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Il “sofagate” diventa un affare internazionale. Chi ha sbagliato nell’incontro tra Charles Michel, Ursula von der Leyen e Recep Tayyip Erdogan? Chi ha reso possibile che l’incontro tra Unione europea e Turchia si trasformasse in una scena imbarazzante con la presidente della Commissione in piedi a capire dove sedersi mentre il presidente turco faceva accomodare vicino a sé il presidente del Consiglio europeo?

Più che di “schiaffo turco” sembra doversi parlare di un vero pasticciaccio europeo. Perché quanto avvenuto ad Ankara rischia di rivelarsi un boomerang proprio per l’Europa e le sue istituzioni, tanto da poter scagionare il cerimoniale turco nonostante le accuse rivolte a Erdogan. Il motivo? È da ricercare nel meccanismo di funzionamento di questi ricevimenti. Lo ha spiegato il Corriere della Sera, che ha mostrato come funziona il protocollo nelle visite ufficiali.

Come funziona il cerimoniale?

Innanzitutto, sgombriamo il campo dalla casualità: in diplomazia, come scrivevamo ieri, la forma è sostanza ed esistono uffici che fanno solamente quello, con un confronto continuo tra la delegazione che ospita e quella che è in visita.  Non c’è possibilità che vi siano momenti di imbarazzo se tutto viene seguito con attenzione da entrambi gli uffici preposti allo scopo: in questo caso quello della delegazione europea e quello turco. In secondo luogo, c’è un rigido cerimoniale di Stato che prevede questo ordine per le istituzioni europee: presidente del Parlamento, presidente del Consiglio europeo e infine il presidente della Commissione. Un ordine che in questo senso spiegherebbe il motivo della “panchina” per Ursula von der Leyen.

Tuttavia – e qui entra in campo il portavoce stesso della Commissione europea – in caso di vertici tra capi di Stato e di governo il presidente del Consiglio Ue e quello della Commissione sono considerati pari grado, occupando quindi le stesse posizioni. Tanto è vero che proprio in Turchia, durante il G20 di Antalya, Donald Tusk e Jean Claude Juncker erano seduti entrambi al fianco di Erdogan. Insomma, in quel caso c’era Erdogan e c’erano anche le istituzioni europee: eppure non vi fu alcun caso diplomatico, né imbarazzo.

Michel prova a difendersi e accusa la Turchia

Michel, che ha preso posto vicino Erdogan senza battere ciglio, ha provato a rispondere alle critiche gettando la palla in campo turco. “L’interpretazione rigorosa da parte dei servizi turchi delle norme protocollari ha prodotto una situazione sconfortante: il trattamento differenziato o addirittura diminuito della Presidente della Commissione europea”, ha detto il presidente del Consiglio europeo. Ma in questo caso, la “toppa è peggio del buco”. Perché le cose sembrerebbero essere molto diverse. A sbagliare non è stato, sembra, il protocollo turco, ma proprio quello delle istituzioni europee. E se è vero che Erdogan avrebbe certamente potuto cambiare la disposizione delle sedie se avesse voluto, lo stesso deve dirsi per Michel, che è sembrato abbastanza a suo agio sulla sedia mentre Ursula von der Leyen era seduta faccia con il ministro degli Esteri. Non un posto nelle retrovie, sia chiaro. Ma di certo il suo ruolo non è quello di un ministro.

Alle accuse di Michel ha risposto il governo turco, che si è sentito a sua volta offeso per essere additato come rappresentante di un Paese che non sarebbe in grado di gestire visite ufficiali. E l’ospitalità, come noto, è sacra. “La Turchia è da tempo uno Stato e non è la prima volta che accoglie ospiti” ha detto Mevlut Cavusoglu, “ogni visita è organizzata in base ad un protocollo gestito con la controparte, per una organizzazione combinata. In questo caso, le richieste dell’Ue sono state soddisfatte. Tale disposizione dei posti è stata organizzata proprio sui suggerimenti dell’Unione europea”. Insomma, la Turchia ha eseguito quanto richiesto e concordato con l’Unione europea.

