In molte parti del mondo il 24 dicembre è la vigilia di Natale e ci si prepara alla festa più sentita dal mondo cristiano. Ma anche in Libia è festa in questa particolare giornata: si celebra, in particolare, l’indipendenza del paese. Un dettaglio di non poco conto, che dona alla visita del presidente del consiglio Conte, tenuta domenica 23 dicembre, un significato ancora più simbolico. Un capo di governo italiano che, alla vigilia della festa dell’indipendenza del paese, gira in lungo e largo la Libia incontrando tutti e quattro i principali attori politici è un atto prima di tutto simbolico. La visita, sotto il profilo degli argomenti toccati nei vari colloqui avuti da Conte, non sembra richiamare grosse novità: pur tuttavia, le 12 ore trascorse nel paese africano sembrano lanciare importanti segnali sia in Libia che in Europa. 

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Le quattro tappe del viaggio di Conte

Come scrive lo stesso premier su Facebook, dopo la maratona tra i meandri della legge di bilancio al Senato, Conte intorno alle sei del mattino si mette in viaggio verso Tripoli. La prima visita è nella capitale libica e questo è già un passo non indifferente: dopo le sortite lampo dei mesi scorsi del vice premier Salvini, del ministro degli Esteri Moavero e del sotosegretario Del Re, adesso è la volta del capo dell’esecutivo. Conte arriva a Tripoli con la consapevolezza di rappresentare uno dei governi più attivi a livello internazionale sul dossier libico. La prima trappa prevede l’incontro con il numero uno del consiglio presidenziale libico, Fajez Al Sarraj. Il capo dell’esecutivo riconosciuto dall’Onu traccia a Conte una sorta di resoconto della situazione politica degli ultimi mesi a Tripoli: dalle riforme economiche approvate a settembre, ai passi effettuati dopo la conferenza di Palermo di novembre. Su quest’ultimo fronte, Al Sarraj e Conte avrebbero anche discusso delle iniziative intraprese all’interno del paese per l’organizzazione della conferenza di gennaio, passo propedeutico alle elezioni previste in primavera secondo il piano voluto dall’Onu. 

Dopo l’incontro con Al Sarraj, il presidente del consiglio ha tenuto un colloquio con Khaled Al-Mishri. È questa la seconda tappa in programma nella giornata libica di Conte, sempre a Tripoli. Un incontro che vuole rappresentare, al pari dell’invito inviato allo stesso Al-Mishri per la conferenza di Palermo, la considerazione del governo italiano verso l’Alto Consiglio di Stato presieduto dall’esponente politico libico. Successivamente da Tripoli la delegazione italiana prende la via della Cirenaica. Qui ovviamente il primo incontro è con Khalifa Haftar, il terzo tra Conte ed il generale nel giro di cinquanta giorni. Dopo infatti la stretta di mano a Palermo e la visita dell’uomo forte della Cirenaica a Roma ad inizio dicembre, adesso il nuovo colloquio è direttamente a Bengasi. Anche in questo caso il significato simbolico appare più importante degli argomenti toccati tra i due, i quali sono gli stessi affrontati nelle settimane precedenti: esercito, percorso verso le elezioni, riappacificazione della Libia. La quarta ed ultima tappa, prima del rientro a Roma, è invece ancora più ad est: a Tobruk infatti, Giuseppe Conte incontra Aguila Saleh, presidente del parlamento che si riunisce nella città più orientale della Cirenaica. Poi intorno alle 20:00, il presidente del consiglio riprende l’areo alla volta dell’Italia. 

Il significato della giornata libica del premier

Quattro tappe, quattro incontro e tutti e quattro i rappresentanti principali della Libia incontrati nel giro di poche ore. Il governo italiano sembra essere riuscito a battere più di un colpo, sia verso il paese africano che verso la sponda europea del Mediterraneo. Incontrare tutti i principali vertici del paese alla vigilia della festa nazionale dell’indipendenza, è un gesto che sia a Tripoli che in Cirenaica viene apprezzato. Una mossa che dona, in particolare, l’impressione non solo dell’attenzione del governo di Roma verso la Libia, ma anche del credito che l’Italia dà ad ogni principale istituzione impegnata nel frastagliato quadro del paese africano. È forse quello che si aspettano tutti i più importanti attori libici, desiderosi ciascuno di poter vantare un ruolo nel processo di stabilizzazione del paese. Ma la giornata libica di Conte segna anche il passo dell’Italia a livello internazionale: se già appaiono rare le comparse di capi di Stato e di governi europei in Libia nel dopo Gheddafi, riuscire a mandare un presidente del consiglio non solo a Tripoli ma anche in Cirenaica per Roma vuol significare la continuità di quanto fatto nel vertice di Palermo. L’Italia quindi vuole continuare a seguire da vicino il dossier libico, senza lasciare nulla al caso e senza lasciare indietro nessuna delle autorità che in questo momento si contendono il potere in Libia. 

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Ma resta comunque ancora molto da fare. Se sotto il profilo simbolico e politico la visita di Giuseppe Conte appare un punto a favore dell’Italia, nel concreto adesso bisogna dare seguito ai buoni segnali arrivati in questo 23 dicembre. Bisogna dunque, in primis, continuare nel supportare il dialogo tra le parti in causa libiche per arrivare a rispettare le scadenze del piano Onu, a cominciare dalla conferenza nazionale prevista a gennaio. Occorre, in poche parole, arrivare ai passi concreti dopo i primi significativi passi politici compiuti nel dopo vertice di Palermo. E, in tal senso, molti punti sono ancora in ballo: unificazione delle banche centrali, unificazione dell’esercito, definitiva approvazione della legge per il referendum costituzionale, ristabilimento di normali condizioni di sicurezza, oltre che diversi altri elementi significativi. Il percorso è quindi ancora tutto da compiere. 

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