrata alla normalità. Ad agosto, con un caldo che sfiora i 40 gradi in molte regioni e con gran parte degli uffici e delle scuole chiuse, risulta fisiologico il calo delle proteste. Ma a settembre potrebbe arrivare una delicata resa dei conti: da un lato i manifestanti, dall’altro l’apparato governativo,e in mezzo un esercito che non interviene per reprimere ma che prova a conservare lo status quo. Certo è che lo stallo che vede l’Algeria ancora senza un presidente e un governo con pieni poteri non può durare a lungo.

La proposta del capo di stato maggiore dell’esercito

A lanciare una proposta nelle scorse ore è Ahmed Gaid Salah, numero uno del potente e sempre più influente esercito algerino. Il suo rapporto con i manifestanti che da mesi protestano nelle piazze algerine è fatto di alti e bassi: a lui viene tributato il merito, da parte dei manifestanti, di non aver represso le proteste scoppiate a febbraio a seguito dell’annuncio della nuova candidatura di Bouteflika, poi ritirata. Ma al tempo stesso Salah viene visto in ogni caso come un uomo del potere, in grado di rendere l’esercito sempre più decisivo nel contesto algerino e dunque di ostacolare il percorso di rinnovamento chiesto dai manifestanti.

La sua proposta riguarda un avvicinamento progressivo alle elezioni, da fissare il 15 dicembre. Del resto il problema maggiore dell’Algeria riguarda il fatto che il Paese non riesce ad organizzare nuove consultazioni presidenziali, dopo l’annullamento di quelle del 18 aprile a seguito della rinuncia di Bouteflika e di quelle fissate il 4 luglio scorso. I poteri spettanti al presidente vengono gestiti ad interim dall’ex presidente del Senato, Abdelkader Bensalah. Bouteflika infatti il 2 aprile ha lasciato definitivamente la scena a seguito delle sue dimissioni, arrivate dopo la sopra citata rinuncia alla candidatura.

Per questo quindi Salah vuole adesso rompere gli indugi ed avanzare proprie proposte per giungere all’indizione delle consultazioni presidenziali. La prima tappa, nel percorso da lui ipotizzato, riguarda la costituzione di un organo incaricato di organizzare e supervisionare le elezioni. Secondo il suo programma, si dovrebbe arrivare a questo entro il prossimo 15 settembre. In seguito dovrebbero scattare 90 giorni di tempo prima di aprire le urne, dunque il voto potrebbe essere svolto entro il 15 dicembre.

Ancora molti dubbi in campo

Ma anche la proposta di Salah non sembra avere molte chance. Come detto, i manifestanti guardano con sospetto all’operato del capo di stato maggiore dell’esercito e dunque non tutti vedono di buon occhio un suo interessamento in prima persona nel realizzare un programma in vista delle elezioni. In secondo luogo, chi protesta chiede un totale azzeramento della classe politica, con elezioni da far organizzare ad un’entità del tutto indipendente e lontana dagli uomini dei precedenti governi. Ed è proprio questo l’ostacolo principale: nessuna delle parti vuole mediazioni, nessuno vuole compromessi. Da una parte c’è chi invoca lo spauracchio della destabilizzazione per provare a far digerire solo piccoli cambiamenti in nome della stabilità, dall’altra c’è chi vorrebbe la fine di ogni transizione ed il repentino inizio di una nuova fase politica.

Nessuno fa passi indietro: chi è dentro le stanze della politica rimane dentro i palazzi, chi è nelle piazze rimane ancora nelle piazze. E con la ripresa della scuola si annunciano nuovi scioperi e nuove proteste, con lo spettro di uno stallo destinato a rimanere a lungo. Intanto il paese continua ad essere gestito ad interim, da un capo di Stato transitorio e da un governo chiamato a rimanere solo fino alle prossime elezioni. Senza la certezza di nuove consultazioni e senza prospettive nell’immediato futuro. Un qualcosa questo che l’Algeria, paese che vive una non indifferente crisi economica, non può certo permettersi.

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