Chi è il responsabile europeo?

Quindi? Nessun colpevole? No. Semplicemente forse bisogna rivolgersi non solo ad Ankara sponda turca, ma anche ad Ankara “sponda europea”, e cioè all’ambasciata Ue nel Paese. Rivolgersi a loro come a Bruxelles. Perché – come riporta Dagospia – nella “capitale” dell’Ue esiste un ufficio del protocollo della Commissione, con a capo l’ex consigliere diplomatico e capo dell’ufficio protocollo di Sarkozy, Nicolas de La Grandville, mentre ad Ankara esiste una delegazione europea guidata da un tedesco, Nikolaus Meyer-Landrut, ex consigliere di Angela Merkel e ambasciatore tedesco in Francia. Insomma, due personalità che conoscono eccome il problema dei ricevimenti internazionali. Ed è proprio sull’Ue che bisogna puntare il dito, perché, come ha spiegato l’ex ambasciatore italiano in Turchia Carlo Marsili ad AdnKronos, “Quando si prepara una visita ci sono due parti che decidono minuto per minuto che succede: uno è il protocollo locale, in questo caso turco, l’altro dell’ambasciata della delegazione ospite”, e il protocollo turco “non agisce da solo”.

Trappola per Ursula o condanna per Michel?

Qualcuno dalle segrete stanze di Bruxelles dice che non è stato un caso. Si sapeva che sarebbe accaduto l’irreparabile e avendo organizzato tutto con largo anticipo tutti ne erano a conoscenza. Impossibile pensare che UdV si sarebbe presentata nella sala di Erdogan senza sapere dove sedersi. E c’è chi sospetta che questa sia stata una mossa proprio per creare imbarazzo alla presidente della Commissione europea.

Ipotesi che però non trova conferme soprattutto per un motivo: la vera figuraccia l’ha fatta Michel, perché lasciando la presidente della Commissione in piedi e assecondando il protocollo ha di fatto scaricato la sua “collega”, l’altro leader dell’Unione europea, mostrando poco tatto, poca cavalleria ma anche ben poca leadership e carisma. Non si voleva creare un incidente diplomatico durante un vertice così importante? Possibile. Ma intanto il segnale andava dato: anche solo per cortesia istituzionale. Senza buttarla nel sessismo. Perché in questo caso il fatto di essere uomini o donne non centra il punto. Tanto più che Erdogan non ha mai avuto problemi a ricevere leader di sesso femminile trattandole alla pari.

Chi conta davvero? Ce lo dice Erdogan

Sgombrato il campo dal presunto maschilismo resta però il nodo centrale. Chi conta di più? Il presidente del Consiglio Ue o il presidente della Commissione? Ha senso continuare con questa leadership bicefala con diversi ruoli e prerogative? Chi parla a nome dell’Unione europea e in che settori? L’impressione è che questo incidente diplomatico racchiuda diversi messaggi.

L’inadeguatezza di Michel, ad esempio, ci ricorda come l’Ue non possa essere in mano a figure dalla scarsa leadership e politicamente anonime. Idem per la von der Leyen, che se è vero che è vittima del “sofa-gate”, non è che prima avesse mai brillato per capacità e carisma.

A questo si aggiunge poi il problema di come il mondo parla con l’Ue. La scelta del cerimoniale indica che il presidente del Consiglio europeo è superiore alla presidente della Commissione. Il che significa che anche di fronte al mondo l’organo che unisce i leader dei singoli Stati membri dell’Ue è superiore all’organo “esecutivo” dell’Europa. Insomma: contano i capi di Stato e di governo dei singoli Paesi, di cui Michel fa sostanzialmente da rappresentante. Un concetto che Erdogan sembra averci chiarito in modo molto netto: l’Unione europea conta come insieme di governi, non come entità unica e fintamente federale, sono i leader a decidere, non è la Commissione. E nei rapporti con la Turchia la questione risulta essere ancora più marcata.

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