Il Giappone è pronto per tornare al centro della scena. Dopo decenni passati in sordina, Tokyo ha la grande occasione per diventare, sul campo, uno dei due perni fondamentali dell’Indo-Pacifico a trazione statunitense insieme alla Corea del Sud.
Archiviate grazie alla benedizione statunitense le vecchie ruggini con Seoul, il governo giapponese sta lavorando su tre fronti paralleli per adeguarsi al ruolo che si sta ritrovando ad occupare. Da un lato, il Giappone sta cercando di trovare un modo per aumentare la spesa per la Difesa, peraltro già cresciuta di quasi un sesto nell’arco dell’ultimo decennio. Non solo: lo scorso 31 agosto, l’Associated Press scriveva che il ministero della Difesa nipponico aveva chiesto un aumento del 2,6% rispetto al budget militare record di quest’anno, nel tentativo di rafforzare l’esercito nazionale di fronte alla crescente assertività della Cina nella regione. Ricordiamo che il budget del Ministero prevedeva 5,48 trilioni di yen (ossia 49,86 miliardi di dollari) per l’intero anno, a partire dal 1 aprile 2022.
Dall’altro lato, è evidente una riorganizzazione per quanto riguarda le alleanze: l’avvicinamento alla Corea del Sud, con la quale hanno sempre pesano vecchie ruggini storiche, è una netta invenzione a U in confronto a qualche anno fa. Infine, anche le relazioni con gli Usa sono migliorate, in virtù della necessità di Washington di poter contare su un alfiere asiatico capace di fungere da appoggio in caso di conflitto regionale.
E così, mentre il Giappone ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo hub militare Usa nell’Indo-Pacifico, la Corea del Sud completa il quadro risultando la spalla ideale, nonché il “magazzino di stoccaggio” di armi e armamenti vari.
Il rafforzamento militare del Giappone
Il risveglio del Giappone passa in primis dalla sfera militare. Il quotidiano giapponese Yomiuri Shimbun ha parlato ad esempio della cooperazione tra il governo nipponico e quello statunitense in merito allo sviluppo congiunto di un nuovo tipo di missile in grado di intercettare le armi ipersoniche sviluppate da Cina, Russia e Corea del Nord.
Giappone e Usa hanno allineato le rispettive prospettive in vista del recente incontro trilaterale andato in scena negli Usa tra il leader Usa, Joe Biden, e i suoi omologhi giapponesi e sudcoreani, Fumio Kishida e Yoon Suk Yeol. Il Giappone aiuterà gli Stati Uniti a rafforzare la deterrenza preparandosi a minacce difficili da affrontare utilizzando le reti di difesa missilistica esistenti. Nello specifico, è la seconda volta che Tokyo e Washington svilupperanno congiuntamente missili intercettori, dopo aver lavorato sull’SM-3 Block IIA nel 2017.
Ricordiamo che le armi ipersoniche volano a più di cinque volte la velocità del suono, e che viaggiano a basse altitudini su traiettorie irregolari, rendendole difficili da intercettare con i sistemi radar esistenti. Il ministero della Difesa sta lavorando per migliorare la capacità dei missili terra-aria a medio raggio della Ground Self-Defense Force. I nuovi missili Sm-6 previsti per i cacciatorpedinieri equipaggiati con Aegis della Maritime Self-Defense Force hanno del resto una capacità di intercettazione limitata. In ogni caso, nessuno di questi missili può intercettare armi ipersoniche fino a immediatamente prima del loro atterraggio, rendendo urgente per il Giappone assicurarsi un mezzo per intercettarle a distanze maggiori. Da qui la scelta di Tokyo di affidarsi a Washington e ad altri partner.
Un altro esempio interessante, riferito dal portale Warzone, chiama in causa la scelta nipponica di trasformare gli aerei da trasporto in portaerei missilistiche ad hoc volte ad operare da piste di atterraggio, utilizzando un sistema con significative implicazioni tattiche, operative e strategiche per la deterrenza convenzionale e nucleare nei confronti delle solite Cina e della Corea del Nord.
Il ruolo geopolitico di Tokyo
Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti si sono, come detto, riuniti a Camp David per annunciare “una nuova era” di cooperazione trilaterale. I rispettivi leader si sono anche affrettati a offrire rassicurazioni sul fatto che il loro storico impegno avrà il potere di resistere nel tempo e alle ruggini reciproche.
Certo è che tradizionalmente il quadro tripartitico si è concentrato sulla formulazione di una risposta congiunta nei confronti della Corea del Nord, ma questa volta i capi dei tre Paesi hanno concordato di estendere la loro attenzione alla regione indo-pacifica nel suo complesso. Le tre nazioni, che hanno già un sistema di condivisione delle informazioni altamente riservate, intendono inoltre migliorare ulteriormente i loro meccanismi di comunicazione. Per contrastare la Cina, Giappone, Corea del Sud e Usa prevedono di costruire un nuovo quadro per aiutare i Paesi del sud-est asiatico e le nazioni insulari del Pacifico a migliorare le loro capacità di sicurezza marittima e ad istituire un gruppo di lavoro trilaterale per combattere gli attacchi informatici nordcoreani. In tutto questo, Tokyo giocherà un ruolo fondamentale.
Le preoccupazioni di Kishida
Secondo quanto riportato da Politico, per il Giappone la minaccia cinese incombe sempre più grande, come esemplificato dalla decisione giapponese di raddoppiare la spesa per la difesa nei prossimi quattro anni, rendendo il Paese il terzo più grande spendaccione in spese militari al mondo. L’approfondita cooperazione bellica tra Pechino e Mosca, inoltre, rappresenta una minaccia per il Giappone, e questo sia dal nord che dal sud, dove Tokyo affronta dispute territoriali con entrambi i rivali.
Considerando che le due suddette grandi potenze incrementano le esercitazioni militari – chiamando in causa le loro marine, forze aeree e bombardieri nucleari attraverso il Mar del Giappone e non solo – c’è insomma una buona ragione per cui il Giappone deve essere preoccupato. Da questo punto di vista, ecco riprendere slancio e vigore a Free and Open Indo-Pacific Stretegy (Foip). L’iniziativa è stata presentata dal Giappone nel 2016. Può essere tradotta in italiano come Strategia indo-pacifica libera e aperta, e indica l’ambizioso progetto geopolitico lanciato dall’ex (e defunto) premier giapponese Abe Shinzo. L’obiettivo di Tokyo è quello di unire economicamente e politicamente due continenti, l’Asia e l’Africa, e altrettanti oceani, il Pacifico e l’Indiano, così da creare una piattaforma attraverso la quale portare ordine in una regione particolarmente turbolenta. Gli assunti base attorno al quale ruota l’intera visione della Foip coincidono con stabilità e prosperità della comunità internazionale, entrambi da conseguire combinando “due continenti”, l’Asia in rapida crescita e l’Africa che possiede un enorme potenziale di crescita, e “due oceani”. Il Giappone mira dunque a promuovere pace e stabilità per rendere l’Indo-Pacifico una sorta di “bene pubblico internazionale”. Con la Cina nel mirino e gli Usa alle spalle.