Un silenzio assordante circonda il re del Marocco da quando la settimana scorsa il suo Paese è stato colpito dal violento terremoto che ha già fatto 2900 vittime. Mentre si scava ancora tra le macerie e di ora in ora si affievolisce la speranza di trovare superstiti, gli aiuti internazionali vengono selezionati in base alla provenienza e nessuna parola di conforto, a parte un grigio comunicato ufficiale, è stata pronunciata da Mohammed VI

M6, come qui è soprannominato, ha compiuto 60 anni ad agosto e si trovava a Parigi, sua residenza semiufficiale, quando la calamità naturale ha colpito il Marocco. Ha impiegato quasi un giorno per fare rientro a palazzo e da allora ha mantenuto un profilo basso apparendo in un video senza audio trasmesso dalle tv nazionali e visitando un ospedale per donare sangue. 

Funzionari del regno si sono affrettati a rassicurare la popolazione che il sovrano sta guidando dalla prima ora la risposta all’emergenza. Di diverso avviso sarebbero altre fonti anonime secondo le quali vi sarebbe una vera e propria paralisi gestionale dovuta proprio all’inazione del re che, oltre ad essere l’uomo più ricco e potente del Paese, è a capo delle forze armate e “Comandante dei fedeli” per l’Islam

Chi è il re del Marocco

Salito al potere nel 1999, Mohammed VI ha subito indicato di voler affrontare le piaghe della povertà e dell’analfabetismo riconoscendo però in un’intervista alla rivista Time che “qualsiasi cosa io farò non sarà mai abbastanza per il Marocco”. In realtà durante il suo regno ha approvato importanti cambiamenti sociali seppur in un contesto conservatore. Ha rilasciato prigionieri politici, innalzato l’età per il matrimonio dai 15 ai 18 anni, introdotto la possibilità per la donna di chiedere il divorzio – rendendolo una procedura legale – e consentendo la poligamia qualora la prima moglie sia d’accordo. 

L’ondata delle primavere arabe che nel nord Africa ha spazzato via i regimi di Tunisia, Egitto e Libia è stata inizialmente gestita con saggezza da M6 attraverso modifiche alla Costituzione e permettendo al partito islamico di governare dopo la vittoria alle elezioni. A seguito degli attentati terroristici del 2003 Rabat si è impegnata con efficacia nella lotta al terrorismo e all’Islam radicale contraddistinguendosi come alleata affidabile degli Stati Uniti. Nel 2020 ha anche riconosciuto Israele nel quadro degli accordi di Abramo. A partire dal 2016 il sovrano ha però avviato una politica più restrittiva nei confronti delle manifestazioni di protesta e rafforzato il controllo sui mezzi di informazione. Il Marocco è infatti al 144esimo posto nella classifica per la libertà di stampa secondo il World Press Freedom Index.  

Dov’è finito Mohammed VI

Nel frattempo, il mistero sulla figura del re, il quale non ha mai partecipato ad una conferenza stampa né è stato intervistato in televisione, è andato crescendo. Si è parlato tanto dei suoi numerosi problemi di salute e della sua sempre più stretta vicinanza ad un giovane campione di arti marziali, Abubakr Abu Azaitar, e ai suoi due fratelli. Tali frequentazioni ambigue in un paese in cui l’omosessualità e i rapporti fuori dal matrimonio sono ancora considerati illegali avrebbe contribuito ad allargare la distanza tra il palazzo reale e la popolazione. 

A seguito del terremoto del 2004 che fece più di 600 morti, in una circostanza simile a quella odierna, fu necessaria una visita di M6 ai villaggi devastati per mettere in moto la macchina dello stato. Questa volta un intervento di questo tipo potrebbe non bastare. Le dimensioni della catastrofe sono immani e il contesto sociale ed economico è peggiorato rispetto all’inizio del regno di Mohammed VI. Sul letto di morte il padre dell’attuale sovrano, Hassan II, augurò al figlio “una vita difficile per dimostrare il tuo valore”. In questa occasione il silenzio del re dimostra qualcos’altro.  

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