Anche in questo martedì in Algeria si scende in piazza, è il diciassettesimo consecutivo in cui le vie delle principali città del paese vedono la presenza dei manifestanti perlopiù giovani e studenti. Il martedì ed il venerdì sono le due giornate della settimana in cui sigle e gruppi dell’opposizione si danno appuntamento ad Algeri come in altri importanti centri del paese nordafricano. Le manifestazioni delle scorse ore avvengono all’indomani di un importante discorso del capo di stato maggiore dell’esercito, Ahmed Gaid Salah.

“Occorrono al più presto nuove elezioni”

Salah in questo momento è l’unica figura dell’entourage algerino che appare estremamente rispettata dalla piazza. Del resto, è lui l’artefice principale della mancata repressione da parte delle forze dell’ordine e di sicurezza delle manifestazioni in corso da febbraio. In qualche modo chi protesta gli riconosce il ruolo di tutore della stabilità dell’Algeria e di difensore delle ragioni dei manifestanti. La scoperta di un complotto ai suoi danni ordito dal fratello dell’ex presidente Bouteflika durante le prime settimane di protesta, lo rende poi ancora più popolare. Per tal motivo il suo discorso tenuto durante una visita di lavoro presso la terza regione militare di Bechar, desta un certo clamore in tutta l’Algeria.

Il primo riferimento di Salah è alla carta costituzionale: “La Costituzione è stata adottata dal popolo – dichiara il capo di stato maggiore – e chi dice che la volontà del popolo è al di sotto della Costituzione vuole distruggere il paese per costruire uno Stato a loro misura”. Poi arriva un affondo alla classe dirigente vicina all’ex presidente: “Quando l’esercito stava mettendo in sicurezza le frontiera dalla minaccia del terrorismo, i membri della banda ne hanno approfittato per sottrarre denaro al popolo”.

Ma il passaggio più importante del discorso di Salah riguarda le elezioni presidenziali: “L’organizzazione delle presidenziali senza ulteriori ritardi e nelle migliori condizioni di trasparenza e credibilità – dichiara il numero uno dell’esercito – costituisce un elemento fondamentale per una vera democrazia, nella quale non credono purtroppo alcune personalità che considerano le elezioni una scelta e non una necessità”.

Il braccio di ferro tra governo ed esercito

Le parole di Salah certificano la spaccatura che vige tra l’attuale classe dirigente al potere ed una buona parte dell’esercito. Forse è proprio questo alla base della repentina fine dell’era di Abdelaziz Bouteflika, presidente per vent’anni dimessosi lo scorso 2 aprile, a due settimane dalle elezioni presidenziali a cui lo stesso ex capo di Stato avrebbe voluto partecipare per ottenere un quinto mandato. Le sue precarie condizioni di salute e l’età avanzata, indispettiscono gli algerini che da febbraio iniziano a chiedere un passo indietro di Bouteflika. Come detto, l’esercito non interviene, anche se non prende posizione contro il presidente fino a poche ore dalle dimissioni. Soltanto il 1 aprile infatti proprio Salah minaccia provvedimenti qualora non venga applicato l’articolo 102 della Costituzione, ossia la destituzione del presidente per motivi di salute o di impedimento a poter svolgere il proprio ruolo.

Oggi l’Algeria è comunque retta da uomini vicini a Bouteflika: i manifestanti in queste settimane infatti chiedono un passo indietro anche del presidente ad interim Bensalah, così come di buona parte dell’attuale esecutivo. La piazza vede in Salah l’unica garanzia di difesa della costituzione ed allo stesso tempo di stabilità. Difficile dire dove porterà il braccio di ferro, conclamato dalle due parole del capo di stato maggiore, tra esercito e governo. Di certo, l’Algeria al momento non può affrancarsi del tutto dal periodo di Bouteflika, di questo ne è consapevole lo stesso Salah. Forse proprio l’organizzazione in tempi brevi di nuove presidenziali potrebbe essere il punto d’incontro tra esercito, piazza ed attuale governance.

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