Mike Pompeo arriverĂ nei primi giorni d’ottobre in Italia, e la sua agenda è piena. Il Segretario di Stato di Donald Trump, ex direttore della Cia e uomo forte certificato dell’amministrazione dopo il siluramento di John Bolton dal National Security Council, unirĂ una tappa sentimentale sulle orme degli avi nel loro piccolo borgo d’origine in Abruzzo, Caramanico, a una fitta serie di incontri romani a cavallo del Tevere, tra il Vaticano e i palazzi di potere italiani.
Cattolico di maggior rilevanza del team di Trump, Pompeo vedrĂ in udienza privata Papa Francesco e il suo segretario di Stato Pietro Parolin per parlare dei rapporti tra gli “imperi paralleli” in relazione alla diversitĂ nelle visioni del mondo, agli approcci divergenti verso la Cina, l’Europa e gli scenari di crisi geopolitici e del futuro dei cattolici negli Usa. In seguito, Pompeo sarĂ ospite al Quirinale da Sergio Mattarella per preparare la sua visita negli Usa di metĂ ottobre, per poi avviare l’agenda di incontri operativi col governo italiano. Giuseppe Conte e il neo ministro degli Esteri Luigi Di Maio si confronteranno con Pompeo su un’ampia gamma di dossier.
La garanzia atlantica rappresentata da Conte non basta a Trump e ai suoi. “Se tra Trump e Conte s’è creata un’empatia personale – aspetto non scontato e molto importante per l’attuale Casa Bianca – ci sono stati nel primo governo guidato dall’italiano alcune linee di discontinuitĂ con le visioni Usa”, fa notare Formiche. Gli scenari in cui Washington attende chiarimenti sulla posizione italiana sono molteplici. E la visita rappresenterĂ il primo banco di prova concreto per Di Maio e la Farnesina pilotata dal nuovo duo Sequi-Belloni. In primis, il tema delle discussioni sarĂ il 5G e la presenza di Huawei in Italia, ritenuta una minaccia da Washington. La promulgazione del decreto sul Golden power da parte del Conte II ha rafforzato le credenziali atlantiche dell’asse M5S-Pd-Leu, ma gli Usa chiedono di piĂą.
Ovvero un allineamento netto e compatto che nessun Paese europeo può realisticamente concedere nell’asse contro la Cina. In cui Washington pensa con i termini della conflittualitĂ imperiale e della sfida per la leadership mondiale, mentre l’Europa, nel suo vincolo economicista, è guidata da un’analisi costi-benefici di breve periodo che riduce l’impellenza strategica del controllo sul flusso dati delle reti.
Altri scenari su cui Italia e Usa non sono in piena sintonia sono l’Iran, ove Roma intende favorire una ripresa dei negoziati, e la crisi del Venezuela, su cui Roma non ha ancora sfruttato appieno il suo capitale negoziale. Avere preso una posizione intermedia senza aver sostenuto né Nicolas Maduro,riconosciuto a livello internazionale ma sempre piĂą difficile da difendere dalla sua involuzione autoritaria, nĂ© lo squalificato Juan Guaidò, che tra falliti golpe da operetta, video dirette sui social e tresche sospette coi narcos colombiani ha esaurito ogni credibilitĂ , e poter puntare sulla forte comunitĂ nella Repubblica Bolivariana, contando sulla sponda del Vaticano, ci permetterebbe di far sentire la nostra voce. Frenando le possibili spinte centrifughe che dilaniano il Paese e tutelando l’interesse dei 150mila italiani nel Paese attraverso una mediazione.
Infine, l’economia: Italia e Usa hanno una relazione di interscambio florida, gli scambi bilaterali in beni e servizi sono arrivati l’anno scorso a quasi 100 miliardi e lo stock di investimenti complessivi è di 80 miliardi equamente distribuiti. Obiettivo del governo italiano è mettere al riparo tale relazione dai rischi delle guerre commerciali: e su questo campo, nell’italo-americano Pompeo Roma può avere un ascoltatore interessato.