L’ex presidente sudafricano Jacob Zuma è stato rinviato a giudizio per corruzione nell’ambito di un’inchiesta riguardante l’acquisto da parte di Pretoria, negli anni ’90, di due miliardi di armamenti europei per il proprio esercito nazionale. Le accuse contro l’ex capo di Stato erano state mosse già dieci anni fa, ma la National Prosecuting Authority (Npa) aveva deciso di non procedere a causa dell’elezione alla presidenza della Repubblica dello stesso Zuma. Nel 2016, dopo una lunga battaglia legale, il procedimento era stato riavviato. Nel mese di luglio l’ex presidente era comparso di fronte ad una commissione di inchiesta giudiziaria per rispondere ad altre accuse secondo le quali sarebbero stato a capo, durante i suoi mandati, di un immenso sistema di corruzione che avrebbe danneggiato lo Stato. Zuma aveva sostenuto, di fronte ai giudici, di essere vittima di un complotto ordito da due agenzie straniere di intelligence per prendere il controllo del Sudafrica.
Un partito in crisi
La vicenda giudiziaria è destinata a ripercuotersi, almeno in parte, sulle dinamiche del partito dominante del Sudafrica: L’African national congress (Anc), che ha tra i suoi fondatori Nelson Mandela, segue un’ideologia politica progressista e fu perseguitato dall’esecutivo nel corso del lungo periodo dell’Apartheid. Il movimento è al potere dal 1994, l’anno delle prime elezioni libere dopo la caduta dell’Apartheid e si è riconfermato ,con percentuali oscillanti tra il 57 ed il 66 per cento dei voti, in tutte le consultazioni successive. Lo schieramento ha però perso, negli anni, una discreta percentuale di consensi a causa dei numerosi casi di corruzione, della cattiva gestione degli affari di governo e dell’incompetenza di alcuni dei suoi politici. Nel 2014 l’ala giovanile del partito, desiderosa di cambiamenti e di un approccio più moderno, ha compiuto una scissione a sinistra ed ha fondato gli Economic freeedom fiders (Eff), presieduti dal combattivo Julius Malema. La scissione ha indebolito le posizioni dell’Anc, che è però riuscito a resistere a questo shock. Nel 2018, dopo una serie di accuse di corruzione, Jacob Zuma era stato costretto, dal suo stesso partito, alle dimissioni dall’incarico presidenziale per evitare il rischio che gli scandali potessero ulteriormente danneggiare la reputazione del movimento. Gli era succeduto Cyril Ramaphosa, suo vicepresidente, che ha fatto della lotta alla corruzione nell’ANC uno dei temi dominanti della sua presidenza e che ha portato lo schieramento, alle consultazioni del 2019, ad ottenere un dignitoso, viste le circostanze, cinquantasette per cento dei suffragi. Lo stesso Ramapahosa, malgrado la decisa lotta al malaffare, è stato accusato dall’autorità nazionale anticorruzione di aver mentito al Parlamento sul ricevimento di fondi elettorali e la vicenda potrebbe essere destinata ad avere ripercussioni giudiziarie. I sostenitori di Ramaphosa affermano che le accuse contro di lui sarebbero legate ad una lotta per il potere all’interno dell’African National Congress, con la fazione di Jacob Zuma che starebbe cercando di ottenere nuovo spazio politico.
Le prospettive e la situazione economica
I molti problemi politici e sociali del Sudafrica sono legati alle sue peculiari vicende storiche. L’African National Congress, che lottò per decenni e anche con metodi violenti contro il sistema dell’Apartheid, ha goduto e continua in parte a godere del sostegno diffuso della maggioranza nera della popolazione anche perché, per molto tempo, non si sono radicate alternative credibili. Le cose potrebbero però cambiare anche grazie all’Alleanza Democratica (Da), il principale partito di opposizione nato come veicolo politico della minoranza bianca e di altre etnie ed ora sempre più multirazziale. Lo schieramento governa, dal 2009, la provincia di Western Cape, dove è situata Città del Capo, con ottimi risultati, ha un’ideologia politica centrista ed è favore del buon governo. La democrazia sudafricana appare però bloccata e le traumatiche vicende degli ultimi decenni sembrano impedire un possibile ricambio partitico ai vertici del potere. L’elettorato, malgrado gli scandali e la cattiva gestione della cosa pubblica, non sembra ancora pronto, in maggioranza, ad abbandonare l’ANC e la condizione di partito dominante ha nuociuto e nuoce in primis proprio all’African National Congress, troppo sicuro delle sue posizioni per mettersi in discussione.
Le prospettive economiche del Sudafrica non appaiono buone. Il Prodotto Interno Lordo dovrebbe crescere, secondo le stime, dello 0.8 per cento nel 2019, dell’1 per cento nel 2020 e dell’1.3 per cento nel 2021, percentuali insufficienti a risolvere i tanti problemi che affliggono il Paese. Il 25 per cento della popolazione vive in una condizione di povertà estrema ed i numeri crescono fino al 40 per cento se si parla di soglia di povertà. La criminalità, inoltre, affligge la nazione in maniera molto grave: il tasso di omicidi è tra più alti al mondo, con più di 20,000 assassinii registrati nel 2018 ed anche il numero di violenze sessuali, con almeno 40mila stupri avvenuti nel 2018 (ma il numero reale è molto più alto) è una grave piaga nel Paese. Qualora la nuova amministrazione Ramaphosa non riesca ad affrontare queste problematiche appare probabile, nel prossimo futuro, che sempre più elettori possano abbandonare l’African National Congress ed appoggiare altri schieramenti.